Circa sei ore per illustrare elementi ed episodi sulla base dei quali la Direzione Distrettuale Antimafia di Torino contesta, a processo, l’organizzazione, la gestione e l’attività di una locale di ‘ndrangheta in Valle d’Aosta. Le hanno spese, nell’udienza tenutasi oggi, venerdì 7 febbraio, nel palazzo di giustizia del capoluogo piemontese, i pm Stefano Castellani e Valerio Longi. La loro requisitoria era rivolta ai dodici imputati che hanno scelto il rito abbreviato, dinanzi al Gup Alessandra Danieli.
Guardando al filone “valdostano” delle indagini, sviluppato dai Carabinieri del Reparto Operativo, si tratta di Marco Fabrizio Di Donato, di suo fratello Roberto Alex Di Donato, di Francesco Mammoliti e di Bruno Nirta. Tutti rispondono dell’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. Il primo, ritenuto dagli inquirenti il capo del sodalizio aostano, anche di tentato scambio politico-mafioso, in relazione alle elezioni comunali del 2015, e di concorso in lesioni personali.
Alla sbarra ci sono pure Salvatore Filice (non individuato dall’inchiesta quale ‘ndranghetista, ma imputato per concorso in tentata estorsione e violazione delle norme sulle armi), Roberto Bonarelli e Giacomo Albanini. Gli ultimi due compaiono per favoreggiamento (avrebbero rivelato al ristoratore aostano Tonino Raso, altro presunto partecipe del sodalizio, la presenza di “cimici” nel suo locale), così come Giancarlo Leone, che ha però manifestato – tramite il suo difensore – la volontà di richiedere patteggiamento.
Parlando in mattinata per circa tre ore e mezza, il pm Castellani ha ripercorso, con piglio “storico”, varie evidenze emerse nel tempo da attività d’indagine, della presenza della ‘ndrangheta in Valle, con elementi embrionali rispetto al sodalizio al centro del procedimento odierno. Inoltre, si è soffermato, esemplificando la capacità d’intimidazione dell’associazione, su alcuni episodi, come quello che ha appunto coinvolto Filice, che si caratterizzano per le dinamiche estorsive.
Il collega Longi, nel pomeriggio, per quasi due ore e mezza ha sviluppato, tra l’altro, le tesi d’accusa sull’influenza politico-elettorale attuata dalla “locale” (che aveva nel “rapporto significativo” con il mondo politico uno degli elementi caratterizzanti individuati dalla Dda). L’udienza si è chiusa con l’aggiornamento a lunedì 17 febbraio, quando toccherà ad Anna Maria Loreto, già coordinatore della Direzione ed oggi Procuratore capo di Torino, completare la requisitoria (venendo anche alla parte d’inchiesta sul traffico internazionale di stupefacenti tra Italia e Spagna, in cui è coinvolto l’avvocato torinese Carlo Maria Romeo).
In quella stessa occasione sono previsti gli interventi delle parti civili costituitesi nell’udienza. Si tratta dell’associazione “Libera VdA” (rappresentato dall’avvocato Vincenza Rando), del Comune di Aosta (avvocato Gianni Maria Saracco), della Regione Valle d’Aosta (tramite l’avvocatura interna, per la sola posizione di Bruno Nirta) e del comune di Saint-Pierre (avvocato Giulio Calosso).
Per quest’ultimo, il commissariamento dell’ente valdostano votato ieri dal Consiglio dei Ministri “non è una sorpresa”, giacché “dalla lettura degli atti si ricava che, secondo le indagini della procura, uno degli assessori, Monica Carcea, era nelle mani della ‘ndrangheta, la cui protezione sarebbe stata ripagata con favori che compromisero l’imparzialità e la buona amministrazione”. Secondo Calosso, “lo scioglimento è sicuramente una macchia”, ma “non bisogna pensare che tutta l’amministrazione sia responsabile”, come dimostrato dalla “costante conflittualità tra la Carcea e il resto della Giunta”.
L’udienza davanti al Gup Danieli proseguirà, con le arringhe dei difensori degli imputati, nelle udienze già programmate per il 27 febbraio, 4, 5 e 19 marzo. Nel frattempo, al Tribunale di Aosta, prenderà il via, l’11 marzo, il processo per i cinque imputati a giudizio con il rito ordinario (tra i quali gli ex assessori di Aosta e Saint-Pierre Marco Sorbara e Monica Carcea, accusati di concorso esterno al sodalizio, e del consigliere comunale aostano sospeso Nicola Prettico, ritenuto organico alla “locale”). Destini processuali divisi, dopo che per anni, agli occhi degli inquirenti, hanno trovato convergenza nella fedeltà alla causa della ‘ndrangheta.