Aveva eletto Chamonix a sua residenza, dopo alcuni anni passati a Gressoney e Verbier, il freerider professionista Luca Pandolfi, che ha perso la vita nella valanga che lo ha travolto e ucciso nel pomeriggio di oggi, mercoledì 17 marzo, in un canalone sopra Flassin, a Saint-Oyen. 47 anni, originario di Asti, prediligeva lo splitboard (la tavola che può essere divisa in due parti, usandola come sci per la salita dei pendii), che aveva ai piedi anche oggi, e si era misurato con alcune tra le sfide verticali più impegnative al mondo, come l’Himalaya in Nepal, le Ande in Perù e i monti Zagros in Iran.
Il Soccorso Alpino Valdostano è intervenuto in elicottero nella zona, a circa 1.800 metri di quota, attorno alle 14.30. Per individuare (ed estrarre) il corpo senza vita dello sciatore c’è voluto l’olfatto delle unità cinofile, depositate al suolo assieme ai tecnici. Pandolfi, non certo uno sprovveduto, era dotato di Artva, ma lo ha perso quando la massa nevosa lo ha investito. Sul posto, i soccorritori hanno trovato anche un altro freerider, illeso, che era impegnato nella discesa ed ha assistito alla tragedia. E’ sotto choc e da subito è stata attivata l’assistenza degli psicologi dell’emergenza.
I finanzieri del Sagf di Entrèves, impegnati nelle operazioni di riconoscimento formale della vittima e nella ricostruzione dell’accaduto, lo hanno sentito alcune ore dopo. Così come hanno raccolto le testimonianze di un altro gruppo, di tre sciatori, presente nell’area, che non è stato coinvolto dal distacco. La salma di Pandolfi è stata portata in camera mortuaria a Courmayeur, dove domattina avverrà il riscontro esterno da parte del medico-legale.
Alla nostra regione, Pandolfi era legato dalla passione per alcune cime (aveva definito quella della Sentinella Rossa, sul Monte Bianco, la discesa che maggiormente lo ha colpito, trovandola “più che una gita in snowboard, un viaggio in un’altra dimensione”), ma anche dai legami sviluppati con alcuni appassionati valdostani. Nel 2018, assieme ad Ettore Personnettaz, Alfredo Cannavari, Alessandro Letey ed Edoardo Camardella, era stato tra i protagonisti della “discesa con neve incredibile”, testimoniata dal film “Grivola” del videomaker Dario Tubaldo, lungo la parete nord-ovest della montagna che domina la Valle di Cogne.
Per una di quelle trame che il destino si diverte a fare e disfare a suo piacimento, un altro dei componenti di quel gruppo (“Edo” Camardella, di La Thuile) aveva incontrato la morte sotto una valanga, nel novembre 2019, a Punta Helbronner. Quando non sciava, Pandolfi si dedicava ad hobby che, comunque, gli permettevano di mantenere la forma, compresi il surf e lo slackline, ma anche a discipline più rilassanti, come la fotografia, la musica (“mi piacciono un po’ tutti i generi, ho studiato tre anni di batteria e tre di percussioni africane”) e i viaggi (“riesco però ad essere anche molto introspettivo, pratico un po’ di yoga e meditazione”).
“Prima di ‘droppare’ nella linea che sto per scendere, – aveva dichiarato anni fa – mi concentro focalizzandomi sul respiro e sul momento presente, poi mi dico ‘qui, ora’”. Una filosofia di cui sono intrisi i video proposti a più riprese sul suo profilo Facebook, dov’era seguito da quasi 3.500 persone. L’ultimo lo aveva pubblicato ieri e, dopo il tragico incidente odierno, quella discesa a perdifiato in solitaria in un bosco resterà la testimonianza più nitida della reputazione che il 47enne si era conquistato a livello internazionale, cercando di ridefinire i canoni dello snowboard.
Nulla osta ai funerali
Dalla Procura di Aosta è giunto il nulla osta alle esequie di Luca Pandolfi. Gli accertamenti svolti dal Sagf di Entrèves sulla valanga costata la vita allo snowboarder non hanno messo in luce responsabilità di terzi. E’ stato aperto un fascicolo “modello 45”, per fatti che non costituiscono notizia di reato, nel quale è confluita l’attuale ricostruzione dei finanzieri, per cui la massa di neve si è staccata, al passaggio del 47enne in splitboard, in corrispondenza di una “placca a vento”.