Saint-Pierre, Comune sciolto per ‘ndrangheta da un anno: “C’è stata della disattenzione”

Intervista con il dirigente di Prefettura Giuseppe Zarcone, componente della Commissione che, dal 13 febbraio dell’anno scorso gestisce l’ente, dopo lo scioglimento decretato per le infiltrazioni criminali emerse dall’indagine “Geenna”.
Il commissario Zarcone (a sx) all'incontro con Don Ciotti.
Cronaca

Dirigente della Prefettura di Torino e già sottotenente della Guardia di finanza, Giuseppe Zarcone, 55 anni, è uno dei tre componenti della Commissione straordinaria (gli altri due sono il viceprefetto Laura Ferraris e il viceprefetto aggiunto Diego Dalla Verde) che, da ormai un anno (la nomina risale al 13 febbraio 2020), gestisce il Comune di Saint-Pierre, primo ente locale valdostano ad essere mai stato sciolto per infiltrazione mafiosa.

Il provvedimento – che ha “cancellato” Sindaco, Vicesindaco e Consiglio eletti dalla popolazione nel 2015 – è nato dagli esiti dell’accesso antimafia eseguito a seguito degli scenari palesati dall’indagine “Geenna” della Dda di Torino e dei Carabinieri, sulla presenza in Valle di una “locale” di ‘ndrangheta. Nel processo scaturito dall’inchiesta, lo scorso settembre l’ex assessore comunale Monica Carcea è stata condannata, in primo grado, a 10 anni di carcere per concorso esterno nel sodalizio criminale.

E proprio dal traguardo temporale da poco tagliato dalla Commissione è partita la conversazione con il dirigente Zarcone, chiedendogli quale panorama si sia manifestato inizialmente e come appaia oggi. “Era una situazione abbastanza tranquilla, – risponde – in cui c’era evidentemente anche dello stupore per ciò che era successo, in relazione allo scioglimento del Comune. Secondo noi c’è la consapevolezza della comunità di ciò che è accaduto. Ne abbiamo avuto plastica dimostrazione quest’estate, quando ‘Libera’ ha organizzato l’incontro con Don Ciotti, che ha avuto folta partecipazione. Sono rimasto favorevolmente impressionato”.

Nemmeno un mese dopo il vostro ingresso in Comune, la pandemia da Covid-19 è esplosa in tutta la sua violenza. Quanto ha reso più difficile dialogare con la comunità e quanto vi ha costretti a rivedere le priorità che avevate immaginato?
Ci siamo dovuti impegnare ad affrontare l’emergenza, che certo ancora perdura, ma in quella fase – così improvvisa – era anche angosciante. Non si pensava mai potesse capitare. Tutti ci siamo trovati in difficoltà ed impegnati assiduamente ad affrontare le prime fasi e il ‘lockdown’ forte della primavera, che è stato pesante e molto duro. Ha impedito anche che si potessero instaurare dei contatti con la popolazione e le associazioni. Queste ultime, per la verità, siamo riusciti ad incontrarle, abbiamo avuto una testimonianza della loro disponibilità e della loro voglia di fare per il comune, ma le misure sanitarie non hanno consentito poi di attuare molto.

Al di là della situazione infiltrativa vera e propria, la relazione dell’accesso antimafia fotografava “situazioni di disordine amministrativo”, come la “gestione negligente” della riscossione delle imposte comunali. Com’è possibile pensare che un ente sia stato inosservante su un terreno tanto delicato e importante?
Chiaramente non è normale. Non ci sono realtà così complesse, così articolate, così composite, da poter dire ‘c’era una massa enorme di lavoro, per cui non sono riuscito a seguire tutto’. C’è stata sicuramente della disattenzione e chi di competenza accerta le responsabilità. Abbiamo cercato di mettere ordine, ma il lavoro non è ancora finito. Abbiamo, ad esempio, messo mano al regolamento sull’affitto dei garages comunali (al centro di rilievi specifici, ndr.), dopo aver provato ad accelerare al massimo l’attività di riscossione di ciò che non era stato riscosso e ad ottenere il recupero dei box che non erano stati restituiti. L’obiettivo è uscire, nei prossimi giorni, con un bando, così da regolarizzare la situazione e, magari, incassare anche qualche soldo.

