Delle deduzioni sulla richiesta di incidente probatorio avanzata al Gip dalla Procura, nell’ambito dell’inchiesta sulla bancarotta fraudolenta del Casinò, sono state depositate ieri, giovedì 24 ottobre, dagli avvocati Corrado Bellora e Maria Rita Bagalà, difensori degli indagati Fabrizio Brunello, Laura Filetti e Jean Paul Zanini, all’epoca componenti del Collegio sindacale della Casa da gioco.
L’obiettivo? In primo luogo, che il giudice pronunci una sentenza di proscioglimento nei confronti dei tre assistiti, perché “l’azione penale non poteva essere iniziata”, vista la “violazione del divieto di un secondo giudizio”. In ogni caso, che il Gip respinga la richiesta di accertamento tecnico dei pm Eugenia Menichetti e Luca Ceccanti, perché infondata rispetto ai tre ex sindaci.
Nelle sette pagine di memoria, i legali osservano che i fatti contestati nel fascicolo aperto oltre un anno fa sul reato ritenuto conclamato dall’omologazione del concordato (la presunta falsificazione dei bilanci 2012-2015 del Casinò attraverso l’iscrizione di imposte anticipate) sono identici, per quanto qualificati diversamente, a quelli del processo in cui i tre sindaci (assieme ad un ex au e a due politici) furono assolti dal Gup di Aosta lo scorso 8 novembre.
Per i due difensori, si tratta di un “caso di scuola” del principio giuridicamente noto come “ne bis in idem” (previsto sia dal Codice penale italiano, sia da un Protocollo della Corte Europea dei Diritti Umani), per cui un giudice non può esprimersi due volte sulla stessa azione, qualora esista già una sentenza su di essa.
Oltre a ciò, nelle deduzioni gli avvocati Bagalà e Bellora sottolineano come nel processo di primo grado chiusosi alla fine dell’anno scorso, la Procura abbia chiesto condanne e proposto appello contro le assoluzioni senza mai ritenere necessario l’accertamento di un perito sulla correttezza dell’iscrizione delle imposte anticipate, ma affermando addirittura “come esso non fosse in alcun modo necessario”.
Ecco quindi che, nell’indispensabilità dell’accertamento contenuta nell’istanza di incidente probatorio dei pm al Gip, i legali vedono un “revirement” rispetto all’architrave inquirente del processo chiusosi con le assoluzioni, tale da generare una palese contraddizione: o era impossibile chiedere decine di anni di condanne nel giudizio del 2018, senza una perizia che sostenesse la falsità dei bilanci, o le prove raccolte al tempo erano sufficienti e non serve svilupparne una ora.
La palla è ora nel campo del Gip. La questione presenta profili giuridici di complessità, anche perché, nel processo in cui scattarono i proscioglimenti per manager e politici, come ricorda la Procura nella sua richiesta, venne rinviato a giudizio l’ex au Luca Frigerio, che – processato da un collegio giudicante, partendo dagli stessi addebiti degli altri sette coinvolti – fu condannato, nel marzo di quest’anno, per falso in bilancio e truffa finalizzata al conseguimento di pubbliche erogazioni. Esito opposto a quello dell’altro procedimento (entrambi i processi sono avviati verso l’appello a Torino).
Per pronunciarsi sulla richiesta di incidente probatorio (che riguarda comunque anche gli ex au Lorenzo Sommo e Giulio Di Matteo, con il secondo cui viene contestato l’aggravamento del dissesto del Casinò non attraverso il falso in bilancio, ma con consulenze “ingiustificate rispetto all’andamento della società”), il giudice dispone un termine di due giorni. Non è tuttavia perentorio, ma la prossima settimana si annuncia come decisiva sull’accertamento ritenuto cruciale dagli inquirenti riguardo agli ultimi dieci anni del Casinò.