Il Black History Month al cinema

Per unirci anche noi di Aiace Vda a questa celebrazione, vi consigliamo cinque titoli che parlano di identità, razzismo e integrazione con toni variegati adatti a tutti i gusti e le età, dal più drammatico al più divertente. 
Do the right thing Spike Lee
Incontri ravvicinati con AIACE

Il mese di febbraio è ormai da quasi un secolo negli Stati Uniti il mese della celebrazione della storia dei neri, ovvero il Black History Month, istituito nel 1926 da Carter Woodson nel mese di febbraio per includere i compleanni di due grandi Americani che hanno avuto un ruolo di primo piano durante la guerra di secessione americana che portò all’abolizione della schiavitù: Abraham Lincoln e Frederick Douglas. Da qualche decennio, la ricorrenza si festeggia anche in Europa, legandone il racconto soprattutto agli eventi e ai personaggi della diaspora africana nel nostro continente.  Per unirci anche noi in questa celebrazione, vi consigliamo cinque titoli che parlano di identità, razzismo e integrazione con toni variegati adatti a tutti i gusti e le età, dal più drammatico al più divertente. 

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DO THE RIGHT THING di Spike Lee

USA, 1989, Commedia/drammatico

In un quartiere afroamericano di Brooklyn, Sal, italo-americano, gestisce da 25 anni la pizzeria più apprezzata della zona che sembra essere, in un clima di tensioni razziali, un’eccezione e bell’esempio di integrazione. Qui lavora come fattorino anche Mookie (interpretato dallo stesso Spike Lee), giovane afro-americano appena diventato padre che cerca di recuperare gli stipendi arretrati. I figli di Sal non sembrano essere così felici di lavorare in un quartiere così ‘misto’, soprattutto Pino (John Turturro) che si lascia spesso andare a commenti infelici. Quando l’attivista Buggin’ (Giancarlo Esposito) accusa Sal di essere razzista, questi reagisce molto duramente dimostrando la sua stessa intolleranza. Buggin’ decide di boicottare la pizzeria e si presenta insieme all’amico Radio Raheem che trasmette dalla sua radio ad alto volume la canzone “Fight the Power” dei Public Enemy. La situazione degenera in fretta e si scateneranno una serie di eventi che provocheranno l’insurrezione di tutto il quartiere.

Terzo lungometraggio del regista Spike Lee, che ha scritto, diretto, prodotto e interpretato uno dei personaggi principali. Il film ha scatanato grandi critiche soprattutto negli Stati Uniti dove venne spesso accusato di incitare i giovani afroamericani alla violenza e alla ribellione. Il film fu presentato in concorso a Cannes dove venne accolto dalla critica europea in maniera ben più calorosa rispetto a quella americana ma, nonostante avesse tutte le carte in regola, non fu candidato come miglior film agli Oscar di quell’anno, cosa che non passò inosservata. Celebre infatti l’intervento di Kim Basinger che presentava il premio al miglior film e che interruppe il suo discorso per far notare che il vero miglior film dell’anno, ovvero Do the right thing, non era neanche tra i nominati. La critica ha ben presto cambiato opinione sul film di Spike Lee e nel 2007 fu inserito nella lista dei 100 migliori film americani dall’American Film Institute. Curiosità: la celebre canzone dei Public Enemy, “Fight the Power” fu scritta espressamente per il film e ottenne un successo clamoroso, Spike Lee ne diresse anche il videoclip dopo l’uscita del film. 

Consigliamo di recuperare l’intera filmografia di Spike Lee che, da regista impegnato nel sociale, affronta spesso tematiche legate alla tensione razziale, l’integrazione e l’intolleranza. Uno dei suoi ultimi successi, “BlaKKKlansman”, è disponibile su Prime video e racconta di un poliziotto che si infiltra nel Klu Klux Klan. Da recuperare anche il bellissimo biopic “Malcolm X”, disponibile sempre su prime. 

LA NOIRE DE… di Ousmane Sembène, disponibile su Rai Play

Francia, Senegal, 1966 – drammatico

Nel 1966 venne presentato a Cannes il primo lungometraggio diretto da un africano, segnando una vera e propria svolta epocale nella storia del cinema: La noire de… spalancò gli occhi del mondo verso il cinema africano, le sue ferite ancora aperte, i suoi traumi irrisolti, le tragiche conseguenze psico-fisiche della colonizzazione occidentale.

