Da “Tempus Venit” a “Geenna”: i tentacoli della piovra sulla Valle

Come l’indagine condotta dai Carabinieri del Gruppo Aosta nel 2011 ha condotto agli arresti di stanotte? E quali sono le “convergenze” di cui parlano gli inquirenti con gli arrestati nel blitz dello scorso gennaio? Le risposte che emergono al momento.
Arma dei Carabinieri Aosta
Cronaca

Le indagini culminate nella misura cautelare eseguita stanotte, durante quella che gli inquirenti hanno battezzato “Operazione Altanum”, partono – come è già accaduto di recente – dalla valorizzazione di elementi emersi da altre indagini. Due in particolare. Una è “Crimine”, svolta nel 2010 dall’Arma in Calabria, che aveva messo in luce l’esistenza della “locale” di San Giorgio Morgeto. L’altra è “Tempus Venit”, condotta dal Nucleo Investigativo di Aosta dei Carabinieri, su due tentate estorsioni nei confronti di altrettante imprese edili di Aosta: la “Edilsud Srl” dei fratelli Tropiano e “Archeos” di Luigi Monteleone.

Tempus Venit revisited

La seconda aveva condotto a tre condanne in via definitiva per l’attività estorsiva, tutte a carico di individui ritenuti affiliati al clan Facchineri e nuovamente arrestati nelle prime ore di oggi (Giuseppe Facchinieri, Giuseppe Chemi e Roberto Raffa). Tuttavia, è proprio quanto raccolto in quell’inchiesta, coordinata dalla Dda di Torino e dalla Procura di Aosta (con i pm Stefano Castellani e Daniela Isaia), che ha condotto i Carabinieri della Compagnia di Taurianova ad un continuo scambio con i colleghi del Reparto operativo aostano, alla ricerca delle proiezioni della locale di San Giorgio nel territorio valdostano.

Quella tentata estorsione, che all’epoca apparve inizialmente episodio criminale isolato, ha così trovato una più approfondita interpretazione, data dal contrasto tra la cosca Facchineri e la cellula ‘ndranghetista sangiorgese. Anzi, ne rappresenterebbe l’origine, perché proprio l’omicidio di Salvatore Raso, famiglia cui uno degli imprenditori vittime del tentativo estorsivo (per gli inquirenti, promosso dai Facchineri) si era rivolto per risolvere bonariamente la questione, si palesa agli occhi della Dda quale origine del contrasto tra i due gruppi.

L’obiettivo di quell’agguato (Raso era stato atteso nei pressi della sua abitazione e freddato con vari colpi di fucile calibro 12 sparati alle spalle), secondo quanto emerso da “Altanum”, aveva un duplice scopo: anzitutto portare a buon esito l’azione estorsiva da parte dei Facchineri, ma soprattutto ribadire e confermare il proprio dominio nel comune sangiorgese e riprendere quello in Valle d’Aosta.

I rapporti con gli indagati dell’Operazione Geenna

Dall’inchiesta “Tempus Venit”, tuttavia, emerse anche un altro dato, che non solo ha fatto germogliare “Altanum”, ma oggi fa unire i punti agli inquirenti e spinge il procuratore capo della Dda di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri a parlare di  convergenze tra gli arrestati di stanotte e alcuni indagati dell’operazione Geenna, condotta lo scorso 23 gennaio dalla Dda di Torino, su una “locale” attiva ad Aosta e le sue “relazioni pericolose” con il mondo della politica.

Negli atti dell’inchiesta del 2011, i Carabinieri scrivevano infatti che “Facchinieri e i suoi familiari puntavano ad infiltrarsi nell’economia valdostana… attraverso l’intimidazione di imprenditori tradizionalmente legati al loro stesso territorio di provenienza”. Sul concetto, fu più chiaro, in un interrogatorio dell’epoca, Michele Raso (altro arrestato di stanotte), dichiarando che Giuseppe “Facchinieri aveva pensato alla Valle d’Aosta per commettere le estorsioni perché era suo cognato Roberto Raffa che gli dava le indicazioni”. Quanto a quest’ultimo, nella sua professione di artigiano, “Raffa mirava ad ottenere appalti ed incarichi eliminando o screditando il concorrente e facendo leva su appoggi politici”.

I Carabinieri del Reparto Operativo, all’epoca comandati dal tenente colonnello Cesare Lenti (oggi in servizio in Lombardia, con il reparto valdostano attualmente affidato al tenente colonnello Maurizio Pinardi), avevano puntato su un’intercettazione ambientale in cui Raffa aveva affermato: “Qualche gancio ce l’abbiamo”, parole motivate dal fatto che “poteva già contare sull’amicizia di Marco Sorbara, assessore del Comune di Aosta, con il quale aveva già avuto modo di discutere della possibilità di ottenere incarichi” dall’ente.

Il telefono, la tua voce

La telefonata intercettata dall’Arma tra Raffa e l’assessore comunale risale al 4 ottobre 2011, alle 8 del mattino. Eccone la trascrizione integrale:

Sorbara: “Ciao sono Marco Sorbara”.

