Nove anni e due mesi di carcere. Sono la pena che il Tribunale (presieduto dal giudice Eugenio Gramola, con i colleghi Maurizio D’Abrusco e Marco Tornatore a latere nel collegio) ha inflitto oggi, mercoledì 21 dicembre, a Stefano Corgnier, 42enne titolare del bar “Crazy Fox” di Aosta. L’uomo era imputato per tentato omicidio e porto d’armi od oggetti atti ad offendere. I fatti si riferiscono all’accoltellamento di un conoscente all’interno del locale, nella serata del 30 marzo scorso e per essi, l’accusa (rappresentata dal pm Luca Ceccanti) aveva sollecitato una condanna a 9 anni e 3 mesi.
L’imputato: “sono stato attaccato”
Al centro dell’udienza odierna vi è stato l’interrogatorio dell’imputato. La sua ricostruzione del momento in cui lui e la persona offesa restano sole nel locale, con le operazioni di chiusura in corso, è diametralmente opposta a quella sentita dalla controparte in aula in passato e parte dal repentino tentativo dell’amico di accoltellarlo. “Mi dava le spalle ed ha ruotato da destra verso sinistra. – ha dichiarato Corgnier – mi sono spostato più per istinto, che non per aver visto il coltello”. Notata la lama (un “serramanico” da 10 centimetri), “cerco di bloccarlo”, dopodiché “glielo ho sfilato dalla mano, non è mai caduto in terra”.
“Non volevo ucciderlo”
L’imputato ammette, essendo rimasto sempre alle spalle del conoscente e “portato dalla concitazione”, di aver “inferto un colpo dall’alto verso il basso, appena dietro il collo”. L’intento “era di far sì’ che la colluttazione smettesse, tanto che come poi è emerso, la ferita non è stata profonda”. “Io non volevo cagionargli danni permanenti o ucciderlo, – ha sottolineato Corgnier – volevo porre fine alla colluttazione”. Una frase che ha destato perplessità nel presidente del collegio, pronto a ricordare all’imputato che “non serve essere un medico legale per sapere che avvicinare il coltello al collo di una persona può portare a conseguenze di un certo tipo”. L’imputato ha replicato: “sicuramente, ma è stata la concitazione del momento”.
I guanti, il nuovo dettaglio
Nelle risposte del 42enne a giudizio è emerso oggi un nuovo dettaglio: l’amico avrebbe indossato, durante l’episodio, dei guanti “di lattice, del tipo da infermiere”. Quando il parapiglia tra i due s’interrompe, l’imputato fugge dall’uscita sul retro, l’altro contendente da quella principale del bar, su via Torre del Lebbroso. Dei “dieci/quindici secondi” trascorsi nel cortile posteriore del condominio in cui si trova il locale, Corgnier dice di ricordare “poco e nulla”, perché “sono andato nel panico”. Il suo ragionamento logico (così lo ha definito) è di essersi trovato, a quel punto, con il coltello in mano, di averlo “chiuso e messo in tasca”.
L’occultamento dell’arma in ospedale
Durante l’esame, il pubblico ministero gli fa notare che, all’arrivo di soccorsi e forze dell’ordine, un Carabiniere gli chiede dell’arma e lui, stando agli atti, risponde “Non ne so niente”. Corgnier conferma, aggiungendo “non ci stavo con la testa”. Dopodiché, aggiunge, “in Pronto soccorso ho fatto una cavolata”. Il riferimento è al tentativo, raccontato da un militare intervenuto in una precedente udienza, di occultare l’arma nella cassetta dello scarico di un bagno del “Parini”. Un gesto dettato dall’aver pensato che, in forza dei guanti indossati dal contendente, “sul coltello ci fossero le mie impronte e sarei passato per colpevole”.
Il pm: “rabbia per l’amicizia tradita”
Per l’accusa, una versione “piena di lacune, contradditoria e contraddetta”, con le cose andate ben diversamente. Corgnier, avvicinatosi ad una ragazza alla fine del 2021, prende coscienza, all’inizio dell’anno nuovo, che la stessa intrattiene una relazione con il conoscente. E’ lì che matura “un astio diretto non tanto nei confronti” della giovane, ma dell’altro ragazzo. “Quello che emerge – tuona Ceccanti – è la rabbia per l’amicizia tradita”. Da questo punto di vista, la versione della persona offesa “è logicamente più plausibile”.
“Un colpo a tradimento”
Ecco quindi che, aggiunge l’accusa, la sera dei fatti l’acggredito non nutre alcun dubbio che Corgnier possa arrivare a tanto “e se ne sta davanti al bancone”, quando l’imputato “lo colpisce con la coltellata proditoria”. Un colpo “dato a tradimento in una zona vitale”, a 4 centimetri da carotide e giugulare. Per il pm, “il coltello lo aveva dall’inizio Corgnier e dopo aver colpito una volta, non riesce altre”, solo perché il ragazzo “si è difeso”. Il fatto di spingere il conoscente all’interno del locale (motivato dall’accusato con l’averlo allontanato, perché “pensavo che volesse saltarmi addosso di nuovo”), per la Procura trova unica spiegazione nel voler infierire ulteriormente.
I guanti? Per l’accusa “inventati”
Dopodiché, aggiunge il sostituto procuratore Ceccanti, “devo spiegare una persona che mi vuole aggredire per gelosia e cosa faccio? M’invento (il verbo da utilizzare è questo) i guanti”. Peccato che “li vedono tutti (un testimone sentito in mattinata ne aveva riferito, non riuscendo però a ricordare esattamente come fosse vestito l’imputato la sera dei fatti, ndr.), meno il barista”, cioè lui, che “se ne accorge solo quando dice che gli viene inferta la coltellata”. Quanto poi al tentativo di nascondere l’arma una volta in ospedale, non è una condotta “dissennata”, ma “da furbo, studiata, per far sparire il coltello”, è “una roba che parla da sola”.
La parte civile: “condotta inquietante”
Prima dell’arringa del difensore di Corgnier – l’avvocato Matteo Iotti del foro di Reggio Emilia – il legale aostano Corrado Bellora, che assiste il giovane accoltellato, costituitosi parte civile nel processo, ha definito “inquietante” il comportamento dell’imputato, giacché “la condotta del Corgnier è tutta stata mirata ad uscirne il meglio possibile. Non c’è stato un gesto di resipiscenza, né un’offerta risarcitoria. I Carabinieri gli chiedono dov’è il coltello. Lui dice: ‘non lo so’. Lo aveva in tasca mentre diceva ‘non so’”.
La sentenza include il risarcimento, a carico dell’imputato, dei danni patiti dalla parte civile, liquidati dal collegio in 25mila euro. Corgnier dovrà anche accollarsi, per effetto del verdetto, le spese di costituzione in giudizio della persona offesa, pari a 6.300 euro, più oneri. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro 45 giorni da oggi. Quanto all’istanza di revoca della misura cautelare cui l’imputato è sottoposto (l’obbligo di dimora nel suo comune di residenza), il collegio l’ha rigettata, motivandola con il rischio che la permanenza protratta ad Aosta (ed in particolare nel bar in cui è titolare) implicherebbe un rischio di reiterazione del reato.