Brissogne, parla il Garante dei detenuti: “È un carcere ‘polmone'”

A spiegarlo Enrico Formento Dojot, che si occupa dei diritti dei detenuti. La popolazione carceraria ad oggi è di 225 unità, sulle 181 massime previste, ed un numero di stranieri doppio rispetto alla media nazionale. Quello di Brissogne è "un carcere senza identità".
Carcere Brissogne
Società

Lo dice senza “volants”, Enrico Formento Dojot, il Garante dei diritti dei detenuti in Valle d’Aosta, senza “orpelli”.

Se la situazione della Casa circondariale di Brissogne nel 2017 era “desolante”, lo scorso anno le cose non sono migliorate, anzi.

“Brissogne è diventato un ‘carcere polmone’ – spiega in conferenza stampa -, utilizzato quando c’è sovraffollamento nelle altre strutture. Qui inoltre vengono mandati i casi più complicati. Un direttore fisso, stabile, potrebbe negoziare mentre questo carcere è un po’ abbandonato a se stesso”.

Dietro le considerazioni di Formento Dojot ci sono i freddi numeri: “A oggi la presenza in carcere è di 225 detenuti per una capienza massima di 181. È un quadro da monitorare, sono tanti rispetto all’organico e tecnicamente siamo già in ‘sovraffollamento’, non vorrei che la situazione diventasse critica. Nel 2012 erano 281, e la questione si risolse nel 2013/14 con le misure ‘svuota careceri’ adottate dal Governo, e scendemmo a 134. Il trend ora si è invertito, con tutti i problemi che possono sorgere”.

Problemi di varia natura, anzitutto amministrativa: “Sono gli stessi dell’anno scorso – spiega ancora Formento Dojot -: manca un vertice, un direttore ed un comandante stabili che mancano per i detenuti, i dipendenti e al Garante che non ha un’interfaccia e che deve chiedere informazioni ai singoli uffici che sempre di più, senza organo di raccordo, vanno per conto loro. Il direttore attuale è più dinamico, ma viene qui due volte a settimana”.

Un carcere senza identità

Insiste molto, il Garante, sull’“identitàche manca alla Casa circondariale di Brissogne e che sta diventando un rompicapo di difficile soluzione: “Serve un carcere con sua identità ed una sua stabilità, altrimenti non andiamo da nessuna parte. Avevo proposto che Brissogne diventasse come Fossano, un carcere che funziona bene. Qui non ci vuole venire nessuno, è difficile da raggiungere per i parenti, i mezzi pubblici non passano la domenica, i dipendenti chiedono il trasferimento appena arrivano, i direttori neanche a parlarne. O lo buttiamo giù o cambiamo: a Bollate e Fossano lavorano tutti, e chi non ha un’attività la impara e si crea un senso alla detenzione. Perché quando si apprende lavoro in carcere è provato che recidiva cala del 75%, ma la mia proposta è sempre rimasta, purtroppo, ‘lettera morta’”.

Gli stranieri, il dialogo e le attività

Al 31 dicembre scorso gli stranieri detenuti a Brissogne – su 221 carcerati totali – erano 153, a fronte di 68 detenuti italiani.

Stranieri diversa estrazione e cultura che rendono il lavoro, e l’integrazione, ancora più complicato: “È un ulteriore problema – prosegue il Garante -, Brissogne ha il doppio di stranieri rispetto alla media nazionale. Non è per gli stranieri in sé, ma averli tutti concentrati assieme e così differenti rende difficile implementare l’attività anche di istruzione, spesso non si riesce ad andare al di là della semplice alfabetizzazione”.

La situazione sanitaria

Anche sulla situazione sanitaria ad incorniciassi sono i “gangli” della sicurezza uniti alla “solitudine” del carcere. Ed il mix, come da “disegno complessivo” traccia un immagine non particolarmente dorate della casa circondariale: “Portare un detenuto al Pronto soccorso non è come portarci un uomo libero – spiega ancora Formento Dojot -, con tutte le misure da prendere, se ha un infarto, può arrivarci già morto. Servirebbe una vigilanza h24, ma quello che manca e che potrebbe essere migliorato è anzitutto l’assistenza: sugli psicologi, gli psichiatri e gli assistenti sociali il carcere è molto carente. Ma i detenuti, soprattutto quando sono così eterogenei da non capirsi tra loro, hanno bisogno di questo”.

E la tabella che il Garante allega alla sua relazione parla chiaro, almeno per il puro Servizio di sanità penitenziaria: alla voce “medici” si legge “uno”, a quella “infermieri” si legge “sette”. A quella di “coordinatore infermieristico” un avvilente “zero”.

Il che, e non è un gioco di parole, fa venire alla mente la peggiore delle sensazioni: che a Brissogne non ci sia un carcere, ma una prigione.

Enrico Formento Dojot
Il Difensore civico e Garante dei diritti dei detenuti Enrico Formento Dojot

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