Buon anno a quanti hanno la pazienza di leggermi, e speriamo lo sia davvero!
La situazione in Valle d’Aosta comincia a dare qualche segnale di preoccupazione: la stima di Rt è in lieve aumento, come vi riporto nel grafico sottostante, insieme con il confronto con Piemonte e Lombardia.
Com’è noto, la curva della stima di Rt anticipa quella dell’incidenza dei casi: ecco che cosa è successo in Valle d’Aosta a questo riguardo.
Merita fare alcune considerazioni. La prima è che da metà dicembre il nostro Rt sta risalendo verso l’1, che com’è noto è il valore soglia oltre il quale il contagio accelera. Lo stesso andamento si osserva più o meno anche in Piemonte e Lombardia, e vi assicuro che ciò vale anche per tutte le altre regioni (che ho omesso per non rendere il grafico di difficile comprensione), così come per l’Italia nel suo complesso.
Ma ciò che più mi ha colpito è il fatto che nelle altre regioni, fatta eccezione per non più di due volte nelle province autonome di Trento e di Bolzano, il valore di Rt non è mai sceso sotto lo 0,5, mentre da noi siamo stati vicini allo zero per tutta l’estate con pochissimi casi fino ad inizio ottobre.
Dunque in Italia la diffusione del Covid19 non si è mai fermata. Perché da noi non sia avvenuto lo stesso fenomeno nessuno lo spiega: a mio modesto parere, ma non è che un’ipotesi, è che si tratti di un effetto combinato tra modesta dimensione della popolazione, ampia dispersione delle persone sul territorio, effetto stagionale (com’è noto tutti i Coronavirus prediligono i climi freddi ed umidi) e bassi flussi turistici.
A questo proposito non vorrei essere frainteso: non è che i turisti siano degli untori e che pertanto debbano essere evitati, semplicemente quando una piccola collettività accoglie migliaia di ospiti che si fermano in Valle magari per pochi giorni le possibilità di contagio si moltiplicano. Noi contagiamo loro e loro contagiano noi: ma una volta che un valdostano si è contagiato, a sua volta contagia soprattutto i suoi contatti stretti, cioè la sua piccola comunità.
Un po’ di ottimismo con i dati valdostani di incidenza che sono tranquillizzanti ed in linea con il resto del Paese: casi totali da tre settimane appena sotto una media di 20 al giorno per 100mila abitanti, ricoveri ordinari in lieve aumento (ma forse si erano ridotti troppo velocemente rispetto alle altre regioni), ricoveri in Terapia Intensiva e decessi in discesa costante.
Il 27 dicembre è partita la campagna vaccinale e da allora, strano a dirsi, è disponibile un aggiornamento in tempo reale sul numero di vaccini effettuati. Così non ho resistito alla tentazione di confrontarci col resto d’Italia. Nel grafico in cui è riportata la percentuale di vaccinazioni effettivamente eseguite sul totale delle dosi disponibili (alla data del 2 gennaio alle ore 22:15), così potete farvi un’idea di quali sono le regioni a maggiore o minore efficienza, dal 35,7% del Lazio all’1,7% del Molise. La Valle d’Aosta, con il 6,2% (62 vaccinazioni su 995 dosi consegnate), è al 14° posto tra tutte le regioni italiane.
Per concludere, sarà una lunga corsa ad ostacoli, relativamente semplice all’inizio in cui si vaccineranno all’interno degli ospedali e delle residenze per anziani le categorie a maggior rischio, molto più complessa in seguito quando si tratterrà di convocare tutti gli altri. Ma sono certo che i nostri decisori sia nazionali sia locali, dato che si parla di vaccino sin da marzo scorso e di imminente messa a regime da novembre, avranno già predisposto nei particolari il piano per affrontare questa sfida organizzativa, che speriamo non sarà basato sull’app Immuni.
Un piccolo suggerimento: una volta che si sarà esaurita la passerella dei VIP disposti a farsi riprendere dai media nel memorabile momento della loro vaccinazione, pensiamo seriamente a chi ne ha la vera necessità, magari iniziando dalle cassiere dei supermercati che ci hanno permesso di sopravvivere in questi lunghi mesi.
Al prossimo incontro!
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Sempre interessante leggere le analisi del dott. Peano
Molto Bene