“Tutte le curve evidenziano l’estrema fragilità della nostra regione”

"Una volta che la curva pandemica si eleva, raggiungiamo rapidamente delle percentuali di contagio molto più elevate rispetto alle altre regioni", spiega il Dottor Luca Peano.
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Un epidemiologo per amico

Buona domenica. La situazione in valle, attualmente in zona gialla, è favorevole, come si può vedere dai grafici che vi allego.

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­Stima di Rt: sotto l’unità da due settimane (0,83 al 3 febbraio, in Italia è a 0,84) e in linea con Piemonte (0,82) e Lombardia (0,90).

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Nuovi casi positivi: sono in progressiva riduzione, con un andamento migliore rispetto all’Italia in generale, al Piemonte ed alla Lombardia. Ottima cosa, tuttavia continuiamo a non sapere se questi valori derivano da tamponi su sospetto diagnostico, da attività di tracciamento dei contatti, da attività di screening su categorie a rischio o frutto di indagini ad hoc: dunque è un valore poco significativo, poiché dipende da almeno tre sottoinsiemi dei quali non conosciamo il peso relativo. Senza contare il fatto che il computo dei nuovi casi comprende ora anche i soggetti positivi ai test antigenici, ciò che ha grande influenza sul tasso di positività. Questo parametro è aggiornato tutti i giorni dai media ma in realtà, in queste condizioni, è portatore di ben scarso significato.

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Ricoveri ospedalieri in reparti non intensivi: anche questa curva è in riduzione, con valori migliori rispetto ai confronti effettuati. Questo parametro è più significativo del precedente, perché rileva l’incidenza dei soggetti che hanno bisogno di cure maggiori. In realtà, una quota che non conosciamo dei pazienti ospedalizzati potrebbe essere curata al proprio domicilio, laddove le condizioni cliniche lo permettessero e la medicina territoriale funzionasse come di dovere, come certamente fa in condizioni piuttosto disagevoli e poco sostenute dalla sanità regionale. Ma si tratta di attività a macchia di leopardo, delle quali non conosciamo il reale impatto. In realtà non sappiamo neppure quali sia la modalità di accesso al ricovero ospedaliero, se spontaneo (dal Pronto Soccorso) o se inviato dal medico di medicina generale, dalle USCA o dal medico di continuità assistenziale, cioè dalla medicina territoriale. Dunque il dato dei ricoveri ospedalieri è anch’esso scarsamente significativo: lo sarebbe di più se fossero almeno noti il livello di gravità al momento del ricovero e quale la struttura inviante.

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Ricoveri in Terapia intensiva: dopo una discesa più rapida rispetto alle curve di confronto, ci stiamo riallineando alla media nazionale con una curva in lieve peggioramento. Non me ne preoccuperei in modo particolare, perché si tratta di numeri molto piccoli e pertanto più facilmente soggetti ad ampie variazioni. In termini reali, si tratta di una media su base settimanale di 1-3 ricoverati al giorno.

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Decessi: con qualche modesta variazione settimanale, siamo in linea con le altre curve. Questo è il parametro più solido, oltre che a mio parere il principale, per valutare l’andamento della pandemia. Le uniche incertezze sono quelle relative alle modalità di codifica delle cause di morte, ma ormai non credo che ci siano più molti problemi al riguardo.

Le cose in Valle d’Aosta, dunque, stanno andando bene, anche se non dobbiamo dimenticare che i picchi della Valle d’Aosta sono stati i più alti sia nella prima, sia nella seconda ondata pandemica. Rimane il fatto che tutte le elaborazioni sono rese poco significative dalla povertà dei dati messi a disposizione dalle autorità centrali e locali: mi permetto di dire che sono inutilmente, se non deliberatamente, secretati.

Uno sguardo complessivo sulle varie curve non può tuttavia non far porre l’attenzione sull’estrema fragilità della nostra regione: una volta che la curva pandemica si eleva, raggiungiamo rapidamente delle percentuali di contagio molto più elevate rispetto alle altre regioni. Probabilmente perché apparteniamo ad una popolazione quantitativamente molto modesta che si confronta con alti flussi di persone in continuo rinnovamento provenienti da fuori valle. Una volta che qualcuno di noi si è contagiato a sua volta diffonde il virus, ma principalmente nell’ambito ristretto della sua piccola comunità, cioè in famiglia o nei luoghi di studio o lavoro. Questo è probabilmente il motivo per il quale abbiamo beneficiato più di altri delle chiusure interregionali. Vedremo che cosa succederà con le riaperture, in particolare delle stazioni sciistiche.

Un altro dato preoccupante, questa volta per l’Italia nel suo complesso, è il troppo lento declinare della curva pandemica, che pare non avere alcuna intenzione di avvicinarsi allo zero. Da ciò si può ritenere che le restrizioni servano sostanzialmente a non far collassare il servizio sanitario, ma che non riescano a controllare la diffusione del virus. Di questo passo, complice la stagione fredda, andremo probabilmente avanti fino a primavera inoltrata con alti e bassi e possibili lockdown più o meno prolungati.

Inutile ripetere che il controllo della pandemia è basato soprattutto sull’isolamento dei soggetti contagiati, piuttosto che sui lockdown generalizzati, il che significa sostanzialmente un’efficace attività di contact tracing con un numero molto più elevato di tamponi: era una tesi già sostenuta da Crisanti, e non solo, nella prima fase della pandemia.

Un vantaggio dell’attuale contingenza è la mancata epidemia di influenza stagionale: un benefico effetto collaterale del lavaggio delle mani, delle mascherine, delle mutate abitudini di vita e delle restrizioni. Chissà se ce ne ricorderemo nelle prossime stagioni invernali.

Per concludere due parole sulle vaccinazioni. A ieri la Valle d’Aosta ha somministrato ben il 99% delle dosi consegnate: siamo al 9,6% del target degli 80mila residenti ed al 7,9% degli over 80, che in Valle al 1° gennaio di quest’anno erano 9564 e che andranno tutti vaccinati perché il tributo di morte del Covid-19 è soprattutto in questa fascia di età.

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Ai vaccini Pfizer BioNTech si sono aggiunti quelli di Moderna e, a breve, arriveranno quelli di AstraZeneca. Questi ultimi, che l’AIFA suggerisce di non somministrare al di sopra dei 55 anni, hanno un’efficacia dichiarata inferiore rispetto agli altri: questo non vuol dire che proteggano di meno, ma semplicemente che sono efficaci su una percentuale minore di vaccinati. A titolo informativo i vaccini Pfizer BioNTech costano 12 euro l’uno, quelli Moderna 18 euro e quelli AstraZeneca 2,5.

Arrivederci alla prossima settimana.

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