Premetto che la mia esperienza da maestro elementare è durata solo 3 anni e che i miei studi all’Università di Sociologia di Urbino rimasero praticamente in fase embrionale (2 anni) a causa soprattutto della mia grande passione per lo sport e per la montagna la quale mi portò a 23 anni a gestire un rifugio alpino (esperienza durata quasi 20 anni). Quindi le mie considerazioni sono quelle di un genitore e non di un esperto.
In questo periodo ho ripreso con fatica a seguire per brevi momenti il percorso scolastico di mio figlio (quarta elementare) e ho osservato e ascoltato diverse esperienze di bambini, genitori e insegnanti alle prese con la didattica a distanza.
Provo a fare qualche considerazione che spero possa essere utile.
Le difficoltà per i bambini sono tante e diverse a seconda delle famiglie in cui vivono. Queste differenze, già esistenti prima, adesso si sono acuite. Tanti bimbi per esempio avevano una conoscenza molto scarsa dei metodi informatici e non erano abituati ad utilizzare il computer. Molti altri non potevano e non possono contare sui genitori che magari non parlano italiano o che non sono in grado di spiegare argomenti che non conoscono, quindi senza la presenza delle maestre non se la cavano.
Nonostante gli sforzi encomiabili dell’istituzione scolastica e in particolare degli insegnanti che, oltre a doversi inventare un nuovo metodo di lavoro, spesso ricoprono anche il ruolo di genitore a tempo pieno, la didattica a distanza ha altri limiti importanti. Il ruolo dell’insegnante infatti va ben al di là della trasmissione di nozioni e non può essere sostituito da un video e dalle schede elettroniche da compilare.
Per questo è forse possibile portare a termine un programma scolastico ma non un progetto educativo e formativo, specie alle primarie. Il rischio enorme di questa situazione è che tanti bambini siano lasciati indietro e che il prossimo anno si ritrovino nella stessa classe due “fasce” di bambini: quelli che hanno avuto la possibilità di essere ben seguiti a casa e gli altri.
Mi chiedo anche quale possa essere e che conseguenze possa avere l’ansia e l’angoscia che tanti bambini hanno dovuto affrontare con l’isolamento e che spesso la didattica a distanza ha incrementato. E segnalo che non è poca l’ansia di un genitore che, per vari motivi – lavoro, competenze, eccetera – non sia in grado di aiutare il proprio figlio e sia costretto a scegliere se stressarlo perché “non rimanga indietro con il programma” o dare la precedenza alla sua serenità. Il tutto in un momento così delicato che vede sconvolta la vita di tante famiglie provate dalle preoccupazioni economiche e sanitarie.
I bambini passeranno sei mesi lontani da scuola, la ripresa sarà per forza diversa dal solito. Non sarebbe meglio, invece di ripartire da una discriminazione certa tra chi avrà fatto un percorso e chi non l’avrà potuto fare (tutti promossi, ma non tutti ugualmente preparati), ripartire da una base comune acquisita ripetendo tutti l’anno?
Lettera firmata
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Sono completamente d’accordo con l’autore della lettera (che però poteva anche firmarsi…):
la DAD, sebbene si sia tenuta solo nell’ultima parte dell’anno, ha innescato profonde differenze sociali e acuito quelle già esistenti. Forse ripetere l’anno no, ma riflettere su un modo di fare scuola diverso e più in linea col mondo che cambia, quello sì.
La lettera è condivisibile in molte sue parti, però non dimentichiamoci che stiamo parlando di 3 mesi di DAD… da settembre a marzo tutti sono andati a scuola normalmente. Non saranno questi ultimi tre mesi a compromettere irrimediabilmente la carriera dei nostri figli…