Nessun reato nella mancata riapertura della scuola “San Francesco”

La Procura ha concluso, senza individuare responsabilità penali, gli accertamenti sui fatti dello scorso 20 novembre, quando alcuni bambini vennero rimandati a casa per l'assenza degli insegnanti che non si erano sottoposti al tampone.
Scuole San Francesco
Cronaca

La Procura della Repubblica ha concluso, senza formulare alcuna ipotesi di reato, gli accertamenti sulla mancata riapertura, dopo un periodo di quarantena, di parte della scuola primaria San Francesco di Aosta. Il pm Luca Ceccanti, dopo alcune attività inquirenti svolte la scorsa settimana, ha chiuso senza individuare responsabilità di carattere penale il fascicolo aperto a “modello 45” (“atti non costituenti notizia di reato”) sulla vicenda. Le indagini erano partite a seguito di un esposto presentato dall’amministrazione regionale sui fatti della mattinata di venerdì 20 novembre.

La scuola era stata posta in quarantena il 10 novembre scorso. Il verificarsi di un caso di Covid-19 aveva condotto a considerare i circa 200 tra alunni e docenti come “contatti stretti” del contagiato. Una circolare del Ministero della salute prevede per chi rimane asintomatico che vada osservato un isolamento di quattordici giorni dall’ultima esposizione al caso, oppure di dieci giorni dall’ultimo contatto, con un test negativo effettuato nell’ultima giornata del periodo. Ventuno insegnanti su ventisette non avevano proceduto al tampone già programmato, senza che fossero quindi soddisfatte le condizioni per tornare, venerdì 20, alla didattica in presenza e non si erano presentati a scuola.

La scuola era stata informata dai docenti – secondo quanto ricostruito dalla Regione – con delle mail alla segreteria, inviate nel pomeriggio di giovedì 19 (in cui erano previsti i test). I messaggi, tuttavia, secondo quanto riferito dalla dirigente scolastica, erano giunti a ufficio non più presidiato e, di conseguenza, si era rivelato impossibile organizzare, in tempo utile, le supplenze per la docenza in classe, visto l’elevato numero di insegnanti da sostituire. Il mattino successivo, a seguito della comunicazione della scuola sulla ripresa delle lezioni (inviata precedentemente al “forfait” dei docenti), alcuni bambini erano puntuali all’appuntamento con la campanella, ma per l’impossibilità di accoglierli, erano stati rimandati a casa, dove avevano poi seguito la didattica a distanza.

L’esposto era stato annunciato dall’assessore regionale all’istruzione Luciano Caveri, sottolineandone l’obiettivo di “accertare eventuali responsabilità”, sicché “la scuola è e resta – in particolar modo nel pieno di una pandemia che obbliga tutti al senso di responsabilità – un servizio pubblico essenziale”. Definita la situazione sul piano penale, con l’assenza di responsabilità, appare prossimo alla conclusione anche il filone disciplinare della vicenda. La Sovrintendenza agli studi ha infatti disposto, a seguito dei fatti, una visita ispettiva alla scuola. “So che la dirigente Vernetto (inviata all’istituzione per le verifiche, ndr.) sta concludendo la sua relazione, – spiega la sovraintendente Marina Fey – a breve avremo la relazione dell’ispettrice”.

Nel frattempo, una nota della Sovraintendenza emanata ieri, venerdì 4 dicembre, a seguito di un confronto con l’Usl (presente anche l’avvocatura regionale), ha stabilito che “l’effettuazione del tampone al decimo giorno da parte del personale scolastico posto in quarantena fiduciaria, come disposto dal Dipartimento di prevenzione, è un opzione non derogabile”. Il ricorso presentato dalla Regione in Procura poggiava proprio sul fatto che non fosse esplicitamente menzionata la possibilità di scelta del lavoratore rispetto al prolungamento di tre giorni dell’isolamento, senza sottoporsi al test diagnostico. Dubbio che la magistratura non ha visto e che è stato sciolto da piazza Deffeyes, istituendo l’obbligatorietà. Insomma, i fatti della scuola San Francesco paiono destinati a restare uno “spartiacque” nell’istruzione valdostana in tempo di Covid.

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