Operazione “Drug delivery”, quando la droga viene consegnata a casa. 6 indagati, 2 arrestati

Ai domiciliari è finito Omar Atioui, valdostano classe '98 e Simone Nerucci di Grosseto. La droga viaggiava attraverso servizi di corriere ignari del contenuto dei pacchi. Il percorso, tra Spagna Valle d'Aosta e Toscana, ricostruito dalla Polizia attraverso le chat su Facebook, Instagram, WhatsApp, Telegram e Wickr
I due ai domiciliari dopo l'operazione Drug Delivery
Cronaca

Un vero e proprio “triangolo dello spaccio” che aveva come vertici Barcellona, Aosta e Grosseto, fatto di consegne a domicilio e una fitta rete – tutti giovanissimi – di conversazioni spezzettate tra chat di Facebook, Instagram, WhatsApp, Telegram e Wickr, app che fa della sicurezza dei suoi messaggi la sua caratteristica principale.

A fare luce sulla “Drug Delivery” – questo il nome dell’operazione – la Squadra mobile della Questura di Aosta. Sei gli indagati – tra i quali un minore, un diciassettenne deferito alla Procura dei minorenni di Torino – e due le persone agli arresti domiciliari con l’accusa di detenzione e spaccio di droga: Simone Nerucci, classe ’99, di Grosseto e Omar Atioui, nato nel 1998 e residente a Morgex, già noto alle forze dell’ordine per la rapina ad una ragazza nel Centro di Aosta due anni fa.

Lo scorso 28 maggio Atioui fu “pizzicato” in flagranza di reato dalla Polizia al momento della consegna di due pacchi – a casa della fidanzata a Plan Félinaz, frazione di Charvensod – contenenti sostanze stupefacenti. La perquisizione nell’abitazione fece saltar fuori 833 grammi lordi di marijuana, 1900 euro in contanti ed il materiale per il confezionamento.

Tra gli oggetti sequestrati – la base dell’operazione “Drug Delivery” – lo smartphone di Atioui: “È stata un’indagine vecchio stampo – spiega il commissario capo della Questura Francesco Filograno -, senza intercettazioni. Assieme al sostituto procuratore, il dottor Introvigne, abbiamo deciso di fare una copia forense del telefono, trovando all’interno una mole considerevole di dati tra sistemi di messaggistica, Facebook, Instagram e applicazioni che neanche conoscevamo”.

Centinaia di conversazioni analizzate dagli agenti, di difficile individuazione: “C’era uno ‘slang’ nella messaggistica non facile da capire – prosegue Filograno -, frasi spezzettate, soprannomi”.

I pacchi – consegnati tramite corriere – partivano da Barcellona da un mittente fittizio ed arrivavano a Plan Félinaz, a casa della compagna di Atioui.

Qui si inserisce il filone toscano dell’indagine, complicato dal fatto che – spiega ancora il comandante della Polizia – “tra i due arrestati, Atioui e Nerucci, non c’è mai stato collegamento o una chat. Nessuna relazione tra loro. Nelle chat di Instagram Atioui parlava conPunch710’, un utente da identificare, per gestire la trattativa per l’acquisto dello stupefacente. Atioui decideva il tipo e la quantità della sostanza, attraverso un’ampia scelta, che poteva poi facilmente vendere assieme agli altri quattro suoi ‘cavallini’ sulla piazza valdostana”.

La serra di Grosseto

https://www.facebook.com/questuradellavalledaosta/videos/vb.198707466926709/3477495598977605/?type=2&theater


L’utente “Punch710” chiede – sempre in chat – di fare un bonifico intestato a due residenti nel grossetano: Nerucci, arrestato e messo ai domiciliari, e un altro indagato che però non era in casa all’arrivo degli agenti perché in Spagna.

Nei pressi dell’abitazione di Nerucci “Abbiamo trovato un ‘arsenale’ – spiega Filograno – una dépendance allestita come una serra professionale con vari macchinari, ventilatori, lampade al neon e 80 piante di marijuana di qualità. Nella sua stanza invece c’erano un chilo di hashish e marijuana, con alcune sostanze già in ovuli, diecimila euro in contanti, bilancini di precisione e grinder. In più sono state sequestrate delle piccole scatoline dette ‘Live budder’”, una sorta di “ceraconcentrata derivata dalla cannabis capace di potenziarne esponenzialmente gli effetti e che anche Ateoui stesso reperiva tramite il minore coinvolto.

“Un fenomeno sempre più allarmante”

La preoccupazione della Polizia è chiara: “La digitalizzazione dei servizi è stata capita anche dagli spacciatori – spiega ancora Filograno -, è una nuova frontiera. Come per tutti altri gli prodotti si è capito che conviene farsi spedire gli stupefacenti che non comprarli in strada, evitando così ai pusher di essere intercettati. In questo caso si veicolavano informazioni anche attraverso le storie di Instagram, e, per quanto i soggetti erano piuttosto raffinati sono anche degli adolescenti ed è stato facile da queste ‘storie’ trovare degli errori, come quando mostravano il modo di sbriciolare il ‘Live budder’”.

“Tracciare i bonifici in contanti, attraverso le foto sui cellulari del pagamento, è stato facile – chiude il comandante -. Altri pagamenti invece sono stati fatti in bitcoin, e sono fenomeni ancora parzialmente da scoprire. Ad esempio Telegram è molto più riservato di WhatsApp, e c’erano chat con migliaia di persone in cui ci si scambiava contatti per comprare droga. Un fenomeno che diventa sempre più allarmante”.

 

0 risposte

  1. Siete vergognosi… Due ragazzi di poco più di 20 anni sbattuti in prima pagina con tanto di foto segnaletica ingrandita, ma pensate che questio sia giornalismo?

    1. Sì, perché era una conferenza stampa indetta dalla Questura stessa. Ci hanno convocati per spiegare l’operazione fatta nei dettagli. Quindi sì, è giornalismo.

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