Le richieste di denaro, avanzate nel 2011 ad imprenditori di origini calabresi attivi in Valle d’Aosta, dimostrano come la cellula di ‘ndrangheta riconducibile alla famiglia Facchineri, storicamente radicata a Cittanova (Reggio Calabria), “sia ancora attiva nel settore delle estorsioni” e “non abbia mai smesso di esercitare la propria forza d’intimidazione nei territori in cui la stessa ha nel corso degli anni esteso il proprio dominio tramite la commissione di delitti fine tipici del suo agire criminale”.
Lo annota il Gup del Tribunale di Reggio Calabria, Vincenza Bellini, nelle motivazioni della sentenza, depositate nelle scorse settimane, con cui lo scorso 29 dicembre aveva inflitto, al termine del processo con rito abbreviato, 16 anni di carcere a Giuseppe Facchinieri detto “Il Professore” (60 anni, Cittanova), 8 anni a Robeto Raffa (45, San Giorgio Morgeto) e 5 anni e 4 mesi a Giuseppe Chemi (60, Taurianova), riconoscendoli colpevoli di associazione a delinquere di stampo mafioso.
L’operazione “Altanum”
Tutti erano stati arrestati nell’operazione “Altanum” – condotta nel luglio 2019 dalla Dda reggina guidata da Giovanni Bombardieri – sui dissidi tra i Facchineri e un’altro sodalizio ‘ndranghetista, la “locale” di San Giorgio Morgeto. Scontro acceso proprio da quanto accaduto sulla scia della tentata estorsione in Valle. Come emerso dall’indagine “Tempus Venit”, dei Carabinieri del Gruppo Aosta, i destinatari della sollecitazione a versare del denaro (i fratelli Tropiano della “Edilsud, impegnata a realizzare il parcheggio pluripiano “Parini”) non avevano ottemperato, né denunciato le lettere ricevute, ma si erano rivolti alla famiglia “avversaria” per chiedere aiuto.
La “questione di principio”
Per il giudice Bellini, “la frizione venutasi a creare con i fratelli” Michele Raso (59) e Vincenzo Raso (68), incaricati dagli imprenditori di “capire” da chi provenisse l’intimidazione a versare e di comporre la questione, manifesta “univocamente” come la vicenda aostana fosse “tutta di principio non solo diretta a foraggiare le casse della ‘ndrina, ma anche e soprattutto ad affermare la propria supremazia nel territorio d’insediamento”.
Una “questione di principio” (com’era definita, peraltro, nelle lettere anonime contenenti le richieste di soldi) che – si legge in sentenza – risulta “evidentemente inserita nelle dinamiche ‘ndranghetistiche insistenti nel territorio di San Giorgio Morgeto, sotto il dominio dei Facchineri ormai da decenni ed in cui operano comunque altri soggetti appartenenti alla ‘ndrangheta, ovvero alla ‘locale’ di San Giorgio Morgeto, come i fratelli Raso”.
I Facchineri e i “nuovi territori”
Il risvolto di tale dato appare inquietante, perché le risultanze confluite nel procedimento “danno chiara dimostrazione di come la fuga dal territorio di origine” dei Facchineri “a seguito della sconfitta con il clan rivale dei Raso-Gullace-Albanese (nella faida che ha insanguinato la Calabria tra gli anni ‘70 e gli anni ‘90), e l’allontanamento di alcuni componenti del gruppo familiare trasferitisi in altre regioni d’Italia non abbiano tuttavia provocato il definitivo abbandono delle contrade d’origine, né tantomeno indotto i componenti della cosca a modificare i propri comportamenti criminosi”.
“Costoro – continua la sentenza – hanno continuato a delinquere nei nuovi territori e ciò in stretto collegamento proprio con il Comune di San Giorgio Morgeto, dove ormai da decenni hanno esteso il proprio dominio mafioso e ove tutt’ora s’impongono con efferata spregiudicatezza al fine di mantenere inalterata la propria supremazia, non accettando minimamente l’interazione con altri gruppi criminali ivi operanti”.
“Il Professore” al vertice
Affermata l’esistenza e la risalenza dell’associazione, passando alle responsabilità individuali il giudice Bellini attribuisce al “Professore” Facchinieri il ruolo di “centro nevralgico organizzativo e decisionale delle vicende estorsive perpetrate dalla ‘ndrina in Valle d’Aosta, ovvero il soggetto deputato a programmare e decidere in prima persona le concrete modalità esecutive delle condotte illecite attuate nell’interesse del gruppo che coordinava e gestiva”.
