Per il Tribunale delle acque legittimi gli atti regionali sulla centrale di Cortlys

Con una sentenza depositata all’inizio di questo mese, i giudici hanno respinto il ricorso presentato da Legambiente nazionale e dal circolo valdostano dell’associazione per ottenere l’annullamento del passaggio di titolarità della concessione riconosciuta nel 2009.
Il vallone di Cortlys
Cronaca

Per il Tribunale superiore delle acque pubbliche, gli atti adottati dall’amministrazione regionale nel 2021 (un provvedimento dirigenziale e un decreto del Presidente della Regione), relativamente alla centrale idroelettrica di Cortlys (nel comune di Gressoney-La-Trinité), sono legittimi. I giudici lo hanno stabilito con una sentenza, seguita all’udienza dello scorso 30 novembre (e depositata all’inizio di questo mese), che respinge il ricorso depositato da Legambiente nazionale e dal Circolo della Valle d’Aosta dell’associazione ambientalista per ottenere l’annullamento dei provvedimenti.

Gli atti impugnati esprimevano il “nulla-osta alla variazione di titolarità e riconoscimento della società Staffal Energy S.r.l” quale “nuovo soggetto titolare della concessione di derivazione d’acqua assentita alla ‘The Power Company S.r.l.” nel 2009, nonché la modifica dei parametri della concessione originaria. Proprio su questo aspetto, i ricorrenti avevano fondato la loro opposizione, sostenendo che quei provvedimenti “avrebbero determinato il rilascio, in favore” della società subentrante, di “una nuova concessione di derivazione”, in quanto “le variazioni apportate” all’autorizzazione iniziale “ne avrebbero comportato una modifica ‘sostanziale’”.

Agli occhi dei giudici, tuttavia “tale presupposto è erroneo”, perché non è “corretto ritenere che qualunque variante – ancorché non incidente sulle opere di presa o di restituzione – possa determinare la sua qualificazione come ‘sostanziale’”. Nel caso specifico, si legge in sentenza “le modifiche apportate al disciplinare di concessione sono consistite nella semplice eliminazione di alcune discrasie relative ai valori numerici delle quote altimetriche indicate nel precedente disciplinare, relative al posizionamento della vasca di carico che negli elaborati progettuali non era stata correttamente rappresentata”.

L’adeguamento, ripercorre il Tribunale superiore delle acque pubbliche, “non ha inciso sul tratto d’alveo del torrente Lys sotteso dalla derivazione, che risulta il medesimo”, né “sul salto o sulla potenza nominale della concessione già rilasciata” e nemmanco “ha inciso sulla quantità di prelievo di acqua assentita con l’originaria subconcessione”. Inoltre, “non ha modificato i manufatti dell’impianto (la centrale è rimasta nello stesso punto), e neppure i punti di prelievo e restituzione delle acque al torrente”.

Esaurito l’esame del principale motivo di ricorso, i magistrati (il collegio era presieduto da Francesco Tirelli) dedicano una specifica analisi alla censura, sollevata dalle due associazioni, “riguardante la presunta illegittimità dei provvedimenti impugnati che, anziché disporre la decadenza della concessione per il decorso dei termini indicati nel disciplinare per la costruzione degli impianti, avrebbero ulteriormente prorogato tali termini”.

Al riguardo, alla luce della giurisprudenza (in particolare, della Corte di Cassazione), “la proroga dei termini previsti dal disciplinare per la realizzazione dell’opera (ricadente nel perentorio termine trentennale di durata della concessione di derivazione) è stata correttamente motivata in ragione del perdurante interesse pubblico a consentire la realizzazione di un’infrastruttura che produce energia elettrica da fonte rinnovabile”. Il ricorso (il capitolo più recente di una battaglia delle associazioni ambientaliste iniziata negli anni 2010, che ha visto anche più passaggi al Tar e una petizione popolare, per poi riprendere nel 2020) è stato quindi rigettato, con la compensazione delle spese di lite.

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