Quarant’anni fa moriva Bruno Salvadori, il ricordo del figlio

Nato ad Aosta il 23 marzo 1942 da padre toscano e madre friulana, nonostante il suo cognome non terminasse con una “z” o una “t”, aveva SCELTO di essere Valdostano e si era iscritto al Movimento che riteneva meglio rappresentasse la Valle d'Aosta, l'Union Valdôtaine.
Salvadori
Società

Siamo nel 2020 e sono passati 40 anni da quel tragico 8 giugno 1980 nel quale mio padre, Bruno Salvadori, perse la vita in un incidente d’auto. Ci aveva portato al mare, e la domenica pomeriggio aveva deciso di rientrare presto ad Aosta per seguire le fasi finali delle elezioni comunali. Non ci arrivò mai a casa. A Genova Voltri, sull’autostrada Torino Savona, venne coinvolto in un incidente d’auto mortale.

Nonostante siano passati tanti anni, le sue idee, i concetti che teorizzava e la visione lungimirante su tanti aspetti della vita economica, politica e sociale della Valle d’Aosta, ma non solo, sono oggi più che mai di attualità.

Nato ad Aosta il 23 marzo 1942 da padre toscano e madre friulana, nonostante il suo cognome non terminasse con una “z” o una “t”, aveva SCELTO di essere Valdostano e si era iscritto al Movimento che riteneva meglio rappresentasse la Valle d’Aosta, l’Union Valdôtaine. Uno dei principali concetti nei quali credeva fermamente, era l’appartenenza ad un popolo per dei criteri culturali e non di sangue “… l’etnia è una scelta perché non può mai essere un atto passivo, ma esige una lotta costante con tutti i mezzi che ognuno ha a disposizione, per assicurarne la difesa e la proiezione nel futuro”.

Era un infaticabile giornalista. Nel 1972 vinse il premio Saint-Vincent per il giornalismo, nel 1974 divenne Presidente della sezione giornalisti della Valle d’Aosta e nel 1976 divenne Capo ufficio stampa del Governo regionale. Amava la lingua francese ed era membro del “Comité international de l’Union des journalistes et de la presse de langue française” .
Nel 1978 l’Union Valdôtaine vinse le elezioni regionali e mio padre fu eletto Consigliere regionale. Nello stesso anno divenne anche Direttore responsabile del settimanale del Movimento, Le Peuple Valdôtain.
Nel 1979, durante la campagna elettorale per le prime elezioni europee, a Pavia, conobbe Umberto Bossi, al quale illustrò il pensiero federalista e con il quale nacque una profonda amicizia.

Negli anni che seguirono alla morte di mio papà, Bossi ha fatto nascere la Fondazione Bruno Salvadori per gli studi sul federalismo, gli ha dedicato la sala riunioni della Lega al Parlamento italiano, precedentemente intitolata ad Aldo Moro, e ha fatto inserire una copia dei suoi libri nella biblioteca del Parlamento europeo a Bruxelles.
Alle prime elezioni europee, in associazione con diversi movimenti federalisti, associazioni culturali ed etniche, raccolse 17.500 preferenze, non sufficienti per essere eletto, ma più che sufficienti per aver dato voce alle rivendicazioni dei popoli alpini e al federalismo.

Il 1980, che in un articolo sul Peuple Valdôtain del 27 dicembre 1979 definì “Une année d’espoirs” lo vide molto attivo, fino a quando l’incidente d’auto spense la sua giovane vita.
Negli anni nei quali si dedicò alla politica, si occupò anche di sport tradizionali, architettura, tradizioni, musica e di valorizzare tutti gli aspetti culturali valdostani, ma non solo. Affrontò argomenti delicati che divennero una realtà decenni dopo la sua morte, come la proprietà delle acque, che amava definire “il petrolio valdostano”, l’autostrada, le ferrovie, la nascita di una banca valdostana, invitare il Papa in Valle d’Aosta (Giovanni Paolo II sceglierà la Valle d’Aosta per le sue vacanze estive dal 1989).

Ma la questione più importante, alla quale dedicò un grandissimo impegno politico, fu il federalismo, la nascita di un’Europa dei popoli per la valorizzazione del particolarismo e delle minoranze etniche, e per avere un rappresentante valdostano al Parlamento europeo, che si concretizzò nel 2000 con l’elezione di Luciano Caveri.
Mio padre è stato davvero un precursore. Purtroppo il destino non gli ha permesso di esprimere tutto il suo potenziale.
Non possiamo sapere se la situazione politica attuale riflette quello che era il suo pensiero e, soprattutto, se la Comunità europea del 2020 è quella per la quale aveva lottato, ma quello di cui si può essere certi è che avrebbe continuato a lavorare per mantenere l’autonomia, le tradizioni e la cultura della Valle d’Aosta, per portarla al centro del panorama europeo e per dare un’identità a quelle realtà chiamate “Nazioni senza Stato”.
Ad Aosta, la piazza antistante la Chiesa di Saint-Martin si chiama “Bruno Salvadori” e, nel 2011, il Governo regionale gli ha dedicato la Biblioteca regionale.

I libri pubblicati:
“Perché sono autonomista” del 1966 e ”Perché essere autonomista” ristampato nel 1978
“Lo tsan sport popolare valdostano” del 1971
“Viaggio intorno ad un artista” del 1972
“Aosta – Guida – VDA” del 1977
“Valle d’Aosta dimensione uomo” del 1979
“Walser témoignage d’une civilisation” del 1979

Massimo Salvadori

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