Il Comitato per la riforma elettorale attacca, per il referendum si pensa ora al ricorso

Le contestazioni alla decisione del presidente del Consiglio Bertin sono state presentate in conferenza stampa dal Comitato. Riccarand ha spiegato: "La procedura per il referendum consultivo è diversa da quella per l’abrogativo ed il propositivo". Poi la domanda sul silenzio della politica: "I partiti in Consiglio cosa pensano dell'elezione diretta del presidente della Regione?".
Il Comitato per la riforma elettorale
Politica

I margini per il referendum consultivo sulla riforma elettorale in autunno – dopo la richiesta in Commissione di approfondimenti alla Commissione referendaria che sembrava farlo inesorabilmente slittare almeno 2023 – ci sono.

A dirlo, in conferenza stampa, è lo stesso Comitato per la riforma elettorale, per voce di Elio Riccarand, nume tutelare di Pcp, che ha snocciolato la Legge regionale 19 del 25 giugno 2003:  “La procedura prevista per arrivare all’indizione del referendum consultivo è diversa da quella per l’abrogativo ed il propositivo. L’articolo 45 comma 3 dice che il presidente della Regione può indire la consultazione dopo dieci giorni dalla trasmissione della delibera consiliare da parte del Presidente del Consiglio”.

In chiaro, prosegue Riccarand, “L’interpretazione data non è pertinente. Non solo il referendum consultivo deve essere indetto dieci giorni dopo la trasmissione della delibera, in qualunque momento questa capiti, ma c’è un altro aspetto: non è vero che se il Consiglio non delibera nell’adunanza del 22 giugno non si può votare in autunno. Perché fanno testo i dieci giorni dal verbale di attestazione della verifica delle firme. Ed il nostro verbale è stato trasmesso il 10 giugno”.

La referente del Comitato, Gabriella Poliani, dice: “Posso titolare questa conferenza stampa ‘Il Re è nudo’. Una storia carina se non fosse drammaticamente attuale. Un nemico invisibile ci ha spogliato di tutte le certezze. Un rimedio c’è: seguire le regole, rispettarle e farle rispettare”.

Un ricorso dietro l’angolo, forse anche un Consiglio straordinario

Visto che al questione sollevata è procedurale, un ricorso contro la decisione regionale non è da sottovalutare. Né da escludere. Ed il Comitato, infatti, non lo fa: “Lo stiamo valutando – aggiunge ancora Riccarand -. Se questo nodo non si scioglie c’è una omissione di atti d’ufficio. Non avere inserito la questione nell’adunanza del 22 giugno è grave, ma intendiamo chiedere un Consiglio regionale straordinario entro fine mese. Su un tema così rilevante e decisivo per il futuro è opportuno”.

Il problema, però, sta nei tempi, come dice Raimondo Donzel di Area democratica: “Tecnicamente un ricorso si può fare ma allungherebbe i tempi. Prima va risolto il nodo politico”.

L’atteggiamento “gravissimo” del presidente Bertin

Al centro delle critiche, il presidente del Consiglio Valle Alberto Bertin.

“L’atteggiamento del presidente Bertin è al di là delle sue prerogative – ha tuonato Alberto Zucchi, Fratelli d’Italia – non aveva il diritto di demandare il voto alla Commissione”. Anche Emily Rini, coordinatrice di Forza Italia, usa parole difficilmente male interpretabili: “L’atteggiamento tenuto in aula dal presidente del Consiglio è gravissimo, dovrebbe essere il garante della democrazia. Ha anche scaricato la colpa sulla Commissione abdicando di fatto al proprio ruolo”.

Dove sono i partiti politici?

La domanda che riecheggia in conferenza stampa tira in ballo partiti e movimenti politici, chiusi in un silenzio che – per il Comitato – ha del paradossale. O forse dell’inspiegabile.

“Credo che oggi si debba fare un funerale alla democrazia – spiega Patrizia Pradelli del MoVimento 5 stelle -. Quando ci avviciniamo alle elezioni veniamo chiamati a votare, ma quando il cittadino chiede un cambiamento c’è uno sbarramento”. Zucchi coglie la palla al balzo: “Noi riteniamo necessario che anche in Valle d’Aosta ci sia un presidente della Regione eletto dalla popolazione. Vorremmo capire le forze politiche cosa ne pensano. Un mini referendum sul campo l’abbiamo fatto. Ottenere, nel giro di tre settimane, 3.363 firme dà il senso di quanto la gente ritenga necessario cambiare le regole del gioco”.

Giovanni Girardini, Renaissance, gioca la carta più “politica”: “In Commissione abbiamo assistito ad un ‘menare il can per l’aia’ adducendo cose banali dalle due forze politiche pesanti in Consiglio (Lega e Union, ndr.). Questo la dice lunga. Vuol dire, ed è stato palese, che il valzer degli ultimi mesi si interrompe d’estate di facciata e a settembre riprende tale e quale”.

Marco Curighetti, Azione, aggiunge: “Il referendum chiede la partecipazione della popolazione e da lì verrebbe fuori ciò che i valdostani vogliono fare, chiedono e pensano. Sarebbe interessante di permettere loro di esprimersi”.

La versione di Bertin

In contemporanea alla conferenza stampa – “ad orologeria”, si direbbe – arriva una lunga nota proprio del presidente del Consiglio Bertin, che difende l’interpretazione dei suoi Uffici: “In via generale, l’attivazione, per la prima volta dalla sua introduzione, dell’istituto del referendum consultivo su iniziativa degli elettori rappresenta un fatto di rilievo, indice della volontà di partecipazione, da parte della popolazione valdostana, su un tema peraltro importante quale quello del sistema elettorale regionale e che impone al Consiglio regionale la massima attenzione. Proprio in virtù della rilevanza tanto dell’istituto attivato, quanto del tema a cui lo stesso attiene, una volta concluse, con esito positivo, le operazioni di verifica sulla validità della richiesta di referendum, condotte, con intenso lavoro degli uffici, in poco più di due settimane a fronte dei 25 giorni previsti, si è subito affrontata la questione dell’iscrizione all’ordine del giorno del Consiglio della deliberazione”.

Scelta fatta “nell’ottica di valorizzare dell’operato del Comitato promotore” ma anche “salvaguardando la ratio della consultazione”, prosegue Bertin che spiega come “su esplicita richiesta, la stragrande maggioranza dei gruppi consiliari della prima Commissione si è dichiarata nell’impossibilità di assumere una decisione nel prossimo Consiglio. Non tenere in considerazione l’orientamento dei gruppi consiliari significherebbe riproporre la stessa discussione svoltasi in Commissione con l’esito scontato di un rinvio o peggio di una sbrigativa bocciatura della richiesta di referendum consultivo”.

“Sarà cura della Presidenza del Consiglio – chiude la nota – assicurare la massima attenzione rispetto alle evoluzioni della questione, in primis, in sede di approfondimento in prima Commissione consiliare, nell’ottica – già evidenziata – di assicurare la più efficace prima attivazione dell’istituto del referendum consultivo”.

Questione che non chiude la partita, anzi: “Con tempismo incredibile è arrivata una risposta del presidente del Consiglio che ha fatto fare un comunicato seduta stante – ha detto Donzel -. Lui continua nella sua operazione paradossale: un campione delle lotte referendarie esce con un lunghissimo comunicato che elogia i suoi Uffici che hanno dovuto controllare le firme”.

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