L’altro aspetto emerso durante l’ispezione era relativo alla “tendenza a favorire determinati operatori economici del territorio”, in particolare attraverso “la reiterata violazione del principio di rotazione per alcuni appalti”, con riferimenti precisi a cimitero e acquedotto. Come siete intervenuti su questo versante?
Occorre partire innanzitutto dal presupposto fondamentale che si tratta di determinazioni di competenza dei funzionari. Tuttavia, non abbiamo evidentemente potuto ignorare la necessità del principio di rotazione. Abbiamo quindi invitato il Segretario comunale a dare disposizione agli uffici di applicare in tutte le procedure questo principio. Certo, è facile dire ‘bisogna far ruotare’, anche se, in concreto, ci sono aspetti che rendono meno semplice di quanto appaia il concetto. Comunque l’input è stato dato, a costo di generare qualche perplessità, qualche critica. Mi rendo conto che è stato spiacevole per qualcuno. Noi, comunque, dobbiamo applicare questo principio, che non è discrezionale o politicizzato, ma previsto dal codice degli appalti.

Alcune “distorsioni” dell’attività amministrativa sono state ricondotte da rappresentanti dell’ente raggiunti dal commissariamento – durante le udienze in cui hanno testimoniato, ma anche a livello mediatico – ad una situazione “disastrosa” del personale e dell’organizzazione dell’ente. Sulla base dell’esperienza di questi dodici mesi, e dei commissariamenti da lei svolti in passato, era davvero così difficile mettere mano alla situazione?
Mi fa piacere che abbia citato anche esperienze pregresse di commissariamento, perché di comuni ne abbiamo visti. A me non sembra che per le dimensioni demografiche di questo Comune, la situazione del personale sia così diversa da altri enti in cui sono stato, ad esempio in Piemonte. C’è una disorganizzazione che, in qualche misura, era portata anche dalla gestione dell’ambito ottimale. Questa condivisione del personale con Sarre, che in astratto, in teoria, potrebbe anche portare dei benefici, in realtà non era così funzionale. Tanto è vero che sia Sarre, sia noi, una volta giunta a scadenza la convenzione, una volta pubblicata la legge regionale che permette di recedere, abbiamo scelto di farne a meno.

Cosa comporterà per l’amministrazione comunale di Saint-Pierre?
Ci sarà una riorganizzazione degli uffici, il Segretario comunale non sarà più condiviso (cambierà, ma non è ancora ufficializzato, per cui al momento si preferisce non anticipare nominativi). Se questo darà nuova linfa all’ente, non si potrà ancora saperlo. Sono anche previste delle assunzioni, nel corso dell’anno. I concorsi saranno banditi dalla Regione. Verrà potenziato l’ufficio, sia per quanto riguarda un tecnico, sia per un contabile. Speriamo che la procedura si concluda presto, per poterne fruire già in questa riorganizzazione.

Altri provvedimenti in programma?
Abbiamo ritenuto, proprio in queste ore, di chiedere il cosiddetto ‘sovraordinato’. Vale a dire, un funzionario che è di un altro Comune (della provincia di Torino, nello specifico), applicato a seguire una tematica dell’amministrazione di Saint-Pierre per un ‘tot’ di ore a settimana. Questa spesa è rimborsata dallo Stato, come quelle dei commissari straordinari. Lo abbiamo chiesto per il settore contabile e finanziario, perché è quello in cui abbiamo rilevato criticità importanti. Non sul piano infiltrativo, ma proprio su quello del funzionamento della ‘macchina’.

La permanenza della Commissione straordinaria è stabilita, dagli atti, per diciotto mesi, con eventuale proroga di ulteriori sei. A che punto vi sentite del vostro cammino e quanto pensate occorra ancora per concludere il lavoro iniziato e arrivare a indire nuove elezioni a Saint-Pierre?
Non possiamo essere noi a giudicare quello che facciamo. Relazioniamo al Ministero degli Interni sull’attività svolta, ma non siamo noi che decidiamo se ad agosto andrà bene….

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