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Spaccio e reati “alla luce del sole”: in manette un’intera famiglia

La Squadra Mobile della Polizia, nell’operazione scattata all’alba, ha arrestato Giuseppe Lombardi e la sua ex moglie Angelina Angiulli, assieme ai loro figli Simone ed Angelo. Droga, usura, ricettazione e rapina impropria le contestazioni a vario titolo.
Cronaca

Otto mesi d’indagini, iniziate nell’ottobre 2019, e in manette è finito un intero stato di famiglia. Il “core business” del nucleo era un giro di cocaina e marijuana al quartiere Cogne di Aosta, ma dalle investigazioni della Polizia sono emersi anche altri reati, ritenuti funzionali all’approvvigionamento e allo smercio dello stupefacente: usura, ricettazione e rapina impropria, contestati a vario titolo a cinque persone. Tutti commessi, come ha spiegato il Capo della Squadra Mobile Francesco Filograno in conferenza stampa, “praticamente alla luce del sole”. Da qui, il nome dell’operazione scattata all’alba di oggi, martedì 16 giugno, denominata “Sunshine”.

In quattro agli arresti

Ai domiciliari, in applicazione dell’ordinanza del Gip del Tribunale (cui l’aveva richiesta il pm Luca Ceccanti), sono finiti Giuseppe Lombardi e la sua ex moglie Angelina Angiulli. Le porte del carcere si sono aperte, invece, per i loro figli, Simone ed Angelo Lombardi, uno dei quali era già detenuto. Nella ricostruzione della Polizia il padre organizzava lo smercio, che ruotava in particolare attorno ad un bar (il “Nord”, in via Cesare Battisti), di cui aveva la disponibilità. Ad esserne i protagonisti materiali erano però i due ragazzi, che si recavano a Torino e Milano per recuperare la droga (la cocaina veniva comprata, su quelle piazze, a 30 euro al grammo e rivenduta ad Aosta a 100) e poi la cedevano ai clienti (sono stati identificati una quarantina di assuntori, tutti tra i 20 e i 30 anni).

La madre “proteggeva” i figli

Angelo e Simone, però – ha sottolineato il commissario capo Filograno – “ne facevano una più del Diavolo” e quando le cose si mettevano male, nonostante non fosse più sua moglie e avesse pochi rapporti con lui, era Angiulli a telefonare al padre per chiedere consiglio su come risolvere i loro problemi. E non era infrequente che, nonostante i fratelli avessero “la convinzione di essere immuni, non sapendo che erano sotto indagine”, combinassero qualche “pasticcio”. D’altronde, dall’incrocio tra le immagini della videosorveglianza e delle celle telefoniche agganciate dai loro telefoni, è emerso che per i “viaggi” verso le “capitali” del rifornimento (anche in periodo di “lockdown”) usassero delle auto destinate a non passare inosservate, giacché provento di furto.

La rapina impropria ad un supermercato

Proprio al rientro di uno di quegli spostamenti, lo scorso 22 maggio, Angelo era stato fermato una prima volta. Intercettato dalla Polizia (sulle sue tracce, a seguito della segnalazione del furto dell’auto di cui era alla guida), si è dato alla fuga ed è stato bloccato dopo un lungo inseguimento. La commissione di reati, tuttavia, era mirata anche al procurarsi il denaro per l’acquisto di cocaina e marijuana. In un caso, Angelo è stato accompagnato dalla madre ad un supermercato, il Carrefour di Saint-Christophe, “per consumare un furto, che ha svoltato però in rapina impropria”.

La guardia giurata di servizio si è infatti accorta dell’accaduto e ha chiesto di visionare la merce, ma Lombardi ha resistito e si è allontanato, salendo in auto. Al volante c’era Angiulli, che ha minacciato il vigilante “che lo avrebbe messo sotto”. Il valore della merce sottratta era esiguo, 40 euro, ma – è la valutazione degli inquirenti – comprando a 30 euro il grammo anche un atto del genere era utile a “fare cassa per potersi procacciare lo stupefacente”. Nelle perquisizioni scattate nel “blitz” sono anche stati trovati quattro giubbotti risultati rubati in un punto vendita Oviesse, oltre a 700 euro in contanti, tutta considerata “merce di scambio” per la droga.

L’usura e il reddito di cittadinanza

Partendo dal contenuto di alcune intercettazioni svolte, a carico di Giuseppe Lombardi è stata avanzata anche l’accusa di usura. “Parlava con alcune persone di ‘prestiti’, – ha spiegato Filograno – ma i riscontri con le persone offese hanno evidenziato che per concedere 1.400 euro ne chiedeva 1.000 di interessi”. Sono due gli episodi del genere contestati, non necessariamente legati a questioni di droga: in un caso una persona gli aveva chiesto denaro “per gestire una sua attività commerciale”. Malgrado le attività discretamente remunerative, Giuseppe, ha osservato il Dirigente della Mobile, “era anche percettore di reddito di cittadinanza, nonostante i soldi non gli mancassero”.

Sequestrata una slot illegale

Perquisendo le case degli arrestati, gli agenti hanno sequestrato pure dei cellulari, che permetteranno “la ricerca di elementi non solo sull’attività posta in essere, ma anche su quella che stavano predisponendo”. Trovata anche, nel sotterraneo del bar Nord, una slot machine per il gioco d’azzardo illegale, di quelle non collegate con il ministero dello Sviluppo economico, che funzionano a gettoni. Da quanto appurato dagli inquirenti, i giocatori li cambiano alla cassa del locale e “se riesci a fare tris (è una sorta di videopoker) e guadagni 50 gettoni, a mia volta te li cambierò in altre monete”. A tale meccanismo vengono ricondotti i 1.000 euro rinvenuti in un sacchetto dietro la cassa del bar.

Individuato un “pusher autonomo”

La macchina è stata posta sotto sigillo e ora “si vedranno i provvedimenti del caso”. Le auto usate per i “viaggi” a Torino e Milano, in tutto quattro-cinque, “verranno tutte restituite agli aventi diritto”. Nell’inchiesta è emersa anche la figura di Giuseppe Vona, ben presto delineatosi però come un “pusher autonomo”. Gli viene contestato lo spaccio, anche perché trovato stamane in possesso di stupefacente (per quanto in quantità non particolarmente elevata), ma avrebbe operato in modo “disgiunto” dall’attività della famiglia. Nei suoi confronti è scattato l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Una “ditta individuale”, insomma, accanto ad una Srl dello spaccio.

0 risposte

  1. Valle d’Aosta bellissima ma ormai umanamente inquinata da una cultura – per usare un eufemismo – molto lontana dalla sua.

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