Il processo sul quadro di Ligabue non si farà ad Aosta
Il processo nato dal ritrovamento, in una mostra al Forte di Bard, di un quadro di Antonio Ligabue risultato rubato oltre 30 anni prima non si farà ad Aosta. Quando era passato da poco mezzogiorno di oggi, martedì 14 marzo, il giudice monocratico Marco Tornatore ha letto la sentenza con cui viene dichiarata l’incompetenza territoriale del Tribunale del capoluogo regionale. Viene così accolta l’istanza espressa nella scorsa udienza, quella del 28 febbraio, dalle difese degli imputati. Il magistrato ha altresì disposto la trasmissione degli atti alla Procura di Reggio Emilia, per la loro valutazione e l’eventuale avvio del nuovo procedimento.
La difesa solleva l’incompetenza territoriale
Inammissibilità delle richieste di costituzione di parte civile e incompetenza territoriale del Tribunale di Aosta. Sono le eccezioni che le difese degli imputati avevano sollevato martedì 28 febbraio scorso, alla prima udienza del processo sull’“Autoritratto con spaventapasseri”, trafugato nel 1991 da un’abitazione privata. Il giudice aveva rinviato al 14 marzo, per comunicare le decisioni assunte in merito.
A giudizio, per ricettazione in concorso, erano giunti il 76enne di Reggio Emilia Alessandro Parmiggiani, curatore della retrospettiva nella nostra regione, e la gallerista 68enne Patrizia Lodi di Parma, che ha svolto l’intermediazione con cui il quadro è passato di mano l’ultima volta, nel 2015, divenendo proprietà di un imprenditore appassionato di opere d’arte (che risulta possedere anche altri dipinti firmati dal maestro emiliano). Tra allora e il 2022, la tela viene inviata in quattro mostre, tutte curate da Parmiggiani. La quinta è quella in bassa valle, ove la donna che la cercava da trent’anni la riconosce.
Secondo il difensore di Parmiggiani (cui si è associato il collega che assiste Lodi), competente per il processo sarebbe l’autorità giudiziaria di Reggio Emilia, perché la consumazione del reato ipotizzato andrebbe individuata nell’uscita del quadro della casa del possessore (che si trova in quella provincia), per il trasporto verso la Valle. Una ricostruzione contestata dal pm Giovanni Roteglia, per cui l’unico punto preciso dell’addebitata ricettazione sia rappresentato dal momento in cui, presente Parmiggiani, si è proceduto al “condition report” delle opere arrivate al Forte di Bard per essere esposte (quindi in Valle d’Aosta), essendo quanto venuto prima un “coacervo di chiamate” e rapporti tra le parti, tali da rendere illeggibile altre territorialità.
Il Forte di Bard, dagli accertamenti condotti dalla Procura, era risultato aver acquistato l’esposizione con un pacchetto “chiavi in mano” da una società del settore, aspetto che aveva portato gli inquirenti ad escluderne responsabilità. Per questo, l’associazione di gestione della fortezza aveva chiesto all’udienza iniziale di insinuarsi nel processo, per ottenere il risarcimento del danno patito nella vicenda, così come ha fatto l’anziana proprietaria del dipinto.
Richieste di costituzione di parte civile cui si erano opposte le difese, con l’altra questione preliminare sollevata. A dire degli avvocati degli imputati, nelle istanze depositate, non vi sarebbe stato, neppure in modo indiretto, una determinazione del valore economico del danno patito, elemento che violerebbe le nuove disposizioni introdotte dalla riforma Cartabia. In questo caso, ad opporsi sono stati i legali che rappresentano la proprietaria e l’associazione, sostenendo che la quantificazione sia questione da affrontare nella discussione del processo, nello specifico al momento delle conclusioni, e non necessariamente da indicare a priori.
Le indagini svolte ad Aosta
L’“Autoritratto con spaventapasseri”, un olio su faesite realizzato tra il 1957 e il 1958, ha un valore stimato tra i 250mila e i 300mila euro. L’imputazione per Parmiggiani e Lodi era di non aver accertato e certificato la provenienza lecita del dipinto. La tela, dopo il sequestro nella struttura della bassa Valle e gli accertamenti investigativi, era stata restituita dai Carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale di Monza all’anziana che aveva subito il furto.
L’imprenditore che la aveva posseduta e poi prestata per l’esposizione in Valle si è però opposto all’ordine impartito dalla Procura, sostenendo che (pur non mettendo in dubbio l’autenticità del quadro sequestrato), non vi sia certezza che si tratti effettivamente di quello trafugato più di trent’anni fa nella villa di Boretto (Reggio Emilia). La Procura, per parte sua, aveva acclarato, con una consulenza tecnica che il quadro fosse proprio quello. Sulla questione è atteso il pronunciamento del Gip del Tribunale. Sul risultato delle indagini aostane, la palla passa nel campo dell’autorità giudiziaria di Reggio Emilia.