Uno studio, che ha coinvolto anche Arpa, scopre i fattori principali del comportamento degli ecosistemi

Lo studio, pubblicato sulla rivista "Nature", ha identificato tre fattori chiave del comportamento degli ecosistemi: la massima capacità di assimilare CO2 dall’atmosfera attraverso la fotosintesi, l’efficienza d’uso dell’acqua, e quella del carbonio per produrre biomassa.
Torgnon, il sito di monitoraggio dell'assorbimento di CO2 da parte degli ecosistemi appartenente alle reti di ricerca Europee ICOS e eLTER (foto - Marta Galvagno, licenza CC4-BY)
Società

Gli ecosistemi terrestri svolgono diverse funzioni fondamentali per le dinamiche naturali e forniscono servizi vitali per il benessere e lo sviluppo economico e sociale, come la fotosintesi – l’assorbimento di CO2 ed il rilascio di ossigeno –, la produzione di biomassa e di cibo e la regolazione del ciclo dell’acqua e del clima.

I cambiamenti climatici e ambientali e l’impatto dell’azione dell’uomo minacciano continuamente queste funzioni ecosistemiche. Per capire come gli ecosistemi terrestri stanno rispondendo e risponderanno in futuro a queste minacce è fondamentale individuare quali siano le funzioni principali che regolano il loro complesso comportamento in modo da studiarne e monitorarne lo stato di salute, l’efficienza e poterne prevedere l’evoluzione nel tempo.

Per questo, un gruppo di ricercatori internazionali, guidato daldottor Mirco Migliavacca del Max Planck Institute for Biogeochemistry di Jena, in Germania, e comprendente studiosi provenienti dagli istituti italiani di Arpa Valle d’Aosta, Istituto per la BioEconomia del CNR, Libera Università e Ripartizione Foreste di Bolzano, Università degli Studi di Milano-Bicocca e Università della Tuscia di Viterbo, ha cercato di rispondere a questa domanda, utilizzando dati ecologici ed ambientali ricavati da reti globali di stazioni di misura, combinate con osservazioni satellitari, modelli matematici, metodi statistici e di inferenza causale.

“Siamo stati in grado di identificare tre fattori chiave che riassumono il comportamento degli ecosistemi: la massima capacità di assimilare CO2 dall’atmosfera attraverso la fotosintesi, l’efficienza d’uso dell’acqua, e l’efficienza d’uso del carbonio per produrre biomassa – spiega Migliavacca, primo autore della recente pubblicazione sulla prestigiosa rivista Nature –. Usando solo questi tre fattori possiamo spiegare più del 70 per cento della variabilità delle funzioni ecosistemiche”.

Lo studio

In particolare, i ricercatori hanno analizzato lo scambio di anidride carbonica, vapore acqueo ed energia in 203 siti di monitoraggio distribuiti globalmente – ben 16 dei quali in Italia – e che coprono una grande varietà di zone climatiche e tipi di vegetazione. Per ogni sito sono state misurate ed elaborate proprietà ecologiche dell’ecosistema, variabili climatiche e del ciclo dell’acqua, così come caratteristiche della vegetazione e dati di biomassa derivati da satellite.

L’analisi dei dati ed i modelli utilizzati hanno determinato che le tre funzioni chiave identificate sono a loro volta legate ad una serie di caratteristiche quali la struttura (altezza e biomassa), allo stato nutrizionale (azoto fogliare) ed il vigore della vegetazione, tutte proprietà che possono essere influenzate dai disturbi e regolate da una corretta gestione delle foreste.

Allo stesso tempo, l’efficienza nell’uso dell’acqua e del carbonio dipende in modo critico anche dal clima e soprattutto dalla lunghezza e frequenza dei periodi di siccità, il che mette ancora una volta in evidenza la rilevanza del cambiamento climatico in atto per il funzionamento degli ecosistemi negli anni a venire e la necessità di considerare il loro adattamento.

I ricercatori italiani

Il team italiano è composto da Edoardo Cremonese, Gianluca Filippa e Marta Galvagno dell’Arpa Valle d’Aosta, Giorgio Matteucci del Cnr-Ibe, Leonardo Montagnani della Libera Università di Bolzano, Cinzia Panigada e Micol Rossini dell’Università di Milano Bicocca e Dario Papale dell’Università della Tuscia di Viterbo.

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