“La sventura fa di un’ora un giorno” scrisse William Shakespeare nel “Riccardo II”. Giunta al termine della sua “giornata più lunga”, una famiglia valdostana non ha voluto dimenticare chi l’ha aiutata a superarla, donando al reparto di Patologia neonatale dell’ospedale Beauregard un’attrezzatura affinché l’assistenza a chi si venisse a trovare in situazioni simili alla loro possa essere sempre più efficace. Così, nei giorni scorsi, in corsia è arrivato – accolto dalla riconoscenza del personale – un monitor per la culla da trasporto dedicata ai neonati nati prematuri o con problemi tali da rendere necessario il loro spostamento, con controllo costante dei parametri vitali.
Da qui, il racconto continua nelle parole di Sara e Cristian, genitori di Maëlle e Mathieu, mittenti del “piccolo dono” ai “propri ‘amici di avventura’”. L’esperienza che la coppia si è trovata a vivere inizia “in modo inaspettato e travolgente il 7 luglio 2017”, quando i “piccoli ed impertinenti guerrieri hanno deciso di venire al mondo con ben due mesi di anticipo”. Dinanzi ai neo-genitori si schiudono improvvisamente le porte di un’esperienza “intensa, emozionante e sconvolgente”, dal “lieto fine reso possibile da tutto il personale del reparto”, che Sara “come mamma” non smetterà “mai di ringraziare”.
Un “grazie” legato soprattutto all’“aver aiutato Maëlle e Mathieu a venire al mondo e a superare i momenti più duri”, all’averli “nutriti, accuditi e coccolati”, credendo “in quei piccoli esserini, fragili e indifesi” e regalando ai genitori “la gioia della marsupio-terapia”. Un sentito ringraziamento rivolto pure per aver “sostenuto noi genitori nel lungo viaggio verso casa, asciugando le nostre lacrime, strappandoci sorrisi e regalandoci un po’ di buon umore”, cui Sara aggiunge anche l’aver “consolato, ascoltato, incoraggiato e spronato me, come mamma, nel difficile periodo di degenza in ospedale”.
I bambini, superata quella delicata fase, stanno bene e i loro genitori, che mostrano volentieri una foto in cui i due piccoli si tengono per mano in un prato, possono oggi parlare di quel periodo coniugando i verbi al passato. In loro è forte la consapevolezza che “ciò che Maëlle e Mathieu sono oggi e saranno domani lo dobbiamo anche e soprattutto” a chi, in quelle giornate dalle “ore che si facevano giorni”, si è preso cura di loro, non solo sul piano medico, ma anche ricordando che nell’animo di mamma e papà, per quanto travolti da un evento inatteso, si trovavano le energie per compiere quel viaggio. Si trattava di aiutarli a scoprirle.
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Davvero un bel gesto. Assurdo che una delle regioni più ricche d’Italia, nonostante ticket, tasse regionali e nazionali, non abbia già tali strumentazioni e debba dipendere da donazioni di privati.
“La mano destra non sappia cosa fa la sinistra”: gli atti di generosità non andrebbero sbandierati ai quattro venti,né tantomeno sui giornali…