La filiera della ristorazione sul piede di guerra: “Apriremo il 10 febbraio!”

Dopo aver sollecitato le istituzioni, tentato la protesta pacifica, ora l'intera filiera non ci sta più e annuncia aperture anche contro la legge per "non morire di fame".
Piero Roullet
Società

“Il 10 febbraio noi apriremo, non lo facciamo per provocare, lo facciamo per non morire di fame“. Non è un grido di allarme, ma un vero e proprio ultimatum. A darlo ai politici valdostani tutta la filiera della ristorazione che va dalle aziende agricole agli esercizi commerciali, passando per gli agenti di commercio e i rappresentanti.

Queste categorie, riunite in piazza Chanoux la sera di mercoledì 3 febbraio, hanno lanciato una sfida alla politica valdostana: “La politica valdostana deve cambiare, deve smetterla di chinare il capo a Roma e iniziare a fare gli interessi dei valdostani”. A suonare la carica Jean Claude Brunet, titolare di un ristorante aostano, salito sul palco per secondo e senza mezzi termini: “Abbiamo trascorso una estate con un ministro che ha scritto un libro che finiva con un generico è andato tutto bene, ma qui nulla è andato bene. A Roma hanno deciso che il settore della ristorazione doveva essere un capro espiatorio, per noi invece ora il capro espiatorio è la politica. Era stata fatta una legge anti Dpcm qui in Valle, ma il nostro Senatore ha preferito barattarla con un voto di fiducia al governo, come un sacco di patate. Se noi siamo capri espiatori allora il mio è lui: il Senatore”.

Muzzolon e Ansaldo
Muzzolon e Ansaldo

Parole dure e piene di stanchezza anche da parte di Nadia Muzzolon, una delle organizzatrici insieme a Brunet della manifestazione, che non ha dubbi sul destino del commercio valdostano se dovesse proseguire la chiusura tra regioni e l’impossibilità per i ristoratori di lavorare dopo le 18: “Io lavoro prevalentemente con prodotti valdostani e purtroppo i valdostani non comprano i prodotti del territorio; abbiamo magazzini pieni di merce che sta per scadere, che scadrà e che andrà ad aggravare ancora di più la nostra posizione se le regioni non riaprono e se il turismo non ripartirà al più presto. Inoltre i ristoranti non lavorano a pieno ritmo e questo per noi è un vero problema”.

Stesso problema per chi possiede aziende agricole come Daniele Morzenti, che non ha dubbi sul fatto che “stiamo morendo, noi chiediamo solo di poter vivere del nostro lavoro e di poter lavorare. Noi non possiamo fermarci: gli animali vanno curati e i derivati vanno prodotti, è una catena che non si può interrompere a comando”.

Paolo Louvin
Paolo Louvin

Sulle aperture a singhiozzo anche Marco Ansaldo, ristoratore che sale sul palco e ammette che la categoria è “stufa delle zone colorate, degli apri e chiudi e pretende risposte sensate sul perché le aperture a pranzo sì e invece le cene no”, in accordo con il collega Paolo Louvin, altro protagonista della serata.
A salire poi sul palco improvvisato di piazza Chanoux un volto storico dell’hôtellerie valdostana, Piero Roullet, che, senza fare proclami, chiede una vera autocritica alla categoria della ristorazione che “è frammentata e non può ottenere risultati se non trova unità. Sparare sui politici è come sparare sulla Croce Rossa, siamo divisi al nostro interno  e se non lavoriamo insieme facciamo il gioco dei politici e dei nostri avversari, mentre uniti possiamo portare a casa le nostre richieste”.

Jean-Claude Brunet
Jean-Claude Brunet

Sotto una pioggia battente si conclude quindi il secondo atto di una protesta che, partita dalla categoria dei ristoratori, si sta ora estendendo a tutta la filiera e promette che la prossima volta non ci sarà più posto per le parole, ma ci sarà bisogno di passare ai fatti. Il terzo atto potrebbe quindi essere l’ “open day” del 10 febbraio a cui la politica valdostana dovrà rispondere. Con la forza o la comprensione.

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