Dopo aver fatto cadere, secondo le indagini della Squadra Mobile della Questura, “neve” in quantità sul quartiere Cogne e nel centro di Aosta, oggi, giovedì 14 novembre, sulle teste di “quei bravi ragazzi” (dal nome dell’operazione della Polizia in cui erano finiti in manette) si sono abbattute le sentenze del processo che li ha visti protagonisti. Nell’udienza odierna, decisa dopo che la settimana scorsa il pm Luca Ceccanti aveva avanzato le sue richieste di pena, il Gup Davide Paladino ha pronunciato tre condanne e applicato un patteggiamento.
Per il marocchino 29enne Yassine Samir, considerato il gestore del “giro” sgominato dalla Sezione narcotici della Questura, il giudice ha prolungato, portandola a 5 anni di carcere, una precedente sentenza (l’accusa aveva invocato 4 anni e 6 mesi). L’uomo era stato arrestato due volte, tra il 2017 e il 2018, sempre per questioni legate agli stupefacenti. Dall’inchiesta si era distinto come colui che si occupava degli approvvigionamenti di “coca” (che avvenivano da Torino) e di fissare gli appuntamenti per le cessioni ai clienti.
Gli altri tre imputati, ritenuti i “corrieri” del “giro”, hanno preso strade processuali diverse. Mariana Camelia Paun è stata condannata a 1 anno e 8 mesi di reclusione (la richiesta era di 3 anni), mentre a suo figlio, il 19enne Claudiu Padure, sono stati inflitti 2 anni (anche per lui il pm aveva sollecitato al Gup 3 anni). Entrambi, come Samir, avevano scelto di essere giudicati con il rito abbreviato. Il giovane, peraltro, è riuscito a collezionare, nella mattinata di oggi, anche un’altra condanna, relativa ad un secondo processo in cui era alla sbarra.
Il giudice monocratico Marco Tornatore lo ha infatti ritenuto colpevole di evasione (è stato trovato due volte fuori di casa, nello stesso giorno, il 4 maggio di quest’anno, mentre era sottoposto agli arresti domiciliari), condannandolo a 20 mesi di libertà controllata (Pm Sara Pezzetto). Al ragazzo, peraltro, la misura detenzione in abitazione concessa nel mattino in cui era scattato il “blitz” della Polizia (lo scorso 7 febbraio) era stata aggravata, incarcerandolo, perché ritenuto aver continuato l’attività di spaccio anche tra le mura domestiche.
Tornando al processo sullo spaccio, il quarto ed ultimo imputato, il nordafricano Youssef Cheraa, ha patteggiato 2 anni e 4 mesi di reclusione. Le indagini erano partite ad inizio 2018. Secondo gli investigatori della Mobile, coordinati dal commissario capo Eleonora Cognigni, il gruppo riusciva a movimentare 1.300 euro di dosi di “bamba” ogni due mesi, per un volume d’affari di 1.600 euro al giorno. Tra gli stratagemmi adottati dai “pusher”, il linguaggio “in codice”, chiamando “ragazzi” le dosi di stupefacente.
L’operazione antidroga aveva poi avuto un seguito, lo scorso luglio, grazie allo sviluppo di elementi raccolti seguendo cessioni e perquisendo le abitazioni degli indagati, quando con tre arresti e una misura cautelare nella rete della Polizia erano finiti coloro che, agli occhi degli inquirenti, hanno “ereditato” il traffico decapitato con il primo “blitz”. Si tratta di altre quattro persone (tre arrestate e una sottoposta a misura cautelare) in attesa di giudizio.