Durissimo attacco dei sindacati della sanità a USL e Regione: “Da eroi a professionisti dimenticati”

Posizioni molto simili tra i sindacati di categoria, con due note inviate ai giornali in questi giorni. “Prendiamo le distanze da tutto ciò che sino ad ora è stato fatto per la gestione dell'emergenza nei suoi vari aspetti da politica e azienda USL”.
mascherina chirurgica (foto d'archivio)
Società

I sindacati della Sanità non ci stanno. E dopo due mesi di tentativi di dialogo, all’alba della “fase 2”, si dimostrano uniti nel denunciare “tutto ciò che sino ad ora è stato fatto per la gestione dell’emergenza nei suoi vari aspetti da politica e azienda USL”, prendendone le distanze. Nel lungo fine settimana in cui si festeggiano il lavoro e i lavoratori, nel momento più difficile per l’intero Paese, infatti, le organizzazioni sindacali denunciano a chiare lettere “atteggiamenti inaccettabili”, esprimendo la loro fortissima preoccupazione per il futuro. E lo fanno con due lunghe note che hanno come bersaglio la Regione e l’USL della Valle d’Aosta.

A dare il via al fuoco incrociato sono state ieri le sigle della Dirigenza Medica-Sanitaria-Veterinaria pubblica ospedaliera Aaroi-Emac, Anaao Assomed, Cimo, Fp-Cgil Medici, Fesmed, Fvm-Sivemp, Snr-Fassid.


Nessun coinvolgimento nel processo decisionale della politica e dell’USL

“Durante l’emergenza Covid-19, anche in Valle d’Aosta i medici e tutti i sanitari sono stati definiti a più voci “eroi”, “angeli” sia dalla politica, che dalla direzione aziendale e dai cittadini. E mentre i cittadini hanno dato vita ad un concreto e spontaneo movimento di aiuto con raccolte fondi, la direzione aziendale e la politica hanno inizialmente sottovalutato e inseguito le inesorabili implicazioni della pandemia, per poi programmare presente e futuro della sanità pubblica ospedaliera e territoriale senza alcun coinvolgimento proprio degli “eroi” né tantomeno delle organizzazioni sindacali che li rappresentano”.

Atteggiamento antisindacale da parte dell’Usl Valle d’Aosta? Per le OO.SS, pare proprio di sì. “Sino ad ora i sindacati non sono stati consultati o coinvolti dall’Azienda nelle scelte organizzative, delle quali sono venuti a conoscenza solo tramite i mezzi stampa. E nelle tre riunioni sindacali svoltesi in videoconferenza, convocate su specifica richiesta da parte nostra, la direzione strategica si è dimostrata scarsamente collaborativa e talvolta superficiale”.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl: “Ci si auspicava che emergessero dati, programmi concreti e analisi oggettive: tutto ciò non è avvenuto e non sta avvenendo. Ci si chiede se sia stato fatto tutto il possibile per contenere l’epidemia e se siano stati tutelati tutti i lavoratori”.

Cosa non ha funzionato durante l’emergenza

Nel dettaglio, i sindacati evidenziano che “se da un lato lo stato di emergenza ci ha colto impreparati, dall’altro dalla direzione strategica di un’azienda con circa 2500 dipendenti ci si aspetterebbe una maggior efficienza. La formazione all’uso dei DPI è giunta ad epidemia in corso, la formazione dei medici e del personale dei reparti COVID è stata autogestita con incontri mediante teleconferenza e riunioni formative organizzate spontaneamente da alcuni colleghi, nonostante l’epidemia ci avesse dato almeno 15 giorni di tempo per adeguarci. Le stesse indicazioni sulle necessità di esecuzioni di tamponi su colleghi paucisintomatici non hanno avuto un indirizzo unico bensì una quasi “schizofrenica” alternanza”.

A dare fastidio ai sindacati, poi, sono stati “i comodi elogi del lavoro fatto, riportando la bassa prevalenza di dipendenti infettati (anche perché mai testati, nonostante ripetute richieste!) e adducendo lo stato di emergenza a giustificare ogni scelta fatta, ancorché antieconomica ed inefficiente”.

Ed ecco, quindi, una serie di domande che suonano come vere e proprie accuse. “Dove sono i tamponi a tappeto per tutto il personale sanitario? Com’è possibile che proprio un’Azienda sanitaria non si prodighi a mettere in sicurezza prima i propri dipendenti che assisteranno poi i malati?” E ancora, emerge il mancato coinvolgimento nella “pianificazione dei percorsi interni all’ospedale, ovvero la distribuzione interna dei pazienti positivi, negativi oppure ancora dubbi in attesa di tampone, così come la comunicazione degli stessi a chi nel frattempo doveva farli rispettare: porte chiuse, muri abbattuti, ascensori dirottati, senza che la direzione si fosse premurata di darne adeguata informativa”.

Le risposte che i sindacati si danno da soli, sono senza mezzi termini. “Ad oggi i tamponi effettuati al personale sanitario sono irrisori. Qui si parla delle vite delle persone e un atteggiamento del genere è inaccettabile”. L’obiettivo, però, come detto, non è solo l’USL. “Lamentiamo lo stesso atteggiamento anche dalla Regione”.

 

“Non chiediamo soldi ma lavorare di più e insieme”

E’ nel momento delle riaperture, dunque, che i sindacati chiedono un maggior coinvolgimento: “la carta vincente sarebbero l’accordo e la collaborazione che le OOSS cercano e alle quali invitano la direzione aziendale.” Non vi è una richiesta economica, da parte delle sigle Aaroi-Emac, Anaao Assomed, Cimo, Fp-Cgil Medici, Fesmed, Fvm-Sivemp, Snr-Fassid.  “Non chiediamo soldi ma di lavorare di più e di lavorare insieme ai vertici aziendali e alla Regione per costruire una sanità pubblica (e sottolineiamo PUBBLICA) migliore, più efficiente e più sicura in Valle d’Aosta, una volta invidiata eccellenza. Quindi ben venga la presentazione ai media della “fase 2”, ma è auspicabile il coinvolgimento dei medici e sanitari che più di tutti dovranno convivere con questo terribile virus”.

Il progetto del nuovo ospedale: un’occasione per rivedere l’intero sistema?

“Che sia davvero il momento che il progetto del nuovo ospedale prenda corpo? Che sia questa la strada per la separazione tra aree COVID e non COVID? Che sia giunta l’occasione di avere una struttura più versatile, più moderna, con viabilità e accessibilità maggiori (ad esempio con annessa postazione di atterraggio elisoccorso), invece di terminare chissà quando un cantiere a cielo aperto presente dal 2014 e di riunificare i presidi esistenti mediante gli ennesimi ampliamento e ristrutturazione del Parini che costerebbero 169 milioni 269 mila 855 euro di fondi pubblici, con lavori sino al 2040?”

Questi sono gli altri interrogativi lanciati dalle OO.SS. per il futuro. “Probabilmente dare risposte a tali domande non è il ruolo dei medici e dei dirigenti sanitari né delle loro rappresentanze sindacali ma lo stimolo alla discussione in chiave costruttiva è fondamentale, anche perché l’ospedale è innanzitutto il luogo ove sono i sanitari a trascorrere buona parte della loro vita.

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