Iniziato a fine 2020, si è chiuso nella serata di oggi, lunedì 20 giugno, al Tribunale di Palmi – per gli imputati che avevano scelto il dibattimento ordinario – il processo “Altanum”, sulle frizioni tra due cellule della criminalità organizzata calabrese, con proiezioni fino alla nostra regione. Così come avvenuto nel procedimento con rito abbreviato, i giudici hanno riconosciuto l’esistenza di un’associazione di tipo mafioso, ma non tutti gli imputati a giudizio sono stati ritenuti farne parte. Su nove accusati di appartenenza alla ‘ndrangheta, cinque infatti i condannati e quattro gli assolti.
Le condanne più elevate
16 anni e 6 mesi di carcere sono stati inflitti a Mario Gaetano Agostino (77 anni, Carapanzano), presunto capo della “locale” di San Giorgio Morgeto (il pm Salvatore Rossello aveva chiesto, per lui, 22 anni e 6 mesi). Michele Raso (59), ritenuto gestire “le comunicazioni tra gli appartenenti” al sodalizio attivi in Calabria e “quelli operativi in Valle d’Aosta” è stato condannato a 13 anni e 6mesi (l’accusa aveva invocato 12 anni). Suo fratello Vincenzo Raso (68), ritenuto dagli inquirenti avere lo stesso compito, è stato invece assolto “per non aver commesso il fatto”. Assoluzione, con la medesima formula, è giunta anche per colui che veniva considerato altra figura del clan: Vincenzo Raffa (44). Per entrambi, il pubblico ministero aveva insistito per la colpevolezza, sollecitando 12 anni.
Le altre condanne (ed assoluzioni)
Sempre in fatto di supposta appartenenza all’associazione mafiosa, condanne a 12 anni di carcere ognuno sono giunte per Giorgio Raffa (51), Raffaele Sorbara (51) e Tommaso Fazari (60), in accoglimento dell’invocazione della Dda diretta da Giovanni Bombardieri. Assolti dalla medesima imputazione, sempre “per non aver commesso il fatto”, Giuliano Sorbara (48) e Giuseppe Facchineri (51). L’accusa aveva invocato 12 anni per il primo e 21 per il secondo. Per Facchineri, omonimo di un altro arrestato nel blitz del 17 luglio 2019, condannato in abbreviato come capo clan della cosca di Cittanova, sono però scattate le condanne per due reati fine. Si tratta di un’estorsione (4 anni e 6 mesi) e di un furto (2 anni, 2 mesi e 20 giorni), per cui il Collegio giudicante ha tuttavia escluso la matrice mafiosa.
La rilettura di “Tempus Venit”
L’inchiesta ha preso le mosse anche da una rilettura, con collocazione in un contesto mafioso più ampio, del tentativo di estorsione al centro dell’inchiesta “Tempus Venit” del Gruppo Aosta dell’Arma, nel 2011. Stando alle investigazioni, era stato perpetrato dalla cosca Facchineri ai danni dell’imprenditore di origini sangiorgesi Giuseppe Tropiano della “Edilsud”, al tempo impegnata nella costruzione del parcheggio dell’ospedale “Parini” di Aosta. Ricevuta la richiesta economica (un milione di euro), era stato ricostruito che l’impresario non denunciò, ma si rivolse al clan avversario. Una “evoluzione” da cui discese, nell’impostazione accusatoria, la tensione tra le due cellule di ‘ndrangheta. Le indagini avevano visto tre arresti anche in Valle d’Aosta.
Stupefacenti: quattro assolti
Nel processo conclusosi in serata, comparivano anche gli imputati di un altro filone d’indagini che aveva riguardato la Valle. Si trattava della presunta associazione tra Veronica Fonte (33), Gianluca Cammareri (32), Maurizio Napoli (48) e Michele Fonte (57) per un traffico di stupefacenti. Aderendo alla richiesta dello stesso pubblico ministero, i giudici hanno però pronunciato sentenza di assoluzione per tutti e quattro “perché il fatto non sussiste”. L’ipotesi accusatoria – che il verdetto odierno, tuttavia, non riscontra – era che uno dei quattro avrebbe reperito ed acquistato in Calabria lo stupefacente (della marijuana), trasportandolo in Valle con “camion facenti capo a ditte di trasporti”, mentre gli altri tre lo avrebbero smerciato.
10mila euro di danni alla Regione
In sentenza, Mario Gaetano Agostino, Michele Raso, Giorgio Raffa, Raffaele Sorbara e Tommaso Fazari vengono condannati anche al risarcimento del danno nei confronti della Regione Autonoma Valle d’Aosta, che si era costituita parte civile nel procedimento. La somma è stata liquidata definitivamente in 10mila euro, oltre alla rifusione di spese legali per 2.600 euro. Le richieste del pm Rossello erano state avanzate nell’udienza dello scorso 31 maggio, quindi le arringhe delle difese (l’avvocato aostano Ascanio Donadio rappresentava Veronica Fonte e Gianluca Cammareri ed ha espresso “grande soddisfazione” per l’esito del procedimento) si sono succedute nelle udienze arrivate sino ad oggi. Le motivazioni del verdetto letto stasera (il collegio era presieduto dal giudice Pina Porchi) sono attese entro 90 giorni.
Una risposta
E non è che la punta dell’iceberg.