Il cambiamento climatico non sta cancellando solo i ghiacciai alpini, ma anche una parte della nostra storia. Per salvare questo patrimonio di informazioni, il progetto internazionale Ice Memory, gestito e coordinato da una fondazione riconosciuta a livello internazionale con il patrocinio dell’Unesco, perfora i ghiacciai più significativi attualmente minacciati di scomparsa a causa del riscaldamento globale, al fine di preservare le informazioni in essi contenute e trasmetterle alle generazioni future.
Per ogni ghiacciaio, due campioni vengono estratti: uno per lo studio immediato, l’altro viene trasportato in Antartide, in un “santuario” naturale, dove verrà conservato per i ricercatori del futuro.
Dalla seconda metà del diciannovesimo secolo, i ghiacciai alpini hanno perso in media il 60% della loro massa. Secondo gli scienziati, la maggior parte dei ghiacciai sotto i 3.600 metri è destinata a scomparire entro il 2100. Questo comporta non solo gravi conseguenze ambientali, ma anche la perdita irreversibile di dati sul clima e l’ambiente del passato.

Ogni strato di ghiaccio conserva tracce chimiche e fisiche risalenti al momento della formazione. Studiare queste carote significa accedere a una vera e propria “biblioteca naturale” in via di sparizione. Come sottolineano i promotori del progetto Ice Memory, la perdita di un ghiacciaio equivale alla distruzione di un archivio storico millenario.
Una prima missione sul ghiacciaio Corbassière, a oltre 4.100 metri di quota, era stata tentata nel 2020 da un’équipe svizzera e italiana. Le perforazioni furono interrotte a meno di 30 metri di profondità a causa di difficoltà tecniche e della presenza d’acqua. Le analisi mostrarono un deterioramento dei segnali climatici in appena due anni, causato da processi di fusione e ricongelamento.
Nel maggio 2025 è partita una nuova spedizione scientifica, coordinata dall’Istituto di scienze polari del Cnr e dall’università Ca’ Foscari di Venezia. L’obiettivo: recuperare almeno due carote di ghiaccio fino al substrato roccioso, per verificarne la qualità stratigrafica e donarne una al programma Ice Memory.
Le attività sul campo, svolte dal 19 al 30 maggio, hanno coinvolto un team di 6-7 ricercatori. Il campo base è stato allestito sul plateau sommitale del ghiacciaio, tra il Grand Combin de Valsorey e il Grand Combin de Grafeneire. Uomini e materiali sono stati trasportati in elicottero dal lato svizzero del tunnel del Gran San Bernardo. La sicurezza è stata garantita dalla presenza continua di una guida alpina.
Il primo carotaggio, iniziato il 20 maggio, è stato interrotto a 52 metri per la presenza d’acqua al limite firn-ghiaccio. Nei giorni successivi, il secondo foro, effettuato con tecnica elettromeccanica, ha raggiunto il substrato roccioso a 99,5 metri di profondità. Il terzo carotaggio ha confermato il risultato, raggiungendo i 98,9 metri.
Alla missione ha partecipato anche il geologo Pietro Di Sopra, tecnico glaciologo della Fondazione Montagna sicura, che ha fornito supporto scientifico e logistico alla spedizione.