Un rinvio – l’ennesimo – che sa di pietra tombale sulla stagione dello sci alpino, anche se la data del 15 febbraio resta “un’ipotesi remota ma una flebile speranza, ci sforziamo di tenere un pensiero positivo”. Ferruccio Fournier, presidente dell’Associazione Valdostana Impianti a Fune, prova ad essere ottimista, ma la preoccupazione nel mondo degli impianti di risalita è grande.
Da un lato c’è un protocollo sanitario ancora da approvare che, a ben vedere, è uno dei problemi minori; dall’altro lato, infatti, c’è la grossa incognita della riapertura delle regioni che, con il turismo estero ridotto a zero e le vacanze di Natale perse (ed in parte anche quelle di Carnevale), resta l’unica possibilità di portare gente sulle piste. Anche perché, come sottolinea Fournier, “molti valdostani usufruiscono di sconti sullo stagionale”.
Le valutazioni sull’eventuale opportunità di aprire o meno gli impianti quando la stagione inizia a volgere al termine verranno fatte sulla base dell’evoluzione degli eventi, anche se per Fournier “la stagione è persa, bisogna iniziare a guardare all’inverno prossimo, anche se dubito ci sarà una ripartenza piena. Ora come ora dobbiamo sperare nei ristori, fare investimenti programmati e puntare sulla promozione. Noi saremmo anche pronti a riaprire, lo siamo da dicembre, ci basterebbe un preavviso di qualche giorno”.
Il nodo dei ristori
Già, i ristori. “Per ora ci sono solo dichiarazioni fumose, di atti concreti neanche l’ombra”, rintuzza il Presidente dell’AVIF. “Il Governo ci ignora, è triste pensare che lo sci sia visto solo come un divertimento: solo in Valle d’Aosta abbiamo mille dipendenti, gli stagionali sono senza lavoro mentre gli assunti sono in gran parte in cassa integrazione. Rispetto a due anni fa rischiamo una perdita di circa 85 milioni di euro: due inverni fa il fatturato di biglietteria era di 86 milioni, l’inverno scorso 76, anche se l’obiettivo – visto il trend della stagione – era di 100 milioni, se non avessimo dovuto chiudere a inizio marzo. Quest’anno siamo praticamente a zero, se non dovessimo aprire. Senza contare tutte le attività che vivono grazie allo sci”.
Si parla di ristori per 4/5 miliardi di euro per le regioni di montagna, anche se – nell’ipotesi che questi vengano elargiti – si deve attendere l’autorizzazione da parte dell’UE affinché non vengano considerati aiuti di Stato, spiega Fournier. Intanto, l’ANEF ha inviato un questionario a tutte le società per quantificare le perdite subite.
A rischio le aperture per gli sci club
Gli impianti sono attualmente aperti per gli allenamenti degli atleti, ma anche quest’apertura è ora oggetto di valutazione da parte delle diverse società. “Grazie anche all’intervento finanziario della Regione, abbiamo tenuto aperto per sostenere gli sci club e per dare un segnale, un’immagine di vitalità del sistema facendo passare il messaggio che non siamo morti. Però le perdite iniziano ad aumentare, lo sforzo era stato transitorio in vista dell’ipotesi di riaprire il 7 gennaio. Ora si vedrà”.