Cancelli con simboli “nazi”, condanna anche in appello

Per il 57enne di Saint-Vincent Fabrizio Fournier, i giudici di secondo grado hanno confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Aosta nel 2021: 5mila euro di sanzione per propaganda e istigazione a delinquere.
cancello posto sotto sequestro a saint vincent - Foto Simone Fortuna
Cronaca

Anche in secondo grado il processo sull’apposizione, sui cancelli di un’abitazione a Saint-Vincent, di simboli ricondotti dagli inquirenti al regime nazista finisce con una condanna. All’imputato, il 57enne della cittadina termale Fabrizio Fournier, la Corte d’Appello di Torino ha confermato la sentenza di primo grado: 5mila euro di sanzione per propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa.

La decisione dei giudici è arrivata nel primo pomeriggio di oggi, mercoledì 22 novembre. Il processo nel capoluogo piemontese si era aperto lo scorso 11 luglio, quando il sostituto procuratore generale aveva invocato il riconoscimento, da parte della Corte, della colpevolezza dell’imputato, ribadendo la pena inflittagli nel 2021 al Tribunale di Aosta. Permangono così, per Fournier, che attraverso l’avvocato Enrico Pelillo di Bergamo aveva impugnato la sentenza di primo grado, anche i versamenti nei confronti delle parti civili nel processo.

Il processo di primo grado

Il 7 luglio 2021, al Tribunale di Aosta, oltre alla sanzione da 5mila euro il giudice monocratico Maurizio D’Abrusco aveva stabilito anche il risarcimento, da parte dell’imputato, dei danni morali alle parti civili costituitesi nel giudizio, quantificati in 20mila euro per la comunità ebraica di Torino (che, assistita dall’avvocato Tommaso Levi, aveva depositato una querela sui fatti), 10mila euro alla Regione Valle d’Aosta (rappresentata dal capo dell’avvocatura interna, il legale Riccardo Jans) e 5mila euro al Comitato provinciale Valle d’Aosta dell’Anpi (assistita dall’avvocato Ascanio Donadio), oltre al rimborso delle rispettive spese processuali.

L’imputato Fabrizio Fournier (a destra), in primo piano l’avvocato Pelillo.

Le indagini

Il pm Francesco Pizzato, nella precedente udienza del processo, aveva chiesto di condannare Fournier a 3 mesi di carcere. Le indagini, sviluppate dalla Digos della Questura di Aosta a partire dal 2018, avevano visto inizialmente il sequestro dei cancelli, sui quali il proprietario dello stabile aveva posto l’aquila e i triangoli, che per la Procura erano quelli utilizzati dal Terzo Reich, rispettivamente, in una sua effige e per la “classificazione” dei prigionieri nei campi di sterminio. Dopodiché, attraverso perquisizioni ed atti d’indagine successivi, gli inquirenti avevano contestato all’uomo ulteriori condotte volte a negare la Shoah.

Tra queste, la pubblicazione di una foto su Facebook in cui Fournier (noto come “Nazi” tra i suoi amici e insofferente ad essere nato nel giorno della memoria, secondo le risultanze degli accertamenti) era ritratto “mentre effettua il saluto romano in luogo pubblico”, nonché la diffusione (con l’invio a più persone tramite WhatsApp) di video di Robert Faurisson, studioso francese di cui Fournier condivideva i clip, mirati a smentire lo sterminio, con argomenti del tipo “le camere a gas sono delle ‘bufale’ servite per far passare per ‘mostri’ persone che non lo sono state per niente, come il grande Adolf Hitler”.

Le udienze

Il processo, iniziato il 10 dicembre 2020, ha visto sfilare in aula una decina di testimoni citati dalle parti. Alcuni di loro avevano collocato le conversazioni intercettate dalla Polizia (in cui non mancavano i “Viva il Duce” e “noi non siamo di destra… siamo fascisti”) in interlocuzioni goliardiche con l’imputato (“ci interfacciamo così”, ha detto un testimone). Per parte sua, il diretto interessato, difeso dagli avvocati Enrico Pelillo di Bergamo e Danilo Pastore di Ivrea, nella fase iniziale dell’inchiesta aveva allontanato l’ipotesi nazista, giustificando i simboli con la sua passione per l’esoterismo e alcuni filosofi tedeschi.

Le reazioni delle parti

L’accusa sosteneva che l’insieme di episodi finiti nei capi d’imputazione travalicasse la libera manifestazione del pensiero, sconfinando nell’istigazione (anche per il fatto che i cancelli si affacciassero su una strada regionale, a percorrenza sostenuta) e nella propaganda. La sentenza del 2021, per l’avvocato Levi, fissa, in particolare attraverso un’aggravante riconosciuta dal giudice, un principio ritenuto un “punto di partenza” per la comunità ebraica, vale a dire che “si possono propagandare idee fondate sul razzismo anche attraverso il negazionismo della Shoah”.

Un’affermazione di responsabilità che, secondo il legale, “per una pena per quanto lieve” dice che “un paese democratico deve difendere quella che è la storia di questo continente” e “deve lottare per combattere queste idee che si portano dietro odio, razzismo e quant’altro”. Per l’avvocato Donadio, il giudice ha affermato che “l’utilizzo di questi simboli è reato”, tesi che “sostenevamo e sosteniamo ancora oggi”. La difesa dell’imputato, con l’avvocato Pelillo, lasciando il Tribunale ha sottolineato che “la pena è particolarmente modesta”, perché non ha carattere detentivo, e alle parti civili il giudice ha riconosciuto “solo il danno morale”. Dalle motivazioni della sentenza, la decisione di proporre ricorso in appello, finito però con un pronunciamento conforme al primo grado.

2 risposte

  1. Faccio notare come il nome sia premonitore di un pensiero o azione, in questo caso aberrante. Destino?
    Se uno mette su un traduttore Four nier ecco che in spagnolo esce “horno nega”, , in tedesco “ofen leugen” e in italiano ovviamente negare forno.

  2. Bè se deve pagare qualche decina di migliaia di euro perlomeno gli hanno tolto due anni, di età, se nell’articolo del 2019 il “cinquantacinquenne Fournier” si ritrova 4 anni dopo nell’articolo odierno con “57 anni ” ha una bella fortuna.

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