È conclamato: l'”Ufficio complicazioni Affari semplici” risiede al secondo piano di piazza Deffeyes. Dopo 18 mesi trascorsi a promettere di reintegrare l’assessore all’Ambiente, senza però farlo, il presidente della Regione Erik Lavévaz, con una mossa ai più incomprensibile, è quasi riuscito a perdere la sua, di poltrona.
Il suo beau geste verso il collega Testolin, il più votato nella lista dell’Union alle scorse elezioni regionali, e coinvolto nell’inchiesta Egomnia ora archiviata, probabilmente nascondeva la paura di farsi sfiduciare dal suo gruppo, innervosito da alcune scelte (o non scelte) del presidente.
Lavévaz, forse, sperava in un appoggio del Comité che però non è arrivato, o che almeno non è stato tale da spegnere le aspirazioni di Testolin. A spegnerle, in realtà, sono state le motivazioni dell’archiviazione, che per opportunità suggerirebbero di non dar corso alla staffetta. Anche la paralisi della macchina amministrativa, che verrebbe a determinarsi, suggerirebbe di fermare l’ennesimo rimpasto in piazza Deffeyes.
Ma perché questo cambio in corsa?
Fuori dall’Union, agli alleati di governo la “staffetta” Lavévaz-Testolin, l’avvicendamento alla presidenza – confermata dal Mouvement stesso – non piace. Un “giallo” che sta prendendo i contorni di una “fumata nera”. La domanda che resta nell’aria è una soltanto: perché si arrivati all’idea di questo cambio in corsa?
Lo stesso Erik Lavévaz non scioglie i dubbi – anzi si dice disponibile a mantenere la sua carica -: “Il movimento ha scelto di dare l’incarico a Renzo Testolin. Il mio è stato un gesto sincero legato alla buona notizia dell’archiviazione dell’inchiesta Egomnia. Era giusto, io stesso ho chiesto al mio movimento di fare una valutazione compiuta. Non voglio però che passi l’idea che io abbia ‘gettato la spugna’, o che non me la senta di continuare in questo ruolo”.
La frenata degli alleati
Per gli alleati questa staffetta “non s’ha da fare“. Ma le geometrie variabili a 18 con gli attuali alleati di maggioranza, sono finite? Anche qui, il presidente – forse meno “a orologeria” rispetto a qualche giorno fa – taglia corto: “Oggi ci sono le Commissioni politiche”.
Ma se il cambio alla presidenza effettivamente non si concretizzerà, Lavevaz dovrà ringraziare i suoi alleati. Ognuno per calcoli e ragionamenti diversi – il Partito democratico vede dietro l’angolo l’allargamento alla Lega, gli altri per timore di perdere alcune posizioni acquisite – sta cercando di stoppare l’incomprensibile passaggio.
L’ha fatto per primo il coordinatore di Alliance Valdôtaine Albert Chatrian, che ha rimandato ancora una volta “la palla” nel campo dell’Union Valdôtaine. Andrea Padovani ha già fatto capire di non gradire il cambio in corsa, e la maggioranza a 18 sembra già un miraggio.
Ma a prendere posizione ufficialmente è il Pd, che ieri sera ha riunito la sua segreteria e in una nota scrive che “oggi, appare di difficile comprensione il cambio di un presidente della Regione che non è mai stato sfiduciato e che gode della stima delle forze politiche che compongono la maggioranza. Non si tratta di un pronunciamento sulle persone, ma a nostro avviso ci vuole maggiore prudenza ed una maggior condivisione rispetto ad un’eventuale scelta diversa che richiede anche passaggi consiliari estremamente delicati”.
“Ci chiediamo se questo sia il momento giusto – dicono ancora i dem –. Lo facciamo avendo massimo rispetto per le scelte che competono ad altre forze politiche ma crediamo che il garante politico della coalizione, vale a dire il presidente della Regione, debba essere condiviso da tutti affrontando insieme, oltre ai nomi per le cariche apicali, anche gli obiettivi programmatici e l’individuazione delle priorità che questa maggioranza vuole darsi”.
La decisione torna quindi in Avenue des Maquisards. E chissà se questa volta sceglierà di far dipanare il bandolo della matassa al suo parlamentino – il Conseil fédéral -, riportando così al centro della scena politica il movimento, come peraltro sempre auspicato dallo stesso Lavévaz, durante la sua presidenza del Leone Rampante.