La voce materna riduce la sofferenza dei bimbi prematuri. La conferma in una ricerca dell’UniVda

I risultati della ricerca, condotta da un gruppo di studiosi dell’Università della Valle d’Aosta, composto dalla Dott.ssa Manuela Filippa e dalla Prof.ssa Mariagrazia Monaci, sono stati riportati in un articolo pubblicato il 27 agosto sulla prestigiosa rivista Scientific Reports
Società

Un bambino che nasce prematuro spesso deve essere separato dai propri genitori e messo in un’incubatrice in un reparto intensivo. Per diverse settimane, viene sottoposto a procedure mediche anche dolorose senza che si possano utilizzare troppi farmaci analgesici in quanto possono essere dannosi per il suo sviluppo. Una ricerca dell’Università della Valle d’Aosta ora conferma che la voce materna riduce la sofferenza dei bimbi prematuri.

I risultati sono stati riportati in un articolo pubblicato il 27 agosto sulla prestigiosa rivista Scientific Reports (Maternal speech decreases pain scores and increases oxytocin levels in preterm infants during painful procedures, Manuela Filippa, Mariagrazia Monaci, Carmen Spagnuolo, Paolo Serravalle , Roberta Daniele e Didier Grandjean), un articolo che ha già ottenuto l’attenzione di numerosi giornali e media internazionali (fra gli altri, The Guardian, Times, Daily Mail, Forbes, Le Matin, Irish Examiner, USA News Wall e un passaggio su BBC news).

All’indagine, svolta da un gruppo di studiosi dell’Università della Valle d’Aosta, composto dalla Dott.ssa Manuela Filippa e dalla Prof.ssa Mariagrazia Monaci, con la collaborazione del Prof. Didier Grandjean dell’Università di Ginevra e dell’Azienda Usl Valle d’Aosta, hanno contribuito finanziariamente numerosi enti territoriali: l’Assessorato regionale alla Sanità, salute e politiche sociali, il Rotary club di Aosta, Zonta Club Aosta e gli stessi Azienda Usl e Università.

“Una risonanza incoraggiante – commenta Mariagrazia Monaci – che sottolinea il valore della collaborazione fra gli enti di ricerca presenti sul nostro territorio e ci sprona a continuare ad indagare sull’importanza della presenza dei genitori nel delicato contesto delle cure intensive. Oltre ad esercitare un ruolo protettivo, il loro coinvolgimento nell’aiutare i loro bambini può aiutare a rinforzare il legame di attaccamento essenziale per lo sviluppo infantile che è dato per scontato coi bambini nati a termine ma può essere compromesso dalla condizione di separazione in cui i bambini prematuri affrontano i primi giorni di vita.”

I risultati osservati dal gruppo di ricerca mostrano che quando la madre parla al suo bambino durante la procedura dolorosa i segnali delle espressioni di sofferenza del bambino diminuiscono e anche il suo livello di ossitocina aumenta significativamente, a indicare una migliore gestione del dolore. Si trova un effetto maggiore quando la madre parla al suo bambino e non quando canta, e ciò può essere spiegato col fatto che parlando la madre adatta maggiormente l’intonazione della voce a quello che percepisce nel suo bambino mentre quando canta è limitata in misura maggiore dalla struttura della melodia.

Per verificare le ipotesi sugli effetti di un precoce contatto con la voce materna, all’Ospedale Parini- Beauregard di Aosta, sono stati seguiti 20 bambini nati prematuri con l’importante collaborazione di Carmen Spagnuolo e tutto lo staff infermieristico, del Dott. Paolo Serravalle e della Dott.ssa Roberta Daniele. Alle loro madri veniva richiesto di essere presenti durante il quotidiano prelievo del sangue, che viene fatto estraendo alcune gocce di sangue dal tallone.

“Si è presa in considerazione la voce materna perché nei primi giorni di vita è solitamente più difficile per i padri essere presenti,  – spiega una nota – ma futuri sviluppi della ricerca prevedono di considerare anche gli effetti della voce paterna”.

Lo studio è stato condotto in tre fasi in tre giorni diversi, permettendo il confronto fra tre condizioni: il primo giorno senza la presenza della madre, il secondo con la madre che parlava al bambino, il terzo con la madre che cantava per il suo bambino, iniziando cinque minuti prima del prelievo e continuando fino a dopo il termine; inoltre, l’ordine di queste condizioni veniva casualmente cambiato. Il momento del prelievo di sangue veniva videoregistrato e le espressioni facciali del bambino erano codificate da osservatori “ciechi” alla condizione in cui era stato effettuato, il video era muto e non si poteva inferire se la madre era o meno presente.

Venivano inoltre misurati indicatori fisiologici quali battito cardiaco e ossigenazione. Fra i principali indicatori, è stata considerato il livello di ossitocina, l’ormone coinvolto nel legame di attaccamento e legato alla modulazione del dolore, misurato raccogliendo un campione della saliva del bambino prima e dopo il prelievo di sangue.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito è protetto da reCAPTCHA e da Googlepolitica sulla riservatezza ETermini di servizio fare domanda a.

The reCAPTCHA verification period has expired. Please reload the page.

Vuoi rimanere aggiornato sulle ultime novità di Aosta Sera? Iscriviti alla nostra newsletter.

Articoli Correlati

Fai già parte
della community di Aostasera?

oppure scopri come farne parte