La noire de
La noire de

La giovane Diouana parte da Dakar per seguire un miraggio, il benessere dell’Occidente, le bianche case in Costa Azzurra piene di bianche donne, nella speranza di una vita migliore. Da ragazza libera, abbracciata al suo ragazzo per le strade della città senegalese, diventa presto una vittima della neocolonizzazione, che serpeggia e avvelena quanto lo schiavismo sanguinario del secolo precedente. Viene scelta al mercato delle domestiche da una ricca e anonima Madame di Antibes, tanto bisognosa dell’aiuto di Diouana; in poco tempo si ritrova nei panni di una domestica in una gabbia dorata opprimente e opposta agli esterni soleggiati della patria natia. Alienata dalle numerose mansioni e dall’indifferenza del razzismo, apatica e sola, non le resta che compiere un gesto estremo, che ci ricorda il suicidio di Okonkwo in Il crollo di Chinua Achebe. I personaggi sono disumanizzati, assomigliano a dei pamphlet anticolonialisti parlanti e sono il veicolo per una denuncia cruda e onesta.

Nel 1960 il Senegal ottenne la piena indipendenza dalla Francia, tra false promesse e una classe dirigente incapace di controllare un neonato paese, denunciata dal regista quasi quanto gli occidentali imperialisti. Senza spettacolarizzazioni, Sembène racconta le conseguenze del disagio dei dannati della Terra (titolo di un celebre saggio di Frantz Fanon). La libertà di Dakar non può che venire ricordata attraverso i flashback, contrapposti alla Francia vista soltanto attraverso spazi interni soffocanti. Qui Diouana arriva persino a venire trattata come un fenomeno da cabinet of curiosities, una bestia bizzarra a cui far pronunciare qualche parola in francese. Il razzismo la spinge a una graduale afasia e l’atto di tagliarsi la gola assume un valore simbolico. Il film è disseminato di altri simboli, dei quali il più potente è la maschera tribale, cultura e ricordo, unico legame con il lontano Senegal. Come se l’anima della protagonista si fosse trasferita in quell’oggetto tradizionale tanto amato dai turisti, la maschera fa ritorno a Dakar, dove viene indossata dal fratellino. Il valore identitario è rivendicato e si è affermata con orgoglio la négritude (termine dal movimento culturale e letterario anticolonialista): anche nel cinema è iniziata una rivoluzione permanente e inarrestabile, che di lì a poco avrebbe dato vita alla blaxploitation negli Stati Uniti.Uniti.

Sempre su Rai Play, potete trovare il primo cortometraggio di Ousmane Sembène, Il carrettiere (Borom Sarret), del 1963, una denuncia della ghettizzazione nelle metropoli africane.

IL DIRITTO DI CONTARE di Theodore Melfi

USA, 2016 – biografico, drammatico

Nel 1961, all’apice della segregazione razziale negli Stati Uniti, tre donne afroamericane rivendicano i loro diritti e contribuiscono alla missione Mercury-Atlas 6, che vede il primo astronauta americano in orbita intorno alla Terra. Katherine Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson si trovano a confrontarsi con una comunità scientifica estremamente maschilista, oltre che razzista, dove la loro intelligenza e le loro doti matematiche vengono guardate con diffidenza. Il sogno dello spazio, le tensioni della Guerra Fredda e le discriminazioni sociali si uniscono in un film intenso, che colpisce ancora di più in quanto racconta una storia realmente accaduta.

