Scoperta ad Aosta la stele che commemora il Pretore Giovanni Selis
Nella giornata più difficile per la Valle d’Aosta – quella in cui si sveglia sotto una coltre di neve ma soprattutto sotto le macerie delle inchieste “Geenna” prima ed “Egomnia” poi – c’è anche un altro 13 dicembre.
Quello cioè che celebra, con una stele commemorativa in via Monte Vodice ad Aosta, il Pretore capo Giovanni Selis – autore tra alcune delle più delicate inchieste degli anni ’70 e ’80 in Valle fra cui quella sul Casinò alla base del blitz del 1983 – che in questo stesso giorno di 37 anni fa, era il 1982, scampò per miracolo all’esplosione, nella stessa via, della sua Fiat 500 in quella che viene ricordata ad oggi come la prima autobomba in Italia contro un magistrato.
Presente alla cerimonia la vedova del Pretore, accompagnata dal figlio Luigi, Sara Polimeno Selis: “Sono molto contenta che mio marito si sia distinto in ciò che faceva – ha spiegato al microfono –. Quando siamo andati a vivere a Roma con nostro figlio voleva tornare in Valle d’Aosta, diceva che voleva finire ciò che aveva cominciato e così è finito lui”.
Un rapporto con la Valle che la vedova Selis vive comunque a denti stretti, anche – o forse soprattutto – dal momento che il marito, morto suicida nel 1987, è sepolto a Rhêmes-Notre-Dame.
Scelta che, in realtà, è una ferita ancora aperta: “Era un uomo che non parlava mai del suo lavoro – dice commossa Sara Polimeno Selis – e mi fa male che sia sepolto a 1800 metri. Lui diceva agli amici che voleva riposare in montagna, che considero entrambi delle sue ‘amanti’, ma si riferiva alla possibilità di avere un incidente, non ad una bomba. Per motivi di salute non posso venire a trovarlo fino lassù, e mi hanno tenuto lontano da mio marito, non è giusto che il suo corpo stia lì”.
Paola Caccia, la differenza tra ricordo e memoria
Alla cerimonia era presente anche Paola Caccia, la figlia di Bruno, il magistrato – il cui lavoro si legava a doppio filo a quello di Selis – ucciso in un attentato ‘ndranghetistico a Torino nel 1983.
“C’è una differenza tra ‘ricordo’ e ‘memoria’ – ha spiegato –, perché il primo sta nei nostri cuori mentre la seconda serve a tutti. Quando abbiamo chiesto verità sull’uccisione di mio padre abbiamo scoperto la storia di Selis e di questo attentato, legato a quello di mio padre perché indagavano sulle stesse cose e andavano fermati. L’abbiamo scoperto da poco perché anche mio padre, come Selis, era un uomo che non parlava mai del suo lavoro”.
La cerimonia
Stretta e asciutta, la cerimonia è stata introdotta dalla Presidente del Consiglio comunale del Capoluogo Sara Favre: “A luglio il Consiglio ha approvato all’unanimità la proposta della collega Carpinello per ricordare l’attentato di 37 anni fa, un momento importante per non dimenticare, non negare e non sminuire mai questi fatti”.
A seguire Donatella Corti, referente regionale di Libera: “Noi da sempre promuoviamo la memoria – ha spiegato – che è fondamentale se pensiamo che anche in ‘Geenna’ c’è un riferimento al caso Selis. Abbiamo deciso di dedicare il 2019 alla sua figura, che capì da subito le trame tra il Casinò, allora in auge, ed il mondo politico arrivando anche all’arresto di uno dei primi assessori (il riferimento è a Bruno Milanesio, nel ’77), in Italia. Questa stele è qui perché oggi nessun valdostano possa dire ‘non ricordo’ o ‘non sapevo’”.