Giada, il neo medico “arruolato” per seguire i pazienti covid a domicilio. “La paura c’è, ma quanto è bello essere utili”

Giada Mesiano, 25 anni di Aosta, nel luglio 2019 si è laureata in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli studi di Pavia con 110 e lode. Otto mesi dopo, il 17 marzo scorso, è diventata medico a tutti gli effetti, assieme ad altri 149 colleghi abilitati alla professione da un decreto del Governo. Ora lavora in prima linea nelle Usca, le unità speciali di continuità assistenziali, attive sul territorio regionale.
Giada Mesiano
Società

A fine febbraio avrebbe dovuto sostenere l’ultima prova scritta dell’esame di Stato per l’iscrizione all’Ordine dei Medici. Il coronavirus ha però sconvolto tutti i suoi programmi.
Giada Mesiano, 25 anni di Aosta, nel luglio 2019 si è laureata in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli studi di Pavia con 110 e lode. Otto mesi dopo, il 17 marzo scorso, è diventata medico a tutti gli effetti, assieme ad altri 149 colleghi abilitati alla professione da un decreto del Governo.
“Da un giorno all’altro ci hanno detto: “Oggi siete medici e abbiamo bisogno di voi. Quindi muovetevi e iniziate a lavorare. Un bel giro di giostra pensando che fino al giorno prima ero reclusa in casa, sul divano”.

Una chiamata alle armi a cui Giada ha risposto con entusiasmo. “Come neolaureati in medicina abbiamo tante conoscenze fresche, che non possiamo però applicare, ed è frustrante. Passano, infatti, anni prima di poter essere autonomi ed operativi sul campo. Con questa pandemia abbiamo potuto invece renderci utili e far capire che qualcosa sappiamo e possiamo fare anche noi”.

La ragazza è stata impiegata nelle unità speciali di continuità assistenziale create sul territorio regionale per l’emergenza Covid.

“Ci occupiamo di seguire sul territorio le persone positive al coronavirus o i casi sospetti” racconta Giada “con l’obiettivo di permettere, a chi non ha bisogno di cure intensive, di essere curate al domicilio, non andando a sovraccaricare l’ospedale”.

Il primo turno di 12 ore è arrivato per la ragazza il 31 marzo scorso. “Prima di camminare con le mie gambe ho provato a seguire un collega più esperto” ricorda Giada. “Tutti sono stati molto disponibili, certo il dover seguire una sola patologia è più semplice per un giovane medico”. I primi passi da medico sono stati caratterizzati dall’ansia e dalla paura del contagio. “Entriamo in contatto, tutti bardati, con i pazienti positivi. Il pensiero c’è”. I timori sono però presto stati sostituiti dalla fiducia e dalla riconoscenza dei pazienti. “Sono rimasta stupita dal fatto che le persone che contattiamo anche solo telefonicamente riescano a riporre in noi una totale fiducia. Vorrebbero sottoporci tutti i loro sintomi e esser rassicurati, cerchiamo di essere il più oggettivi possibile, considerando anche il poco tempo a disposizione. Alla fine si sentono rincuorati e sanno di non essere abbandonati a loro stessi di fronte a questo virus, di cui anche noi non abbiamo ancora abbastanza conoscenze. C’è molta gratitudine”.

Al termine di ogni chiamata o visita arriva poi il consiglio ai pazienti seguiti di rivolgersi al servizio di supporto psicologico dell’Usl. “C’è con loro una collaborazione importante. Noi non possiamo e non abbiamo neanche le competenze per rispondere alle ansie delle persone. Per questo li invitiamo a mettersi in contatto con loro. Molte persone, sopratutto quelle anziane sono però reticenti, hanno pregiudizi nei confronti del servizio, ma qualcuno si è ricreduto dopo averli chiamati”. La solitudine è uno dei vissuti con cui Giada si è trovata spesso in questi giorni a confrontarsi. “C’è un isolamento nell’isolamento. Quasi tutte le persone che andiamo a visitare, sono rinchiuse in una stanza della propria casa, isolate dal resto della famiglia, non ancora sottoposta al tampone. Per due giorni è un’esperienza che può andare bene, ma poi anche la mente più salda inizia ad avere difficoltà”.

Giada Mesiano
Giada Mesiano

Tutti i giorni le Usca (un medico e un infermiere a turno) dell’Alta, Media e Bassa Valle ricevono un elenco di persone da seguire. “Alcuni sono già stati istruiti su come monitorare la propria situazione, altri necessitano invece di una visita domiciliare, sopratutto quando segnalano un peggioramento delle proprie condizioni Il ricovero in ospedale è l’estrema ratio, anche perché significa distruggere la quotidianità della persona, allontanarli dalle persone care. E’ una delle paure più grandi di chi è positivo”.

Nella sua breve, ma già intensa esperienza, anche a Giada è toccato il compito di dover disporre un ricovero. “Era una persona giovane che aveva dei sintomi respiratori importanti da quasi due settimane e invece che migliorare era andato rapidamente peggiorando. Abbiamo tentato tutto le terapie possibili a domicilio, con la consapevolezza però che una casa, seppure con le nostre quotidiane visite, non sarà mai attrezza come l’ospedale. Quando gli abbiamo dovuto comunicare il ricovero la persona si è fatta prendere dall’angoscia, ma purtroppo non potevamo perdere ore preziose di terapia ospedaliera, perché rischiavamo di far precipitare il suo quadro clinico”.

Al momento Giada non ha avuto invece ancora a che fare con casi di bambini positivi. “Ce ne sono diversi, in genere stanno meglio rispetto agli adulti. Sappiamo però che un bambino, anche se sviluppa sintomi lievi, lo può attaccare agli adulti. Per questo è importante che anche loro rispettino le regole, pur sapendo che è difficile tenerli in casa.”

Nonostante nel suo futuro ci sia la sala operatoria – “mi piacerebbe diventare un chirurgo” – Giada è certa che l’esperienza vissuta durante questa pandemia segnerà il suo percorso professionale oltre che umano. “Negli anni dell’Università ci hanno fatto passare la medicina sul territorio come una medicina semplificata, mi sono invece resa conto che è un mondo molto complesso e difficile. Il contatto umano dei medici di base è molto intenso e importante e può essere molto gratificante. E’ sicuramente un’esperienza arricchente, uno scorcio molto interessante su una realtà che non avevo prima mai preso in considerazione”.

0 risposte

  1. Un applauso e un grazie di cuore a Giada e ai tanti medici , della nuova e della vecchia leva, che stanno facendo l’impossibile per riportare salute e sorriso nelle case di migliaia di italiani!!

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