Scuola San Francesco: insegnanti rifiutano il tampone, bambini rimandati a casa

Questa mattina gli alunni delle seconde, terze e delle quinte sono stati rimandati a casa, perché ad attenderli in classe non c'erano i loro insegnanti. Fra i genitori c'è chi è pronto ora a rivolgersi in Procura per interruzione di pubblico servizio. 
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C’era chi dopo due settimane a casa, alle prese con la didattica a distanza, non vedeva l’ora di rientrare in classe. Questa mattina alle 8 però la felicità di tanti bambini, e l’organizzazione famigliare di diversi genitori, si è infranta davanti alle porte chiuse della scuola primaria San Francesco. 

Gli oltre 240 bambini delle “elementari” dell’Istituzione scolastica sono stati convocati ieri mattina per andare nel pomeriggio ad eseguire il tampone antigenico, non obbligatorio, di fine quarantena, così come i loro insegnanti. Alcuni hanno dovuto attendere un’ora e mezza prima di essere sottoposti al test e ottenere il certificato con l’esito di negatività. Un documento che oggi avrebbe permesso loro il rientro in classe. Peccato che ciò non è avvenuto per tutti. Questa mattina, infatti, gli alunni delle seconde, terze e delle quinte sono stati rimandati a casa, perché ad attenderli in classe non c’erano i loro insegnanti. Genitori imbufaliti e dirigente scolastica che si è sottratta dal fornire spiegazioni. A darle, sommariamente, è stata invece mandata una bidella.

Sentita al telefono la dirigente Rosina Meloro spiega: “Alcuni insegnanti, convocati ieri per il tampone, non si sono presentati, e solo alcuni ieri sera ci hanno avvisato. Questa mattina alle 8 avrei dovuto, quindi, nominare 21 supplenti, cosa impossibile”. La segretaria scolastica aveva assicurato, ieri, ai genitori l’erogazione del servizio, che in ogni caso riprenderà regolarmente martedì 24 novembre.

Avvisato del problema, a parlare con la dirigente scolastica e i genitori questa mattina è arrivato l’Assessore comunale di Aosta all’Istruzione Samuele Tedesco.
“Hanno perfettamente ragione ad arrabbiarsi – racconta Tedesco – capisco le loro difficoltà ad organizzarsi con il lavoro, e a dover poi scoprire stamane che la scuola non è capace ad erogare un servizio. L’Istituzione scolastica non è stata, però, in grado di garantire il servizio, non per colpa sua ma per dinamiche interne .”

Fra i genitori c’è chi è pronto ora a rivolgersi in Procura.
“Sono arrabbiata e delusa – racconta Viviane Bellot, avvocato e mamma di una bambina frequentante la scuola primaria – Si configura l’interruzione di pubblico servizio, motivo per cui oggi andrò in Procura. Ho una circolare dell’Istituzione scolastica che mi diceva che, una volta eseguito il tampone, mia figlia avrebbe potuto rientrare a scuola, ma ciò non è avvenuto. Tralasciando il fatto che gli insegnanti non si sono voluti sottoporre a tampone, scelta personale, che trovo però discutibile, visto che dei bimbetti piccoli hanno fatto questo sacrificio per la sicurezza di tutti, oltre che per la felicità di rientrare a scuola, l’Istituzione scolastica avrebbe dovuto trovare dei supplenti. Il Convitto oggi si era organizzato in tal senso, non capisco perché non ha potuto fare altrettanto la San Francesco, che non si è degnata neppure di avvisare i genitori che oggi non ci sarebbe stata scuola in presenza”.

Se la San Francesco non era pronta stamane ad accogliere i bambini, il Convitto Federico Chabod, al contrario, aveva individuato dei supplenti per gli educatori malati e raccolto ieri sera le presenze dei piccoli. Organizzazione che si è scontrata stamane con i problemi della scuola.

La Regione presenta un esposto in Procura

Venuto a conoscenza di quanto accaduto alla primaria San Francesco, l’Assessore regionale all’Istruzione Luciano Caveri, d’intesa con il Governo, ha deciso di presentare un esposto in Procura, affinché vengano accertate le responsabilità sulla mancata erogazione questa mattina della didattica in presenza.

“Presenteremo, già in giornata, un esposto alla Magistratura per accertare eventuali responsabilità per quanto avvenuto.  – spiega l’Assessore regionale all’Istruzione Luciano Caveri – La scuola è e resta – in particolar modo nel pieno di una pandemia che obbliga tutti al senso di responsabilità – un servizio pubblico essenziale. Questa è la linea del Governo regionale, che ho già spiegato questa mattina appena si è verificato l’evento.”

