Stretta sui locali, la rabbia di Confcommercio: “Si smetta di considerarli untori”

"Abbiamo già perso aziende che non hanno riaperto e lavoratori che sono rimasti senza lavoro - spiega il Presidente Dominidato -. Il nostro comparto vale, in termini occupazionali, una dozzina di Casinò di Saint-Vincent e una mezza dozzina di Cogne Acciai Speciali”.
Confcommercio VdA
Economia

“Devono smetterla di considerare bar, ristoranti e esercizi pubblici untori e luoghi di diffusione contagi”.

È netta la presa di posizione di Confcommercio Valle d’Aosta, che tramite il suo Presidente Graziano Dominidiato esprime tutta la sua rabbia per le nuove restrizioni imposte dal Governo per il contrasto alla diffusione del Covid-19, e tutta la sua preoccupazione per le attività produttive.

Nel mirino dell’Associazione finisce il nuovo Dpcm che stabilisce che le attività dei servizi di ristorazione – fra cui appunto bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie – sono consentite fino alle ore 24 con servizio al tavolo e alle ore 21 in assenza di servizio al tavolo.

“Un recente studio inglese – si legge nella nota di Confcommercio – spiega che solo il 3% dei contagi di diffondono nei locali pubblici e quindi diventa difficile comprendere perché siano sempre i locali pubblici a pagare e vedersi ridurre sempre più la possibilità di proseguire l’attività. I ristoranti e i bar non sono tra i luoghi più pericolosi per eventuali contagi. A sostenerlo non è la Fipe, ma l’Istituto superiore di Sanità nel suo monitoraggio settimanale, secondo cui il 77,6% dei contagi, attualmente, avviene in ambito domestico. Un dato riproposto dal dottor Luca Richeldi, membro del Comitato tecnico scientifico”.

Il problema dei controlli

Già in tempi non sospetti Confcommercio chiedeva di non limitare gli orari degli esercizi pubblici ma di implementare i controlli, ed ora lo ribadisce: “Nei locali ci sono controlli rigorosi su distanziamento e dispositivi di protezione. Sono quindi necessari maggiori controlli e non si può pretendere che siano gli esercenti a svolgere il servizio d’ordine fuori dai locali”.

“Noi dobbiamo gestire aziende e fare i vigilantes – aggiunge Dominidiato –. Il problema vero è che la politica non considera che le nostre attività generano occupazione, ricchezza e reddito, mentre per la politica sono solo luoghi di divertimento.  Abbiamo già perso aziende che non hanno riaperto e lavoratori che sono rimasti senza lavoro. Il nostro comparto vale, in termini occupazionali, una dozzina di Casinò di Saint-Vincent e una mezza dozzina di Cogne Acciai Speciali”.

In chiaro: “Bar, ristoranti ed esercizi pubblici devono essere considerati come un’unica azienda diffusa che occupa circa 7.500 addetti, ma se chiudono 30 esercizi commerciali e si perdono un centinaio di posti di lavoro nessuno muove un dito”.

Qualche problema, a dire, il vero, Confcommercio la vede anche sui controlli stessi: “I Carabinieri di Aosta hanno intensificato i controlli sul rispetto delle prescrizioni. La loro finalità è legata alla prevenzione e all’informazione sulle norme. A rendere ancora più critica e preoccupante l’attuale situazione sono le pattuglie a piedi ed in auto che stanno effettuando ispezioni a tappeto negli esercizi commerciali”.

“Per sostenere i consumi, aspettative e fiducia sono ingredienti fondamentali – chiude invece Adriano Valieri, Direttore generale di Fipe-Confcommercio VdA –. Alimentare la preoccupazione e inasprire oltre una certa ragionevole soglia le misure restrittive significa peggiore il quadro economico. Convivere seriamente e non a slogan con il virus vuol dire coniugare insieme sicurezza sanitaria, lavoro e libertà di impresa. La stragrande maggioranza degli imprenditori ha investito in questi mesi migliaia di euro per garantire al massimo la sicurezza dei clienti. Negozi e locali sono luoghi sicuri, continuare a stringere la morsa sulle imprese è non solo ingiusto, ma anche controproducente”.

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