Facchinieri era stato scarcerato nel febbraio 2010, dopo aver scontato 11 anni per vari reati associativi e per omicidio. Il suo “riattivarsi”, nel giro di un anno, nell’attività malavitosa è, secondo la sentenza, “il ritorno in campo di un mafioso di nota e dimostrata caratura criminale la cui rinnovata dedizione al crimine” consente “di ritenere che il gruppo” del “Professore” “non avesse bisogno di atti esteriori per confermare la forza di intimidazione, essendo sufficiente il ‘richiamo’, anche implicito, allo straordinario capitale criminale accumulato dalla cosca” e da lui in particolare.
Il “basista” ed il “gregario”
Quanto a Roberto Raffa, già arrestato nel 2006 dalla Questura di Aosta per la cessione di quasi mezzo chilo di hashish, la sentenza sottolinea il “ruolo determinante ricoperto nell’ambito delle estorsioni poste in essere in Valle d’Aosta”, in considerazione del fatto che “organizzava e presenziava personalmente ad alcune delle riunioni tenute con appartenenti al ‘Locale’ di San Giorgio Morgeto in occasione della mediazione avviata dai Raso in favore dei fratelli Tropiano eseguendo sistematicamente gli ordini del cognato Giuseppe Facchinieri e portando a compimento le sue determinazioni”. Una sosta di “basista” tra i monti, insomma.
A Giuseppe Chemi, infine, viene attribuito un “pieno inserimento nella cosca Facchineri”. “Non è un caso – affermano le motivazioni – che” alcuni esponenti dei Raso lo contattassero “per fissare gli incontri con il ‘Professore’ (suo cognato, ndr.) che in quel momento era sottoposto alla sorveglianza speciale”. L’aver poi svolto mansioni logistiche, ad esempio fornendo ad alcuni affiliati schede Sim intestate ad altri “per le comunicazioni interne od anche per formulare richieste estorsive”, esclude “la natura occasionale del suo contributo al sodalizio”, dimostrando invece “la consapevole volontà di far parte della compagine criminosa a stretta base familiare”, facendone un “gregario” del sodalizio.
L’assoluzione dall’omicidio Raso
Per tutti e tre, il pm Giuseppe Gelso della Dda di Reggio Calabria aveva chiesto l’ergastolo. Una sollecitazione alla pena massima dettata anche dal fatto che Facchinieri, Raffa e Chemi erano imputati quali concorrenti morali dell’uccisione di Salvatore Raso, avvenuto nel 2011 in Calabria. “Sebbene – scrive il giudice al riguardo – plurimi indicatori fattuali convergano per la riconducibilità dell’omicidio ai dissidi originati dalla intromissione dei Raso nelle attività estorsive della cosca” in Valle, “il solo movente non basta ad attribuire” a Raffa e Chemi “il ruolo di mandanti in quanto soggetti partecipi del sodalizio capeggiato da Facchinieri”.
Inoltre, “nulla si sa” dell’“esecuzione materiale dell’azione criminosa, tanto che neppure concretamente si è giunti all’individuazione del soggetto o dei soggetti che esplosero i colpi di fucile contro la vittima”. Nemmeno alcunché “è emerso in ordine alla pianificazione dell’efferato delitto, che viene attribuita dunque” ai tre indagati “per essere gli stessi condannati in via definitiva quali autori dell’estorsione posta in essere ai danni dei fratelli Tropiano”. Gli elementi fattuali raccolti, tuttavia, si arrestano “ad un livello congetturale, di sospetto”, ed il giudice ha deciso per l’assoluzione dall’imputazione “per non aver commesso il fatto”.
I Raso a processo a Palmi
Dall’accusa di essere componenti della ‘ndrina Facchineri sono poi stati assolti Vincenzo Facchinieri (53 anni, fratello del “Professore”) e Salvatore Facchineri (46), per i quali – stando alla decisione del Gup – l’accusa non affiora dalle risultanze processuali “oltre ogni ragionevole dubbio”, essendo pochi e con un contributo non lampante gli episodi in cui i due intervengono. Nel processo in abbreviato, iniziato il 21 settembre 2020, era stato inoltre sentenziato il risarcimento dei danni alle parti civili costituitesi nel procedimento, la Regione Valle d’Aosta, la Città metropolitana di Reggio Calabria e i Comuni di Cittanova e San Giorgio Morgeto.
E’ ancora in corso, al Tribunale di Palmi, il dibattimento ordinario per gli imputati di “Altanum” che non hanno chiesto riti alternativi. Tra questi vi sono, accusati di associazione di tipo mafioso, i fratelli della vittima dell’uccisione, Michele e Vincenzo Raso, nonché Vincenzo Raffa (44). La prossima udienza è in calendario per settembre.