Raffa: “Ciao Marco”.

S: “Ciao memorizzati questo numero, l’altro c’è e non c’è questo invece è sempre acceso ok”.

R: “Va bene ok”.

S: “Sì perché qua diventi pazzo con i cellulari è un disastro è veramente un macello almeno con questo mi trovi sempre ok?”.

R: “Ok tutto bene Marco?”.

S: “Ascolta volevo chiederti una cosa io ho laggiù al quartiere Cogne la struttura per gli anziani quella dove ci sono gli anziani è una struttura del Comune”.

R: “Eh”.

S: “Dove devo fare tutta una serie di piccoli interventi non so mettere apposto eh … tinteggiare un sai quelle ante di una volta rifare un piccolo murettino per sei sette mila euro tu potresti fare dei lavoretti del genere? O non li fai?”.

R: “Perchè no… Marco quando si tratta di lavoro facciamo tutto noi”.

S: “Eh appunto ho detto per chiamare qualcun’altro ho detto chiamo te non se vuoi te lo fai tu se lo vuoi fare con eh… Giuseppe vedi tu io te lo do a te allora io lascio adesso il tuo numero di telefono al mio dirigente, ok?”.

R: “Va bene ok…omissis”.

S: “Eh eh bisogna darsi da fare qua pian pianino pian pianino vedrai”.

R: “Uh….un alla volta”.

S: “Un pò alla volta eh…. noi noi fretta non ne abbiamo lo sai Roberto fretta zero”.

R: “Poi noi della fretta siamo contrari …inc… (ride)”.

S: “No no io dico sempre piccoli passi anche perchè abbiamo fatto poi adesso lasciamo un po’ parlare la gente e poi rifacciamo di nuovo (ride)”.

Le (non) conseguenze politiche

Sebbene Sorbara non fosse stato indagato in “Tempus Venit”, l’emergere della conversazione mise in subbuglio in Consiglio comunale per il suo contenuto. I gruppi di opposizione (al tempo Alpe, Pd-Psi e Sinistra per la città) chiesero al sindaco Bruno Giordano il ritiro della delega assessorile, con una mozione. Discussa nel maggio 2013, con Sorbara nel bel mezzo della corsa per un seggio in piazza Deffeyes nella lista dell’Union Valdôtaine (non entrò, ottenendo comunque 1.081 preferenze), venne affossata dall’astensione dell’intero gruppo di maggioranza.

Il diretto interessato, in quell’occasione, restò in silenzio per tutto il dibattito. Non fece altrettanto nel febbraio 2014, quando i gruppi Alpe e Sinistra per la Città rinnovarono la richiesta attraverso un ordine del giorno, ricordando non solo la conversazione telefonica, ma anche la querela presentata dall’allora assessore nei confronti di un consigliere comunale e una blogger (successivamente archiviata), “rei” a suo avviso di aver riportato, in aula e in rete, l’intercettazione estratta dagli atti dell’inchiesta.

In quella discussione, Sorbara tentò un “mea culpa”: “Ho fatto degli errori, politicamente sono alla mia prima esperienza. Ho fatto grosso sbaglio e chiedo scusa alla Giunta e al Consiglio. Ho ribaltato un aspetto politico su un aspetto giudiziario e non sono stato in grado di giocarla politicamente. Forse non sono idoneo a ricoprire certi ruoli e mi rimetto alla decisione del Consiglio”. Il verdetto dell’aula fu, nuovamente, la salvezza dell’esponente della Giunta.

Altre “convergenze” con Geenna

Per quanto fosse, alle elezioni del 2018, riuscito nel “transito” in Consiglio Valle, Sorbara è stato arrestato in Geenna per concorso esterno in associazione mafiosa, perché avrebbe condizionato in favore della “locale” aostana l’attività amministrativa condotta da assessore al comune di Aosta. Oggi è temporaneamente sospeso dallo scranno regionale, per effetto della legge Severino. Tra i destinatari delle tredici misure scattate stanotte vi sono due suoi cugini.

Altra assonanza tra “Altanum” e “Geenna” fatta rilevare dagli inquirenti è l’interessamento di Antonio Raso, il titolare del ristorante “La Rotonda” anch’egli in cella dal blitz di gennaio perché considerato uno dei promotori dell’associazione criminale nel capoluogo regionale, per far assumere il figlio di un indagato dell’operazione di oggi in un’azienda della Valle d’Aosta. Insomma, il fenomeno sembra ben più longevo di quanto sia sempre apparso ai valdostani. A non cambiare, nel tempo, tuttavia, non è stato solo il “lessico familiare” dei vari indagati, ma anche la testardaggine dei Carabinieri.

0 risposte

  1. C’e Chiaramente una responsabilità politica per aver fatto più di un occhiolino all’elettorato calabrese, notoriamente infiltrato da personaggi Ndranghetisti.

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