 

 

Dopo il successo dell’Unione Sovietica con il primo volo spaziale umano di Jurij Gagarin, la NASA intensifica le sue ricerche per lanciare le proprie capsule nello spazio, con l’ambizione di arrivare un giorno a inviare gli astronauti americani sulla Luna. In questo scenario, la matematica Katherine Johnson (Taraji P. Henson) viene trasferita allo Space Task Group per aiutare la squadra guidata da Al Harrison (Kevin Costner). Trattata con sufficienza dai colleghi, tutti uomini bianchi, la ricercatrice afroamericana fatica a svolgere il suo lavoro a causa della mancanza di comunicazione. Il clima di segregazione razziale non fa eccezione agli studi della NASA: l’edificio non è dotato di toilette accessibili alle persone nere, così ogni giorno Katherine è costretta ad assentarsi e camminare per quasi un chilometro. Nel frattempo, anche le sue ex colleghe ed amiche Dorothy Vaughan (Octavia Spencer) e Mary Jackson (Janelle Monae) lottano per far riconoscere la propria professionalità, oltre che per ottenere uno stipendio adeguato. Giorno dopo giorno, Katherine impressiona il gruppo di scienziati risolvendo equazioni complicatissime: una volta conquistato il loro rispetto, inizia a partecipare alle riunioni riservate e contribuisce a calcolare la traiettoria della capsula spaziale dell’astronauta John Glenn (Glen Powell). Proprio mentre nell’ambiente lavorativo si sviluppa una sensibilità maggiore alle discriminazioni razziali, l’utilità della presenza dell’esperta matematica viene messa in dubbio dall’introduzione del computer IBM, molto efficace nei calcoli. Tuttavia, il giorno del lancio della capsula segnerà una svolta definitiva nella vita di Katherine e nella storia della corsa allo spazio, aprendo le porte alle missioni di allunaggio, a partire da Apollo 11.

Per continuare a scoprire attraverso il cinema le imprese spaziali della NASA, vi consigliamo di guardare anche Apollo 13 di Ron Howard, dove Tom Hanks interpreta l’astronauta Jim Lovell, protagonista della fallimentare e pericolosa missione.

GHOST DOG: IL CODICE DEL SAMURAI di Jim Jarmusch

USA, 1999 – azione, drammatico, noir

In occasione del Black History Month, “Ghost Dog: La via del Samurai” di Jarmusch emerge come un’opera cinematografica che esplora la complessità della cultura afroamericana attraverso la lente del Bushido giapponese.

GHOST DOG IL CODICE DEL SAMURAI di Jim Jarmusch
GHOST DOG IL CODICE DEL SAMURAI di Jim Jarmusch

Il film segue la vita di Ghost Dog, un sicario solitario che vive secondo i principi del Bushido, il codice dei samurai. Operando nel contesto urbano moderno, Ghost Dog sviluppa una relazione insolita con un boss mafioso locale, a cui presta servizio come assassino. Utilizzando i principi del Bushido come guida, il protagonista si trova ad affrontare sfide morali ed esistenziali mentre cerca di mantenere il proprio senso di integrità e onore in un mondo corrotto. La regia di Jarmusch si distingue per la sua atmosfera contemplativa e la sua capacità di catturare la bellezza nelle situazioni più ordinarie. Attraverso inquadrature suggestive e una colonna sonora evocativa, il regista crea un’esperienza cinematografica coinvolgente che trasporta lo spettatore nel mondo interiore di Ghost Dog. La combinazione di immagini accattivanti e dialoghi riflessivi contribuisce a creare un ritmo meditativo che si adatta perfettamente alla tematica del film.

Nel contesto del Black History Month, il film “Ghost Dog: la via del Samurai” offre una prospettiva unica sulla cultura afroamericana, esplorando le sfide, le aspirazioni e le esperienze di un protagonista che naviga nel mondo con un piede in due culture distinte: quella afroamericana e quella giapponese del Bushido. Attraverso il personaggio di Ghost Dog, il film esplora temi di identità e appartenenza, offrendo una prospettiva unica sulla ricerca di significato e scopo nella vita.

HAIR WOLF di Mariama Diallo, disponibile su Vimeo

USA, 2018, cortometraggio commedia

In un salone di bellezza afroamericano in un quartiere di Brooklyn che cerca di resistere alla gentrificazione, le proprietarie e i loro clienti si trovano a combattere contro un nuovo tipo di vampiro: donne bianche assetate di cultura Black! Mariama Diallo riesce a trattare in maniera divertente il tema dell’appropriazione culturale, riprendendo alcuni cliché del cinema horror e rimaneggiandoli in chiave comica restituendo in soli 12 minuti un film pungente e intelligente che non annoia neanche un secondo. Il cortometraggio è disponibile su Vimeo.

 

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