Contenzioso con il Casinò, i giudici di Torino bocciano le richieste dei Lefebvre

Alla “Elle Claims”, che avanzava nei confronti della Gestione straordinaria e della “Casinò de la Vallée” pretese per oltre 43 milioni di euro, i giudici della Corte d'Appello di Torino hanno riconosciuto solo 212.500 euro.
Il Casinò di Saint-Vincent
Cronaca

A venticinque anni dall’inizio del contenzioso tra alcune società della famiglia Lefebvre, da una parte, e la gestione straordinaria della Casa da gioco di Saint-Vincent (in liquidazione, ma mantenuta in essere per la causa in corso) e la “Casinò de la Vallée” SpA, dall’altra, la prima sezione civile della Corte d’Appello di Torino ha sciolto l’ultimo nodo rimasto sul tappeto. Ad “Elle Claims”, l’azienda della famiglia legata alla crocieristica di lusso che avanzava pretese economiche per un totale di 43milioni 606mila euro, dovranno essere riconosciuti esclusivamente 212.500 euro.

Un beneficio minimo rispetto alle richieste, che peraltro la società quasi non avvertirà: la sentenza notificata oggi, lunedì 16 novembre, pone a carico della stessa, e di un altro soggetto del gruppo Lefebvre (la “Sitmar”), il rimborso di spese processuali alla “Casinò de la Vallée” per un totale di oltre 414mila euro, più Iva e altre voci: il doppio della cifra che avrà diritto ad introitare. La Gestione straordinaria del Casinò, per parte sua, dovrà versare, per la stessa ragione, 63mila 700 euro (sempre senza imposte e spese accessorie) alla “Elle Claims”.

La vicenda è complessa non solo per la sua durata. Tutto nasce alla fine del 1995, quando i Lefebvre sollevano in sede civile la presunta inosservanza del contratto stipulato tra la loro società “Sitav” (precedente concessionaria della Casa da gioco) e la Gestione straordinaria, creata dall’amministrazione regionale. Con quell’intesa, la famiglia aveva concesso in uso o in locazione al gestore subentrante, per il periodo dal 1° luglio al 31 dicembre 1994, beni e strutture di cui era proprietaria per condurre il Casinò.

Dopo una sentenza del Tribunale di Aosta (del 2006) ed una di secondo grado (dell’anno dopo), nel gennaio 2018 la Corte di Cassazione ha disposto il nuovo rinvio in Appello, definito dal pronunciamento emerso oggi. Allora, gli “ermellini” avevano deciso di accogliere uno dei motivi di ricorso dei Lefebvre, riformando in parte la sentenza del 2007 (che già aveva ribaltato il verdetto iniziale). Per la Suprema Corte, il risarcimento cui la Gestione straordinaria era stata condannata nei confronti della “Sitav” (dell’ammontare di 3milioni 615mila 200 euro) chiudeva la partita solo relativamente ad uno dei beni oggetto della diatriba, vale a dire la banca dati dei clienti e le informazioni in essa contenute.

La questione andava però, per la Cassazione, tutt’altro che considerata chiusa relativamente “ai canoni e alle penali previsti per la restituzione degli altri beni locati”. Si tratta degli “spazi destinati a parcheggi, del capannone contenente gli attrezzi per la manutenzione e del tunnel di collegamento tra il Casinò e il Grand Hotel Billia”. Beni di cui, agli occhi degli “ermellini”, i giudici dei gradi precedenti non avevano preso in considerazione la “ritardata restituzione” (sancita, peraltro, proprio dalla sentenza del 2007). Il rinvio alla Corte d’Appello di Torino era stato quindi disposto “per l’esame delle domande concernenti i beni immobili”.

Al riguardo, gli avvocati dei Lefebvre (Antonio e Giuseppe Rappazzo, del foro di Roma), chiedevano 4 milioni e 49mila euro per il godimento, da parte della Gestione straordinaria (rappresentata nella causa dall’avvocato Alberto Caveri) e della Casinò de la Vallée (attuale gestore del Casinò, ritenuta “erede” dei rapporti giuridici intrattenuti dalla prima), degli immobili dal 1° ottobre 1995 al 27 gennaio 1997, oltre a 24milioni 996mila euro quali penali previste dal contratto tra le parti per il ritardo nella riconsegna alla società proprietaria e 12 milioni 655mila euro di interessi. In totale, appunto, 43 milioni 606mila euro.

I giudici Renata Silva, Tiziana Maccarrone e Roberta Bonaudi, nelle 37 pagine della sentenza, osservano però che “nei precedenti gradi di giudizio, il pregiudizio economico subito da ‘Sitav’ per effetto della mancata restituzione tempestiva dei beni oggetto dell’accordo veniva ricollegato in modo prioritario e preminente alla banca dati”. “Anche nella prospettazione delle società ricorrenti in primo grado, – si legge ancora – il ritardo nella restituzione dei parcheggi, del tunnel e del capannone era assolutamente marginale”.

La sola penale riconosciuta a “Elle Claims” – di 212.500 euro – è legata, peraltro, al solo parcheggio clienti, definito “unico bene immobile produttivo di reddito”, mentre il “tunnel di passaggio e il capannone non avevano alcuna concreta rilevanza autonoma per Sitav”. I magistrati l’hanno liquidata nella misura di 500 euro al giorno (l’1% circa della penale giornaliera pattuita dal contratto, di 100 milioni di lire), per 425 giorni di ritardo totale. Tutte le altre richieste non sono state giudicate accoglibili.

Oltre a definire un contenzioso divenuto ben presto, nell’immaginario collettivo (per imponenza e durata), la “causa madre”, il verdetto odierno chiarisce un altro aspetto particolarmente sensibile per gli “addetti ai lavori”. “Elle Claims” non risulta, sulla base di questa sentenza (alla quale i Lefebvre possono tuttavia opporre ricorso), creditrice della “Casinò de la Vallée” SpA. La società, sino ad oggi, ha sostenuto il contrario, chiedendo anzitutto al Tribunale di Aosta di riconoscerle formalmente tale veste (nell’adunanza dei creditori tenutasi il 9 luglio 2019, in occasione del concordato intrapreso dalla casa da gioco) e, a seguito del diniego, aveva promosso poi uno dei reclami che hanno condotto nel luglio 2020, anche in questo caso da parte della Corte d’Appello torinese, alla revoca del decreto di omologazione della procedura concorsuale.

Per arrivare alle pagine recenti, la Casa da gioco ha depositato, lo scorso 21 ottobre, una richiesta di ammissione al concordato “pieno” (procedura diversa da quella già “cassata”) e una decisione sull’ammissibilità non è ancora nota (resta in essere, nel mentre, lo spettro del fallimento, invocato dalle istanze depositate dalla Procura e da due creditori). Il pronunciamento di oggi, e le sue ricadute prospettiche, pur aggiungendo definizione al quadro complessivo, confermano comunque la storia della Casa da gioco valdostana quale dedalo giudiziario (non vanno infatti dimenticate le pendenze penali e alla Corte dei Conti) di magnitudo tale da far invidia ad un terremoto.

0 risposte

  1. Complimenti per la ricostruzione della vicenda che aiuta il lettore a inquadrare l’argomento altrimenti troppo intricato.

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