0 risposte

  1. Condivido l’opinione della lettrice. L’articolo non dà un’informazione completa sui fatti, limitandosi a dipingere come colpevoli gli insegnanti e come legittima l’indignazione delle famiglie. Se il tampone è facoltativo, i docenti hanno il diritto di scegliere, così come immagino avranno fatto alcune famiglie. Senza che siano necessarie considerazioni di carattere morale sul senso civico.
    Mi permetto di aggiungere un commento stupito alla “felicità di tanti bambini” infranta e all’ipotesi di interruzione di pubblico servizio. E’ da marzo che il pubblico servizio – nel senso vero di diritto all’istruzione – è sospeso e che della felicità degli studenti nessuno si cura. Stupisce che queste sacrosante rivendicazioni arrivino a novembre.

    1. In che modo avrei dipinto come colpevoli gli insegnanti? Mi sono limitata a raccontare i fatti, “felicità” compresa dei bambini, che mi è stata riportata dalle famiglie, da me questa mattina sentite. Per quanto riguarda la sospensione del servizio, mi permetta di non condividere le sue parole. Pur con tutte le difficoltà e limitazioni legate all’emergenza sanitaria, è da settembre che i bambini della primaria frequentano regolarmente la scuola.
      Silvia

  2. Buongiorno, è legittimo non sottoporsi al tampone, ma obbligatorio presentarsi a scuola e fare lezione regolarmente in presenza, visto che il rientro in classe era previsto per oggi.

    1. Non è così. Il tampone permette di ridurre la quarantena da 14 a 10 giorni. Senza tampone, quindi, gli insegnanti proseguono l’isolamento fiduciario fino al 23 novembre.

    2. Certo, però se ho capito bene, gli insegnanti non si sono presentati perché ancora in quarantena. Forse il Dirigente non è riuscito a risolvere il problema “supplenti” per tempo e allora si è creata questa situazione di disagio. Non è però corretto puntare il dito sugli insegnanti che non sono rientrati perché non hanno fatto il tampone. E la scelta di non fare il tampone può essere sostenuta da motivazioni valide e ragionevoli, senza per forza ridursi, come sostiene lei, alla poca voglia di lavorare. Ribadisco con grande convinzione che la grande maggioranza dei docenti non vede l’ora di tornare a lavorare a scuola normalmente!

  3. Sinceramente non capisco questo accanimento nei confronti degli insegnanti. Non sono forse liberi di scegliere se sottoporsi o meno al tampone? Perché bisogna dare per scontato che un docente si presti a questa diagnosi (invasiva e per nulla piacevole)? Perché effettuare un tampone dovrebbe essere un dovere civico? Mi pare chiaro che la negatività attesta che un individuo in quel momento non ha contratto il virus, ma che da lì a qualche ora potrebbe esserne comunque contagiato. Come può allora questa prassi garantire la sicurezza di tutti? Ci è stato comunque detto che dopo 14 giorni di isolamento una persona sana non può essere contagiosa. Allora non vedo come si possa considerare colpevole un insegnante che sta rispettando la quarantena impostagli (che peraltro potrebbe accorciarsi al massimo di 4 giorni!) e che non può prestare servizio semplicemente perché si sta attenendo a una procedura (purtroppo complicata e dannosa per buon funzionamento della scuola) dettata dallo Stato. Concludo invitando i genitori “imbufaliti” a pensare che, considerando i diversi casi di positività che si stanno riscontrando (di mia conoscenza comunque per nulla gravi), un insegnate rischierebbe di doversi sottoporre a tampone anche più volte al mese. Credo che alla luce di ciò neanche questi genitori avrebbero dubbi nel rifiutare il tampone…

    1. Si tutto vero, ma se questi insegnanti non venissero pagati, chissà se si permetterebbero il lusso di scegliere ?

      1. Mi risulta che, se gli insegnanti sono in salute, sono comunque tenuti a lavorare da casa e a garantire al didattica a distanza, quindi stanno lavorando. Che sia lo Stato perciò a consentire loro di lavorare normalmente a scuola, senza dettare certe costrizioni (a mio modesto parere inutili). Le posso garantire che è molto più gratificante e proficuo per un docente stare a scuola con i ragazzi, che cimentarsi in questa Didattica a Distanza che comporta solo un grosso dispendio di energie con risultati minimi.

      2. Assolutamente d’accordo. Non c’è molto da aggiungere, episodio tristissimo, soprattutto per i bambini, tra l’altro proprio nel giorno in cui si celebrano i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza

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