Bimba morta dopo le visite, un medico: “in 9 anni, solo decesso per influenza A”

Nuova udienza quest’oggi, martedì 22 novembre, del processo in cui è imputato il pediatra Marco Aicardi (38 anni, Verrayes), in relazione alla morte della piccola Valentina Chapellu, sopraggiunta il febbraio 2020 in un ospedale torinese.
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Cronaca

“Sono nove anni che faccio l’anestesista-rianimatore ed è l’unico caso di morte che ho visto per influenza A”. Con queste parole, un medico del reparto di rianimazione dell’ospedale pediatrico “Regina Margherita” ha risposto al pm Francesco Pizzato sulla pericolosità del virus da cui era afflitta Valentina Chapellu, la bimba di 17 mesi morta il 17 febbraio 2020 nel nosocomio torinese, dopo diverse visite al “Beauregard” di Aosta.

Una risposta data nell’ambito dell’udienza di oggi, martedì 22 novembre, del processo che vede imputato, per omicidio colposo, il pediatra Marco Aicardi (38 anni, Verrayes), che aveva visitato la piccola ventiquattr’ore prima che la sua situazione precipitasse. Nella sua deposizione, il rianimatore torinese, in turno all’arrivo della neonata, ha ricordato che la bimba arrivò all’ospedale piemontese in “condizioni da subito gravi dal punto di vista clinico”.

Situazione complessa da subito

Dal punto di vista polmonare, ha aggiunto, “avevamo una radiografia molto compromessa, abbiamo dovuto massimizzare le terapie” e i referti degli esami effettuati restituivano anche una “polmonite sovrainfettante dell’influenza A”, virus isolato successivamente nell’organismo di Valentina (di cui una “grave complicanza batterica” è indicata come causa di morte dalla perizia svolta in incidente probatorio).

L’ospedale infantile “Regina Margherita”.

Niente valutazioni su medici Aosta

Il medico non ha poi riscontrato la circostanza, raccontata nella scorsa udienza dal padre della bimba, per cui all’arrivo a Torino ai genitori sarebbero state espresse valutazioni circa presunte negligenze dei medici aostani. “Mi sono probabilmente limitato a dire che prendevo atto, – ha sottolineato – perché su un caso critico non si conosce la situazione”.

Visita solo dopo le minacce di chiamare i Carabinieri? “No”

Ad escludere un altro episodio emerso in aula è stata poi l’infermiera che ha assistito alla visita svolta al “Beauregard” dal dottor Aicardi l’11 febbraio dell’anno scorso, quella alla base dell’imputazione. La madre della bambina aveva riferito che il pediatra si sarebbe inizialmente allontanato, per poi visitare la paziente solo dopo la minaccia della genitrice di chiamare i Carabinieri, ma l’operatrice sanitaria è sbottata in un sonoro: “Ma stiamo scherzando?!”.

“Non se n’è andato. – ha continuato – Ha chiesto se era stato contattato il medico curante e lei ha risposto di sì, ma senza aver avuto risposta, quindi tornava per questo. Io ho assistito a tutta la visita”. La donna si è quindi rivolta direttamente alla madre di Valentina, al banco come parte civile nel processo, e ha affermato: “me lo dica in faccia che ci ha minacciato di chiamare i Carabinieri”.

“Non ho competenze per valutare”

La tensione tra l’accusa e la testimone (con diverse opposizioni sia del legale dell’Usl, chiamata in causa quale responsabile civile, sia del difensore dell’imputato, l’avvocato Pietro Obert di Torino) si è poi alzata sulle parole – anch’esse restituite dalle deposizioni dei genitori nella precedente udienza – che l’infermiera avrebbe pronunciato durante le manovre di rianimazione della piccola, la sera del 12 febbraio, vale a dire che alla visita del giorno prima non dovesse essere dimessa.

“Non ho competenze per valutare l’operato di Aicardi. – ha affermato la testimone, anche dopo il richiamo del giudice Marco Tornatore a rispondere con esattezza sull’accaduto, giunto dopo diversi ‘non ricordo’ – Non ho mai auscultato la bambina. Ho applicato le cure indicate dal medico, ho rilevato dei parametri, oggettivamente, con dei macchinari”. Dicendo dell’imputato, l’infermiera ha definito “notorio” che non abbia un carattere espansivo, probabilmente il “meno affabile”, ma “non ho la competenza per giudicare”.

Le condizioni sembravano stabili

Tornando agli attimi che hanno preceduto il trasferimento di Valentina al “Parini” e poi a Torino, dove la piccola ha perso la vita cinque giorni dopo, l’infermiera ha ricordato che “eravamo tutti sconvolti”, ma ad un certo punto “era intubata, saturava a 100. Pensavo con sincera convinzione che la rianimazione fosse avvenuta con successo”. L’udienza proseguirà, il prossimo 6 dicembre, per sentire altri testimoni.

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