Già appena prima del Dpcm firmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte lo scorso 24 ottobre, provvedimento che imponeva – tre le altre – la chiusura alle 18 di bar e ristoranti, Aosta, complice anche giornate fredde e piovose, è sembrata svuotarsi di colpo.
Un torpore serale diventato poi silenzio vero e proprio da sabato 31 ottobre, quando in Valle si è deciso per il “coprifuoco” dalle 21 alle 5 del mattino.
Dopo pranzo i ristoranti sono chiusi, in centro Aosta. Alcuni espongono un cartello annunciando le ferie, consapevoli che non di solo pranzo si riesce a vivere. Altri scrivono sulle vetrine, nero su bianco che l’ultimo Dpcm ha costretto alla chiusura “a data da destinarsi”.
Ora, con un’intera regione in attesa di sapere se sarà in zona rossa o arancione, la certezza è che qualsiasi sfumatura venga scelta per la Valle bar, ristoranti, gelaterie e pasticcerie resteranno chiusi.
Le preoccupazioni e le scorte “caute”
Chi fa, anche, da mangiare, aveva messo le mani avanti: “È un po’ che si sapeva che sarebbero potute arrivare delle chiusure – spiega Magali, che gestisce un bar in via Sant’Anselmo –. Noi potremo fare asporto, l’abbiamo già fatto in primavera in collaborazione con un altro ristorante, ma solo di quello non si vive, abbiamo lavorato ma non abbastanza. Ora proveremo nuovamente, dalle 18 alle 20, sperando che si possa aprire a dicembre e ‘salvare’ il Natale”.
Poco distante, avvicinandosi alle Porte Pretoriane, l’aria che tira non è diversa: “L’estate è stata abbastanza buona, nonostante la mancanza di turisti stranieri – racconta invece Marina, titolare di uno storico bar –. Forse sarebbero servite regole più ferree da subito, come l’utilizzo delle mascherine all’aperto. Ci chiediamo però perché chiudere i bar ed i ristoranti. Temo che le festività siano ormai compromesse: siamo una località turistica e se tante persone non lavoreranno non avranno neanche soldi da spendere. In queste settimane, comunque, siamo stati abbastanza cauti nel fare la spesa, perché si temeva la chiusura”.
Cautela, affacciandosi su piazza Chanoux, di cui parla anche Annalia da dietro il bancone del suo locale: “Siamo stati abbastanza attenti a non caricare il magazzino e limitare gli sprechi – spiega, dal momento che il suo bar prepara anche da mangiare, con ingredienti freschi –. Non è stato come in primavera, quando abbiamo dovuto buttare via tante scorte”.
Sui provvedimenti Annalia racconta: “Il problema non sono i locali ma un sistema che non ha funzionato. Limitare i locali non ha significato fermare le cene, gli aperitivi ed i pranzi con tutta la famiglia e gli amici, a casa. E sicuramente un problema è stato quello dei trasporti, un punto dolente quando sono state riaperte le scuole. Secondo me la chiusura è un bene, io spero che sia dichiarata la zona rossa limitando gli spostamenti, ma questo deve portare al fatto che dobbiamo riaprire per il 3 dicembre. Tutti devono capire che dobbiamo fare abbassare questa curva ora, altrimenti Natale avrà effetti devastante”.
Problema diverso è quello dei “ristori” promessi dal Governo nazionale: “La cosa migliore sarebbe lavorare – chiude Annalia –, anche se siamo stufi di dover fare anche i ‘Carabinieri’, spiegare che ci si deve sedere a distanza, chiedere di mettere le mascherine ed avere paura del virus, da un lato, e del commercialista dall’altro. Spero che nel 2021, con il tempo che ci vorrà, potremo toglierci le mascherine e sorriderci di nuovo al bar”.
In viale Conte Crotti il bar gelateria scrive su Facebook che “Visto l’ultimo Dpcm che prevede la chiusura a partire dal 5 novembre di bar/gelaterie” il locale “regalerà il gelato fino ad esaurimento scorte”.
Le incertezze dei Centri estetici
Più incerta la situazione per i Centri estetici e, più in generale, per i Servizi alla persona. Il discrimine tra lo scenario 3 – di “elevata gravità” e “un livello di rischio alto” – ed il 4 (“massima gravità” e “livello di rischio alto”), quindi tra arancione e rosse, in cui naviga la Valle d’Aosta; è tutto qui.
Paola, mentre lavora con una cliente nel suo centro in via Sant’Anselmo ci spiega: “C’è grande incertezza giorno per giorno. Le clienti ci chiedono se possono venire, anche perché prendiamo solo appuntamenti su prenotazione. In questa situazione non so dire se sia meglio lavorare o ottenere i ‘ristori’ del Governo, anche perché rischiamo di restare gli unici aperti in via assieme al panificio, senza contare che molte clienti non potrebbero spostarsi dal proprio comune. Di fatto, non sappiamo cosa succederà domani”.
Situazione non dissimile in via Croce di città, dove Irma ci racconta: “È un momento di grande confusione. Le clienti ci chiamano per sapere se saremo aperti o meno. In primavera la chiusura fu improvvisa, dolorosa. Ora c’è di nuovo preoccupazione, anche a livello economico, soprattutto perché abbiamo rispettato tutte le misure di sicurezza, che peraltro usavamo già prima, e questo ci penalizza molto, come a tutti”.
Qui, sui “ristori”, non c’è dubbio: “È meglio lavorare che aspettare i soldi del Governo – prosegue Irma –, che a noi sono arrivati a novembre e aspettavamo da marzo, anche perché siamo abituate a crearci il lavoro da noi stesse. Questa chiusura rischia però di penalizzare tantissimo la stagione invernale, in un ‘effetto domino’ che rischia di portare ad una grossa crisi”.