La proposta di legge elettorale degli autonomisti? Per Rete civica è “una riformetta”

A criticare la proposta per una nuovo legge elettorale formulata dalle forze autonomiste è Rete civica: "Non è una proposta di riforma, ma piuttosto di sostanziale continuità dell'esistente. L'elettore continuerà a votare senza sapere con chiarezza chi si intende proporre alla guida del Governo regionale".
L'assemblea di Rete civica
Politica

La proposta di legge elettorale avanzata dalle forze autonomiste? “La grande montagna che ha partorito il topolino”. A dirlo è Rete civica, che in una nota scrive: “Dopo mesi di annunci è stata infine depositata la proposta di legge di Uv e cespugli autonomisti vari sulla riforma della legge elettorale regionale. In realtà non è una proposta di riforma, ma piuttosto di sostanziale continuità dell’esistente con piccoli ritocchi che non cambiano la sostanza di un sistema elettorale che non dà potere agli elettori, non è democratico e non consente una stabilità di governo”.

“L’elettore, in base alla proposta degli autonomisti, continuerà ad andare a votare senza sapere con chiarezza chi si intende proporre alla guida del Governo regionale e senza avere alcuna garanzia che dopo le elezioni le alleanze presentate agli elettori non cambino, come è successo più volte nell’ultimo decennio”, aggiunge ancora il movimento, dal momento che “il sistema attualmente in vigore prevede che l’eventuale premio di maggioranza scatti se una coalizione raggiunge almeno il 42%, la riformetta autonomista farebbe scendere tale soglia al 40%”.

Ma il nodo è un altro: “Secondo il testo UV e company, se nessuno arriva al 40% i seggi vengono distribuiti con il proporzionale puro, se si supera il 40% c’è un premio di maggioranza, ma non c’è alcun vincolo di mantenere le alleanze elettorali per tutta la legislatura. Quindi nessun cambiamento reale dal punto di vista della stabilità”.

Non solo: “Assurdo è anche il fatto che, pur in presenza di premio di maggioranza, venga mantenuto uno sbarramento quasi al 6% per poter ottenere una rappresentanza in Consiglio regionale, è lo sbarramento più alto fra tutte le Regioni italiane eppure non viene minimamente messo in discussione, anzi: secondo il primo firmatario, il consigliere Marguerettaz, tale soglia è assolutamente da mantenere perché chi è eletto deve rappresentare una comunità intera e non interessi marginali di una minoranza”.

Discriminante, dice sempre rete civica “è poi il fatto che per le liste già presenti in Consiglio non c’è bisogno di nessuna firma per presentarsi agli elettori, mentre per le nuove liste si mantiene una richiesta abnorme di 900 firme, che, fra l’altro, si possono raccogliere solo quando la lista da depositare è già pronta, quindi con pochissimo tempo. Un chiaro esempio di antidemocraticità. Del resto, seguendo i ragionamenti del consigliere Marguerettaz, hanno diritto ad entrare in Consiglio regionale solo coloro che rappresentano una larga fetta della popolazione valdostana, le voci delle minoranze sono superflue all’interno del Consiglio regionale. Un ragionamento che stride con quella che dovrebbe essere la linea di chi si professa autonomista. Ma tant’è”.

Forse, a ben vedere, qualcosa di buono c’è pure: “L’unica modifica positiva (ma sarà veramente così?) è quella sul maggiore equilibrio di genere nelle candidature, passando da almeno il 35% per ogni genere, al 45%. Però poi non viene accolta la proposta della doppia di genere, che aiuterebbe sicuramente una maggiore presenza femminile in Consiglio regionale, e si torna alle tre preferenze che erano state superate per evitare le famigerate cordate, e che ora rispuntano nella riformetta”.

Il direttivo di Rete civica “esprime un giudizio negativo sulla proposta degli autonomisti e insisterà perché si arrivi ad una vera riforma come quella contenuta nella Proposta di legge di Pcp depositata fin dall’aprile 2022 e che ha avuto il sostegno di oltre 3.300 elettori”.

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