Mentre prendono il via le consultazioni di Mario Draghi, l’ex Presidente della Bce incaricato dal Capo di Stato Mattarella di provare a dare un nuovo governo al Paese, la Valle d’Aosta aspetta risposte chiare.
Il senatore Albert Lanièce spiega: “Come Gruppo ‘Per le Autonomie’ non abbiamo ancora espresso una posizione. Non siamo ancora stati convocati, ma siccome Draghi non lo conosciamo tutto dipende da cosa ci dirà. Noi faremo presente i nostri punti d vista e le nostre necessità, a partire dall’attenzione verso le nostre realtà alpine e di montagna, e la sua posizione nei confronti delle Autonomie speciali”.
Nessuna pregiudiziale, da parte di Lanièce, ma un appunto sì. Un potenziale Governo solamente tecnico non scalda certo gli animi: “È chiaro che in un Governo politico fornisce lo spazio per la discussione – aggiunge il senatore valdostano –, e abbiamo già visto cos’è successo all’epoca del Governo Monti. Ora però bisogna veder cosa farà Draghi, se ha in mente un Governo puramente tecnico o pensa di lavorare coinvolgendo le forze politiche. Aspettiamo di capire cosa vorrà fare, perché, a livello più generale questo è il momento in cui bisogna assumersi la responsabilità politica di non fare sprofondare un Paese nel caso di una fine di Legislatura anticipata”.
Insomma, “Quello di Mario Draghi è sicuramente un altissimo profilo – spiega ancora Lanièce –, ma vorremmo capire che tipo di governo si prospetterà e cosa pensa sulle realtà di montagna e su quelle autonome”.
Senatore che, giusto ieri sera, è stato tirato in ballo direttamente in piazza Chanoux, durante la protesta organizzata dalla filiera della ristorazione, decisa a riaprire le attività il 10 febbraio: “Era stata fatta una legge anti Dpcm qui in Valle, ma il nostro senatore ha preferito barattarla con un voto di fiducia al Governo, come un sacco di patate. Se noi siamo capri espiatori allora il mio è lui: il senatore”, sono state le parole riecheggiate nel “Salotto buono” del Capoluogo.
Lanièce non si scompone: “La verità è che ho fatto esattamente il contrario, ho condizionato il mio voto di fiducia al Governo al ritiro dell’impugnativa della legge anti Dpcm”.
Tripodi: “Non esistono voti di fiducia a scatola chiusa”
Dai lidi del MoVimento 5 Stelle – dopo le dichiarazioni al vetriolo del senatore Danilo Toninelli, con il suo “Non ci vengano a chiedere di votare Mario Draghi”, scritto sui social – le acque sono più agitate.
I pentastellati sono ad un guado, la fiducia – compatta – a Giuseppe Conte era fuori discussione, anche da parte della deputata valdostana Elisa Tripodi. Ora, con la crisi “innescata” da Matteo Renzi chiusasi senza veri vincitori, tutto è cambiato.
“La decisione dell’Assemblea del MoVimento 5 Stelle è quella di dire ‘no’ ad un Governo tecnico – spiega l’Onorevole –. Ci siamo riuniti anche con le altre forze di maggioranza, ed è emerso che un Governo deve essere di espressione politica. Draghi non è espressione del MoVimento come lo era Conte, e nel 2018, quando ci siamo presentati alle Politiche, abbiamo detto che avremmo dato la fiducia ad un Governo che fosse nostra espressione”.
A “pendere” sulla decisione, ovviamente, è anche il fatto che con il Presidente incaricato ci si debba ancora incontrare: “Draghi è stato scelto dal Presidente della Repubblica, ed è una figura di altissimo livello, ma non è espressione nostra – prosegue Tripodi –. Andrei molto cauta nel dire ‘sì’ o ‘no’ a scatola chiusa. Vedo però molto difficile che, come MoVimento 5 Stelle, daremo la fiducia ad un Governo Draghi. Come gruppo parlamentare più numeroso sia alla Camera, sia al Senato, è però giusto ascoltare le linee di indirizzo che il Presidente incaricato darà”.
Ed è proprio sul filo delle “linee” che potrebbe giocarsi la partita: “Ci chiediamo che fine faranno le politiche da noi attuate finora e quelle che attendevamo di attuare, ed il destino dei molti dossier che stiamo aspettando – spiega ancora la deputata –. Ripeto, è comunque giusto ascoltare cosa dirà Draghi, ma non esistono voti di fiducia a scatola chiusa. Giustamente il Presidente Mattarella ha sottolineato il fallimento della politica, che non è riuscita a dare una risposta”.
Tasto dolente, specchio di una crisi dai tanti interrogativi ancora aperti e dalle chiusure arrivate dalla fronda “renziana”: “Abbiamo cercato di portare sui tavoli tutto ciò che potevamo portare – chiude l’Onorevole –, soprattutto sulla partita tutta da giocare del Recovery Fund, ma non c’è stato verso. Questo è stato un fallimento di tutta la politica, ed una pessima figura”.