Sono chiuse le indagini della Procura di Aosta seguite alla morte di Leandro Pession, “pisteur secouriste” 58enne della Cervino Spa che il 29 novembre 2021 aveva perso la vita dopo essere stato travolto da una valanga vicino alla sciovia Gran Sommetta. Nei confronti dell’ex presidente della società Herbert Tovagliari e di Giorgio Cazzanelli, direttore delle piste di Valtournenche, che hanno ricevuto l’avviso di conclusione dell’inchiesta, è formulata la contestazione di omicidio colposo.
L’incidente
Assieme a un collega, la vittima stava compiendo dei controlli nella parte alta del comprensorio di Valtournenche, quando era stato raggiunto dalla valanga. La massa di neve, di piccole dimensioni, si era staccata a monte dell’impianto, lambendo la pista da sci, in quel momento chiusa per il forte vento. Ad allertare i soccorsi e ad individuare l’uomo era stato il collega. Elitrasportato al “Parini”, Pession era apparso in condizioni gravi da subito, per poi morire l’indomani.
Le conclusioni del perito
Nell’ambito dell’inchiesta, curata dal Sagf della Guardia di finanza e dallo Spresal dell’Usl, è stata anche svolta una perizia, in sede d’incidente probatorio. Affidata al nivologo Mariano Melloni aveva per obiettivo di accertare se alla base del decesso vi fossero condotte ascrivibili a Tovagliari e Cazzanelli, o ad altri soggetti. Al riguardo, il perito è netto: “eventuali profili di colpa dei due indagati non sono sicuramente la causa primaria scatenante l’incidente (Leandro Pession è uscito volontariamente dalla pista battuta n. 12)”.
Tuttavia, aggiunge Melloni, “possono invece essere una concausa legata all’eventualità che, in quelle condizioni nivometeorologiche, una rigorosa valutazione avesse portato a riscontrare quei precisi segnali d’allarme, e conseguentemente i lavoratori non avessero dovuto operare sulle piste 12 e 11 o, in alternativa, avessero raggiunto le due piste con una motoslitta e non con lo skilift del Gran Sommetta, evitando l’utilizzo degli sci”.
Le “condotte aziendali omissive”
Per quanto “appurato sia dagli atti del fascicolo e dal sopralluogo effettuato”, sia in quanto previsto dalle norme, il perito “non ravvede” poi eventuali “colpe o responsabilità di altri soggetti”. Ribadendo che “non si ravvisano da tutto quanto emerso negli accertamenti eseguiti profili di responsabilità diretta ed immediata degli indagati per l’accaduto”, il nivologo Melloni sottolinea comunque che “piuttosto emergono delle condotte aziendali omissive, antecedenti l’incidente, che non necessariamente hanno però portato all’accadimento dei fatti”.
Il riferimento del perito è anzitutto ad “una mancata individuazione dei soggetti deputati a compiere le diverse operazioni” previste dal Piano Gestione Rischio Valanghe, strumento “mirato anche alla sicurezza del personale dipendente” e, di conseguenza, “da ritenersi sostanzialmente innovativo ed integrativo del documento aziendale di valutazione dei rischi”. Per Melloni, “una corretta e puntuale applicazione del PGRV” non “necessariamente avrebbe potuto evitare l’incidente quanto piuttosto avrebbe fatto alzare il livello di attenzione e meglio valutare il pericolo esistente a bordo pista”.
Trattative tra le parti
Con la notifica dell’avviso di chiusura delle indagini preliminari, i destinatari dello stesso hanno ora un periodo di tempo per chiedere al pubblico ministero di essere sentiti, o di compiere ulteriori atti inquirenti, nonché per depositare documenti o memorie. Starà quindi al pubblico ministero (il fascicolo è affidato al sostituto procuratore Francesco Pizzato) determinarsi sulla richiesta di rinvio a giudizio. A quanto si è appreso, tra le parti sono state intraprese delle trattative per un risarcimento.