Erano stati localizzati all’estero e, appurato che si trovano in carcere in Francia, sono stati colpiti da mandato internazionale di arresto. In forza di tale provvedimento, alla fine della pena per cui sono reclusi, prevista per il mese di agosto, è attesa la loro consegna all’autorità giudiziaria italiana. Parliamo di due dei sei iracheni accusati dal pm Valerio Longi della Dda di Torino di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, per aver organizzato trasferimenti di migranti senza documenti dall’Italia al Paese europeo prescelto.
L’indagine, battezzata “Connecting Europe” e sviluppata dalla Squadra Mobile della Questura di Aosta e dal Servizio Centrale Operativo della Polizia, era partita da alcuni arresti operati in Valle dalla Polizia di frontiera dall’inizio del 2019. Lo scorso novembre, individuati tra Torino e la provincia di Venezia, erano finiti in carcere due dei destinatari delle misure cautelari. Un terzo ci si trovava già, da quando era finito in manette in Valle in agosto, perché ritenuto la “staffetta” di un furgone Renault su cui viaggiavano dieci profughi, lungo la strada per il colle del Piccolo San Bernardo.
È in quel periodo che, mentre erano sottoposti al monitoraggio della Polizia, gli altri due presunti componenti dell’organizzazione (“specializzata” nello spostamento di iracheni e pachistani, stipati su furgoni normalmente usati per le merci, senza aerazione né riscaldamento) vengono arrestati in Francia, intenti in un altro “viaggio” di profughi. A seguito dell’interlocuzione con le autorità d’oltralpe, e dei due mandati internazionali spiccati, un solo membro del gruppo individuato dall’inchiesta resta quindi latitante.
Il questore di Aosta, Ivo Morelli, ha commentato i recenti sviluppi sottolineando la “transnazionalità dell’indagine, fatta dalla Squadra Mobile di una piccola Questura”. Un risultato che ha definito “rilevante”. Il commissario capo Eleonora Cognigni, dirigente della Squadra Mobile, ha invece ricordato come l’organizzazione colpita dall’inchiesta si presentasse “elastica, al punto da riuscire a riorganizzarsi” dopo ogni arresto. Il traffico di vite che passava dalla Valle, in questo caso, arrivava in Italia non dalla rotta mediterranea, ma da quella balcanica (passando per Turchia e Grecia), ritenuta dagli inquirenti “più difficile da monitorare”.
Sempre in tema di immigrazione, la Polizia di frontiera del traforo del Monte Bianco ha arrestato ieri, lunedì 27 gennaio, un 20enne della Repubblica di Guinea, per il possesso di documenti contraffatti. L’uomo ha esibito agli agenti un passaporto falsificato “mediante alterazione della pagina dati”. Da controlli successivi, è emerso che era entrato in Italia nel 2017 e aveva ottenuto fraudolentemente un permesso di soggiorno per lavoro, sempre dichiarando la propria identità producendo un passaporto falsificato. Il 20enne è stato condotto oggi in Tribunale per il giudizio direttissimo.
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