E’ slittato ulteriormente quest’oggi, martedì 28 febbraio, il processo al Tribunale di Aosta nei confronti della ex deputata Sara Cunial, accusata di rifiuto d’indicazioni sulla propria identità personale, oltraggio e minaccia ai componenti di una pattuglia della Guardia di finanza, in occasione di un controllo nel periodo pandemico. A motivare il nuovo rinvio, due elementi. Da un canto, il fatto che il difensore con cui l’imputata ha sostituito il legale che l’aveva assistita sinora non si sia presentato all’udienza odierna (venendo sostituito “seduta stante”, per il solo aggiornamento processuale, da un collega presente per altra causa).
Dall’altro, che non è pervenuta dalla Camera dei Deputati la delibera sull’autorizzazione a procedere nei confronti della già parlamentare, a seguito dell’eccezione di insindacabilità sollevata, lo scorso 7 giugno, dalla difesa di Cunial. Il processo era, in quel momento, in fase avanzata: giunto alla quarta udienza e dopo una decina di testimoni sfilati in aula. Si era quindi fermato e, in ragione dell’imprevedibilità di quando potrà pervenire al Tribunale la comunicazione del Parlamento, il giudice Marco Tornatore ha rinviato al 10 ottobre prossimo.
Il procedimento “in pausa”
Gli episodi da cui trae origine il procedimento iniziato il 4 febbraio dello scorso anno risalgono al 24 aprile 2021, quando Cunial (non rieletta il 25 settembre 2022 e che concluse la precedente legislatura nel Gruppo misto, dopo l’espulsione dal M5S) si trovava nel capoluogo regionale (allora in “zona rossa”) per prendere parte ad una manifestazione contro la didattica a distanza e le misure di contenimento del Covid-19. Secondo l’avvocato dell’allora Deputata, nel dibattimento “è stato palesato che i fatti si sono tenuti sotto il palco di una manifestazione di cui l’onorevole era relatrice, sulla incostituzionalità dei Dpcm”, quindi – era stata la tesi difensiva – nell’esercizio del proprio mandato parlamentare.
Nell’ordinanza sull’eccezione, il giudice monocratico Tornatore aveva osservato che la questione non era stata sollevata d’ufficio dal Tribunale perché considerata “manifestamente infondata”, giacché “non sussiste infatti alcun collegamento tra l’esercizio dell’attività parlamentare e l’accusa mossa in questa sede”. La normativa di riferimento (la legge 140 del 2003) stabilisce tuttavia che se il magistrato non ritiene di accogliere l’eccezione proposta da una parte, deve trasmettere copia degli atti alla Camera dei Deputati, affinché decida.
Il processo era stato quindi sospeso, in attesa della deliberazione parlamentare. Era stata fissata una udienza, per il successivo 11 ottobre, per verificare se, e in che termini, il Parlamento avrebbe deliberato sulla questione, ma tale appuntamento si è risolto in un primo slittamento, vista l’assenza dell’atto. Il pm Francesco Pizzato si era opposto all’eccezione, citando sentenze pregresse per cui l’insindacabilità “non è un privilegio personale” e occorre un “chiaro riferimento funzionale” tra i fatti oggetto del giudizio e il mandato parlamentare per la fondatezza dell’obiezione.
Le accuse e le testimonianze divergenti
Secondo l’accusa, Cunial in un primo tempo – dinanzi ad un locale di via Gramsci, dove la pattuglia delle “Fiamme Gialle” era intervenuta su segnalazione di un assembramento – non aveva consegnato documenti ai militari. In seconda battuta, dopo che i finanzieri l’avevano raggiunta vicino al palco della manifestazione in piazza Chanoux, nell’impostazione accusatoria avrebbe consegnato un tesserino della Camera, per poi riprenderlo arbitrariamente dalle mani di un operante.
Inoltre, stando alla contestazione mossa dalla Procura, la ex Deputata avrebbe minacciato uno dei due finanzieri di fargli avere dei problemi qualora il locale del controllo iniziale fosse stato raggiunto da sanzioni o provvedimenti (cosa peraltro poi accaduta, vista la chiusura temporanea in ragione dell’assembramento riscontrato). Tali circostanze erano state ricostruite in modo divergente nell’udienza precedente, tanto che il pm Pizzato aveva ipotizzato la falsa testimonianza per quattro testimoni citati dalla difesa. L’accusa aveva quindi richiesto di sentire due agenti della Digos della Questura di Aosta, che avevano assistito ai fatti in piazza (dove erano in servizio per la manifestazione). L’istanza era stata accolta dal giudice, nell’esigenza anche di dirimere le differenze emerse.
Le ulteriori testimonianze
I due poliziotti hanno deposto lo scorso 7 giugno, ricordando la “discussione animata” in corso nei pressi del palco, tra Cunial, i finanzieri e altre persone, per cui si erano avvicinati a verificare la situazione, preoccupati soprattutto per le possibili ricadute in termini di ordine pubblico (in piazza c’erano circa 200 persone quel pomeriggio). Entrambi hanno confermato che l’allora Deputata levò di mano il tesserino a un militare e che la stessa proferì al pubblico ufficiale parole che – pur non ricordate testualmente (uno dei due ha rammentato “vi rovino”) – assumevano il senso di una minaccia.
Altri due testimoni (citati dall’avvocato dell’ex parlamentare, con la “prova contraria”) hanno ribadito una versione diversa, sostenendo che fu il finanziere a riconsegnare il tesserino alla Deputata e che militari e Cunial si salutarono, prima di allontanarsi (“la ho vista molto ben disposta, quello è il suo carattere, la conosco” ha detto un altro relatore di quel pomeriggio). Discrepanze che sono finite nuovamente a verbale (una testimone ha sostenuto di non ricordare di aver visto gli agenti della Digos in quella circostanza), ma la sorte del processo resta legata al voto della Camera dei Deputati.
2 risposte
Una parlamentare eletta e pagata dai cittadini…PUAH!!!
Coraggio, ancora qualche rinvio e arriviamo alla prescrizione! Alla faccia della pattuglia della guardia di finanza. Ma, si sa, come diceva il Marchese nel Grillo : io sono io e voi non siete un c…o.