Processo Geenna, il pm: “L’infiltrazione di ‘ndrangheta in Valle risale agli anni ’80”
Circa tre ore. Tanto ha annunciato, quale tempo della sua requisitoria nell’udienza del processo Geenna, su infiltrazioni di ‘ndrangheta in Valle, iniziata da poco al Tribunale di Aosta, il pm Stefano Castellani della Dda di Torino. Il rappresentante dell’accusa ha premesso che si occuperà della ricostruzione del reato associativo contestato, facendo anche un’analisi della storia delle indagini in merito, per poi analizzare le posizioni dei tre imputati accusati di aver fatto parte della “locale” aostana (Antonio Raso, Alessandro Giachino e Nicola Prettico) e dei due presunti concorrenti esterni nel sodalizio (Marco Sorbara e Monica Carcea).
Il rappresentante dell’accusa non è però solo in aula. Con lui sono presenti anche il co-intestatario del fascicolo, il sostituto procuratore Valerio Longi, che affronterà successivamente una parte di requisitoria sulle risultanze investigative e processuali di Egomnia (l’inchiesta, anch’essa dei Carabinieri del Reparto Operativo del Gruppo Aosta, sul condizionamento delle elezioni regionali 2018 da parte della ‘ndrangheta). Assieme ai due intestatari del fascicolo, sui banchi dell’accusa, siede anche il procuratore capo di Torino, Anna Maria Loreto, già coordinatrice della Dda, che aveva supervisionato l’indagine.
In apertura dell’udienza, come previsto, il collegio giudicante presieduto da Eugenio Gramola ha chiesto alle parti eventuali ultime produzioni documentali. Tra gli altri, la Procura distrettuale ha depositato la sentenza del Gup di Torino dello scorso 17 luglio, con cui sono stati condannati quattro altri presunti componenti della “locale” aostana, arrestati nel blitz del 23 gennaio 2019 che avevano scelto il rito abbreviato. Inoltre, sono state consegnate, per l’acquisizione al fascicolo processuale, alcune sentenze con valutazioni sull’attendibilità dei pentiti sentiti nell’udienza “Geenna” all’aula bunker del carcere di Torino.
Gli imputati sono tutti in aula. I tre accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso sono ancora in carcere, e ad accompagnarli è la Polizia penitenziaria, mentre gli altri due (ai domiciliari) hanno raggiunto Palazzo di giustizia a piedi, a fianco dei loro difensori. All’arrivo a Palazzo di Giustizia, il consigliere regionale sospeso Marco Sorbara è stato accolto dall’applauso di un gruppo di amici (alcuni dei quali legati al mondo dell’hockey, disciplina da lui praticata a lungo), parenti e conoscenti. Una presenza che ha visibilmente commosso l’imputato, che in giornata – come gli altri quattro – è atteso però da altre emozioni, con le parole del pm, che culmineranno nelle richieste di pena.
Esordendo nella requisitoria, il pm Castellani ha ricordato la frase intercettata nell’indagine “Lenzuolo”, una delle prime sulla presenza ‘ndranghetista in Valle (archiviata e mai giunta a processo): “Dobbiamo mettere i nostri uomini nell’Union Valdôtaine”. “E’ lo stesso identico schema – ha aggiunto il sostituto procuratore – che abbiamo registrato in questo processo”. Da qui, l’osservazione “l’infiltrazione in Valle risale forse agli anni ’70. Sicuramente agli anni ’80. Altroché territorio vergine. C’era un ‘locale’ negli anni ’80”.
Per poi evocare la vicenda che coinvolse l’ex presidente Augusto Rollandin nel 1993, co-imputato di voto di scambio assieme a Francesco Raso (in secondo grado arrivò l’assoluzione), di cui un pentito disse che “era il capo-bastone in Valle”, un “dato giudiziario di estrema importanza”, perché “ritroviamo, anche qui, quelle medesime dinamiche in essere vent’anni fa”. Quindi, i processi più recenti, “Hybris” e “Tempus Venit”, quest’ultima sulla “modifica degli equilibri delle ‘ndrine in Valle” (poi sfociata nell’operazione “Altanum” della Dea di Reggio Calabria). E la storia continua. Continuerà per buona parte della giornata.