‘Ndrangheta, Maria Rita Bagalà non risponde al giudice

Nell’interrogatorio di garanzia, la penalista residente ad Aosta, accusata di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, ha confermato la scelta ventilata alla vigilia. Il suo difensore: “ad oggi non abbiamo contezza degli atti processuali”.
Gli avvocati Andrea Giunti e Maria Rita Bagalà.
Cronaca

E’ andata secondo le aspettative della vigilia. All’interrogatorio di garanzia – svoltosi oggi, lunedì 10 maggio, dinanzi al Gip di Aosta Giuseppe Colazingari, per rogazione del Tribunale di Catanzaro – Maria Rita Bagalà, penalista 52enne ai domiciliari ad Aosta da una settimana perché accusata di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, si è avvalsa della facoltà di non rispondere alle domande del giudice.

“C’è una novità che ha influito sulla scelta, – ha spiegato l’avvocato Mario Murone, che difende la collega arrestata – data dal fatto che ci hanno consegnato un dischetto che non è possibile aprire. Ad ora, non abbiamo contezza degli atti processuali, abbiamo solo l’ordinanza. Anche avessimo voluto, non avremmo potuto fare quest’oggi una scelta diversa”.

Bagalà, originaria di Lamezia Terme, ma residente nel capoluogo regionale, stando alla tesi degli inquirenti era la “mente legale” della cosca di ‘ndrangheta colpita dall’operazione “Alibante” di Carabinieri e Dda di Catanzaro, radicata sul litorale tirrenico-lametino da lungo tempo e con a capo il padre della penalista, Carmelo Bagalà (80 anni), finito in carcere la notte del blitz, operato in Calabria, ma anche in altre località italiane.

La donna è accusata, nello specifico, di intestazione fittizia di beni e trasferimento fraudolento di valori aggravato, per le operazioni compiute nell’ambito della gestione di una società finalizzata alla realizzazione di un complesso alberghiero, la “Calabria Turismo Srl”. Gli inquirenti la considerano la “cassaforte” della cosca e sostengono che l’assetto sociale che Bagalà stava impostando fosse mirato a “schermare” la riconducibilità al padre.

Tale tesi è sostenuta dalla Procura distrettuale diretta da Nicola Gratteri anche sottolineando che tutte le operazioni di variazione della compagine societaria (la “fuoriuscita” di precedenti soci ritenuti “prestanome”, per giungere ad un capitale interamente detenuto da Maria Rita Bagalà e dalla sorella Francesca) sono avvenute dopo che l’azienda è stata colpita da interdizione antimafia, nel 2016.

Per l’avvocato Murone, in realtà, non stava accadendo nulla di diverso da “un uomo cosciente di avere 80 anni, che passa il bene ai figli ed anticipa il processo che un’eredità avrebbe generato”. Nell’udienza di stamane, ad affiancare Bagalà (accompagnata sino all’ingresso del Tribunale dal marito Andrea Gino Giunti, indagato a piede libero con lei) era, quale sostituto processuale, l’avvocato Michel Milliery di Aosta. La difesa della penalista aostana continua ora nella preparazione dell’istanza al Tribunale del riesame, per ottenere la revoca dell’arresto.

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