‘Ndrangheta, nell’appello Altanum aumentate alcune condanne

Le assoluzioni per l’omicidio di Salvatore Raso sono state confermate oggi a Reggio Calabria, ma per l’associazione di tipo mafioso inflitti 16 anni di carcere a Giuseppe Facchinieri, 10 anni e 8 mesi a Raffa e 7 anni e 10 mesi a Chemi.
L'aula bunker del Tribunale di Reggio Calabria.
Cronaca

Il verdetto della Corte d’Appello di Reggio Calabria, giunto oggi, mercoledì 4 maggio, al termine del processo “Altanum” – su frizioni tra due cellule della ‘ndrangheta calabrese, con proiezioni in tutta Italia, Valle d’Aosta inclusa – ricalca quello di primo grado. Gli imputati ritenuti al vertice della cosca Facchineri di Cittanova sono colpevoli di associazione a delinquere di stampo mafioso, ma non dell’omicidio di Salvatore Raso, avvenuto nel 2011 in Calabria, per il quale sono state rinnovate le assoluzioni. La Corte ha tuttavia rivisto, in parte, le condanne comminate.

Le pene aumentate

Se a Giuseppe Facchinieri detto “Il Professore” (61 anni, Cittanova) sono stati confermati i 16 anni di reclusione inflittigli dal Gup reggino nel dicembre 2020, per Roberto Raffa (46, San Giorgio Morgeto) la pena sale a 10 anni e 8 mesi (8 anni in primo grado) e per Giuseppe Chemi (61, Taurianova) a 7 anni e 10 mesi di reclusione (contro 5 anni e 4 mesi iniziali). Per ognuno di loro, il sostituto procuratore generale aveva chiesto l’ergastolo (considerata anche l’accusa di omicidio, alla base dell’impugnazione del precedente verdetto da parte della Dda reggina).

Perché la revisione

Il motivo della parziale revisione è nell’aver riconosciuto, da parte della Corte, la continuazione tra il reato contestato e la tentata estorsione per cui i tre sono stati condannati nel processo “Tempus Venit”, chiusosi con una sentenza definitiva emessa dalla Corte d’Appello di Torino il 28 ottobre 2013. La richiesta estorsiva si era verificata, secondo le indagini dei Carabinieri, durante la costruzione del parcheggio pluripiano “Parini”, di Aosta, nei confronti dell’impresario di origini calabresi Giuseppe Tropiano (che, era emerso dalle investigazioni, anziché denunciare la pretesa di denaro, si era rivolto alla famiglia “avversaria”, i Raso, per chiedere aiuto).

L’omicidio “maturato” in Valle?

In quei fatti, per gli inquirenti, era “maturata” l’uccisione di Salvatore Raso. L’impostazione accusatoria era che “Il professore” l’avesse ordinata, con Raffa e Chemi quali “concorrenti morali”. Però, secondo il Gup, nelle motivazioni al verdetto di primo grado, “nulla si sa” dell’“esecuzione materiale dell’azione criminosa”, né alcunché “è emerso in ordine alla pianificazione dell’efferato delitto”. Un esito che, seppur con motivazioni ancora da leggere, è stato condiviso nella formula assolutoria dalla Corte d’Appello reggina.

Le assoluzioni degli altri imputati

Per gli altri due imputati del giudizio di secondo grado, vale a dire Vincenzo Facchinieri (55, fratello del “Professore”) e Salvatore Facchineri (48), entrambi di Cittanova, considerati dalla Dda di Reggio “partecipi” dell’associazione mafiosa, è stata confermata l’assoluzione. La richiesta della Procura generale, all’udienza dello scorso 7 marzo, era stata di 10 anni di carcere ognuno. Il loro coinvolgimento investigativo era ricondotto in particolare all’omicidio di Raso.

Confermati i risarcimenti alle parti civili

La sentenza conferma anche il risarcimento, da parte di Giuseppe Facchinieri, Raffa e Chemi, dei danni alle parti civili costituitesi nel processo, tra le quali la Regione Autonoma Valle d’Aosta. Per la quantificazione, occorrerà però un separato giudizio civile. Quello di cui si è chiuso a Reggio Calabria oggi il grado d’appello è il ramo processuale per gli imputati che avevano scelto il rito abbreviato. Al Tribunale di Palmi prosegue invece il dibattimento ordinario, ancora al primo grado, per gli altri imputati dell’operazione “Altanum”.

Si tratta dei fratelli della vittima dell’omicidio (presunto rappresentante “con un’alta dote” del sodalizio sangiorgese) Michele Raso (61) e Vincenzo Raso (70), entrambi considerati esponenti autorevoli della famiglia degli “Zuccaro” e supposti gestire “le comunicazioni tra gli appartenenti al ‘locale’” attivi in Calabria e “quelli operativi in Valle d’Aosta”, nonché Vincenzo Raffa (46). Tutti sono accusati di associazione di tipo mafioso.

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