Tunnel del Monte Bianco: Rete civica dice no al raddoppio

Tra le accuse mosse dal partito al progetto caldeggiato da Confindustria figurano il mancato rispetto delle politiche europee, una errata valutazione economica e un eccessivo impatto ambientale.
Tunnel Monte Bianco.
Economia

Rete civica prende posizione e punta il dito contro l’insostenibilità e l’irrealizzabilità del progetto di raddoppio del Tunnel del Monte Bianco caldeggiato nei mesi scorsi da Confindustria. La conferenza stampa della serata di oggi, mercoledì 8 febbraio, è stata per il movimento l’occasione per illustrare alcune delle ragioni del proprio schieramento nonché per trovare risposta ad alcuni interrogativi circa il passato e il futuro di una delle principali infrastrutture della regione.

L’iniziativa di Confindustria

Risale ad alcuni mesi fa la campagna avviata da Confindustria tra Valle d’Aosta, Piemonte e Liguria volta a sondare la fattibilità dell’iniziativa concernente il Tunnel del Monte Bianco. Già vagliata ma successivamente accantonata dal Governo capeggiato da Silvio Berlusconi, essa si ispira alle idee dell’allora Ministro delle infrastrutture Pietro Lunardi e viene allora inserita nella correlata Legge obiettivo. Secondo l’organizzazione rappresentativa delle imprese italiane, rilanciare tale prospettiva permetterebbe di arginare le ripercussioni economiche che la futura chiusura delle gallerie per manutenzione straordinaria potrebbe generare negli anni a venire. Infatti, a fronte della necessità di rifacimento del manto stradale e della volta, sono state ipotizzate le due alternative della soppressione del servizio lungo 3 mesi all’anno per 18 anni oppure dell’interruzione totale per 3 anni.

La politica europea

Tra il 1984 e il 2019, il traffico stradale proveniente e diretto in Francia, Svizzera e Austria è cresciuto a dismisura, spingendo le forze europee ad adottare politiche capaci di deviare le merci dalla strada alla ferrovia.

“Tra le più grandi opere oggetto di finanziamento ricordiamo la nuova trasversale ferroviaria alpina terminata nel 2020, il terzo valico dei Giovi in conclusione entro il 2026 e la galleria di base del Montecenisio e la galleria di base del Brennero ambedue in completamento entro il 2032 – ha elencato Elio Riccarand del direttivo di Rete civica -. Questo abbozzato raddoppio della galleria del nostro Tunnel non fa che entrare in contraddizione con la politica sinora adottata di riduzione della circolazione di mezzi pesanti su gomma”.

Le ricadute economiche

Nell’ambito di un passato progetto Interreg coordinato dalla Valle d’Aosta sono stati redatti tre rapporti circa le possibili correlazioni tra il periodo di chiusura del Tunnel del Monte Bianco nel triennio tra l’incendio del marzo del 1999 e la riapertura del marzo del 2002 e le condizioni economiche francesi e italiane che prendono il titolo di “Études sur les retombées économiques du Tunnel sous le Mont-Blanc et sur les conséquences socio-économiques de la fermeture du Tunnel en Valleé d’Aosta et Haute Savoie”.

“Accanto a un andamento invariato di economia, turismo ed edilizia, l’unico comparto che ha riscontrato alcune difficoltà è stato quello dell’agricoltura ma per motivazioni non dovute all’infrastruttura – ha continuato ancora Riccarand -. Gli unici anni di reali variazioni nell’andamento del prodotto interno lordo della regione sono il 1999 del grave incidente, il 2009 della crisi economica e il 2020 della pandemia”.

Da sinistra Elio Riccarand, Sarah Burgay, Alain Nahmias e Antoine Martin
Da sinistra Elio Riccarand, Sarah Burgay, Alain Nahmias e Antoine Martin

La questione politica

La conferenza stampa odierna è stata peraltro l’occasione per Rete civica di consegnare pubblicamente un dossier concernente le più recenti scelte economiche e stradali della politica valdostana.

“Dal settembre del 1999 al settembre del 2012, il Consiglio regionale ha approvato 4 risoluzioni e 2 mozioni accomunate da diversi aspetti tra cui il rifiuto del progetto di raddoppio, la necessità di ridurre il traffico dei tir e l’urgenza di trasferire su corridoi ferroviari il trasporto merci attraverso le Alpi – ha concluso Riccarand -. Tale linea chiara e costante si è interrotta all’inizio del mese di dicembre del 2022, quando si è deciso di adoperarsi presso il Governo italiano per azioni che assicurino un futuro certo all’itinerario attraverso il Monte Bianco anche con scelte di separazione del traffico”.

Traffico e inquinamento

Nonostante la risoluzione del Consiglio regionale datata 7 marzo del 2002 che impone una riduzione dei transiti nelle gallerie del Tunnel di almeno il 50%, dagli 800 mila passaggi annui del 1998 si è raggiunta quota 600 mila passaggi annui, 200 mila in più rispetto alla soglia auspicata dei 400 mila passaggi.

“Le principali cause dell’inquinamento atmosferico tanto in Valle d’Aosta quanto nella Valle dell’Arve sono riscaldamento, automobili e veicoli e industria – ha spiegato il presidente dell’Association respect site du Mont-Blanc, Antoine Martin -. Si tratta di un’autentica catastrofe di livello sanitario che ogni anno provoca numeri di morti per via di una concentrazione di particelle nocive superiore rispetto ai limiti indicati dall’Organizzazione mondiale della sanità”.

Tra l’imposizione di specifiche tassazioni sui passaggi e la creazione di limitazioni orarie alla circolazione dei mezzi pesanti, Piemonte, Francia e Svizzera sono stati in grado nel tempo di ridurre parte dei transiti su ruota che quotidianamente percorre le proprie strade.

“Il traffico alpino su strada rappresenta circa l’80% del totale e, in un momento di forte cambiamento climatico come questo, è illogico e ridicolo dal punto di vista ambientale agire per aumentarlo anziché per ridurlo – ha commentato il vicepresidente dell’Arsmb, Alain Nahmias -. Confindustria e le aziende credono di avere bisogno di spostamenti su gomma per poter vendere un numero maggiore di merci, ma i passaggi dei tir sono nell’ultimo tempo diminuiti perché le persone tendono ad acquistare prodotti locali e immediatamente disponibili”.

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