“Perché siamo in zona rossa se poi ci dicono che di Covid non si muore?”

Riceviamo e pubblichiamo la testimonianza di una lettrice che ci scrive dalla zona rossa di Verrayes, raccontandoci le sue "disavventure" nel tentativo di occuparsi del padre ammalato.
Zona rossa a Saint-Denis, Chambave e Verrayes - immagine d'archivio
I lettori di Aostasera

Gentile redazione del giornale AostaSera, vi scrivo in merito ad un episodio accaduto questa mattina, a mio modo di vedere gravissimo. Vi racconto quanto è successo e vorrei che sia reso pubblico, per capire se siamo su scherzi a parte o che cosa. Io sono una residente di Verrayes, come ormai è noto ci troviamo in zona rossa. Mio papà non sta bene e presenta possibili sintomi di Covid: si è autoisolato in un altra abitazione, giovedì si è recato dal proprio medico il quale ha sottoposto a cura antibiotica per focolaio polmonare senza richiedere nessun tampone.
Oggi, sabato 17 ottobre, decidiamo di richiamare il medico curante. Il medico risponde di stare tranquilli che ci penseranno lunedì per un eventuale tampone. Io da figlia molto preoccupata per lo stato di salute di mio papà chiamo il comune di Verrayes e a loro volta mi invitano a chiamare il 118 , cosa che faccio spiegando la situazione in cui ci troviamo, appunto spiegando che il tampone sarebbe stato
richiesto lunedì. Alla mia domanda “ma lunedì non è troppo tardi” dallo stesso personale del 118 gentilissimo e disponibile, mi viene risposto…di stare tranquilli che tanto di Covid non si muore. Rimango basita da tale risposta tant’è che la mia risposta è  stata: “bene allora facciamolo sapere al Presidente della regione Vda, Renzo Testolin, che ha deciso di metterci in zona rossa”. La domanda a cui vorrei una sua risposta è: “Perché allora noi che stiamo bene non possiamo recarci sul nostro posto di lavoro, avendo dichiarato zona rossa 3 interi comuni e mettendo in ginocchio un intera economia?”
Detto ciò  ringrazio gli
operatori del 118 che mi hanno messo in contatto con il reparto Covid che si sta tempestivamente muovendo per far si che a mio papà venga fatto il tampone a domicilio. Scioccata da questo e tanti altri episodi , vorrei veramente capire per quale motivo ci continuano a rinchiudere nella nostre abitazioni come appestati, dal momento che come mi è stato risposto e come i dati a oggi dimostrano, in Valle di Covid non si muore? Cordiali saluti.

Sheila Miassot

0 risposte

  1. Complimenti alla redazione per contribuire ad alimentare complottisimi e dietrologie pubblicando una lettera di chicchessia che da un aneddoto qualsiasi (posto che sia vero), arriva ad assunti molto pericolosi. L’esatto contrario di quanto dovrebbe fare una testata giornalistica.

    1. Concordo con Georges, e non è la prima volta che Aostasera si comporta così…Se questo è giornalismo io sono Clint Eastwood.

    2. Buongiorno,
      Non sono d’accordo con le sue dichiarazioni in quanto:
      1) la lettera è firmata e quindi verificabile;
      2) ad oggi purtroppo le informazioni che abbiamo non sono certe sia in fatto di percentuale di mortalità sia in fatto di cura;
      3) se le informazioni riportate dalla signora che ha scritto
      Risultassero veritiere trovo molto grave la non tempestività del personale medico nel non sottoporre al test la persona interessata, oltre alle risposte poco etiche.
      4) mi sembra che si evince inoltre il fatto che la scrivente sia preoccupata per le condizioni di salute del padre
      5) il malato si è comunque comportato in maniera esemplare isolandosi per non arrecare danno alla comunità
      6) se le cose stanno come sopra descritto è giusto che si sappiano in modo da evitare se possibile altri disguidi simili.
      Cordiali saluti
      Francesca Pistono

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