Screening di massa, l’indifferibile domanda: “Chi gestisce l’emergenza Covid in Valle?”

Abbiamo cercato il bandolo della matassa nel “pasticciaccio brutto” dell’ipotesi di tamponare i valdostani per il Coronavirus, constatando come più di un elemento porti a confermare il caos nella gestione della pandemia.
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Cronaca

Per dipanare la matassa del “pasticciaccio brutto” dello screening di massa dei valdostani, la strada utile passa per l’analisi dei dati oggettivi. La settimana scorsa, sabato 28 novembre, il capo della Protezione civile regionale, Pio Porretta, scrive (via pec) al Commissario straordinario nazionale per l’emergenza Covid-19, Domenico Arcuri. L’oggetto della missiva non lascia spazio a dubbi: “Richiesta integrazione assegnazione tamponi nasali antigenici rapidi per screening di massa popolazione valdostana”.

Il testo è ancor meno vago: “con la presente si comunica la necessità, vista la criticità che sta vivendo la Regione Autonoma Valle d’Aosta per la presenza di un unico ospedale e di attuale indice RT superiore a 1, di procedere a uno screening di massa della popolazione valdostana”. “Si richiede pertanto di prevedere all’assegnazione alla nostra Regione – conclude il dirigente Porretta – di un numero totale di n. 80.000 tamponi antigenici rapidi comprensivi di quelli già previsti”. La missiva non è inviata, per conoscenza, ad altri destinatari all’interno dell’amministrazione di piazza Deffeyes, né il testo richiama atti che conducano a quella istanza.

La risposta di Arcuri, rivolta anche al presidente della Regione Erik Lavevaz, è di due giorni dopo. In essa il commissario straordinario comunica di aver “disposto la spedizione di ulteriori 60mila kit antigenici rapidi per lo screening della popolazione valdostana”. Le due comunicazioni, per natura e contenuti, appaiono cristalline: una parte (la Valle) chiede i test per compiere la diagnostica comunitaria, l’altra (lo Stato) li fornisce, rendendolo possibile. Non siamo di fronte ad un’ipotesi, né ad una verifica delle possibilità di tamponare i valdostani: il Capo della protezione civile regionale mette pure nero su bianco i motivi per cui quella campagna “s’ha da fare”.

Eppure, il presidente Lavevaz in Consiglio Valle, nella mattinata di oggi, mercoledì 2 dicembre, ha riferito: “la decisione sarà valutata nei prossimi giorni, avendo in mano le valutazioni tecniche e alla luce del nuovo Dpcm”. Lo screening dei valdostani, non è un segreto, era stato proposto da Alliance Valdôtaine e l’“arrabbiatura” di ieri pomeriggio di Lavevaz all’emergere della notizia sui media è stata letta da più parti come un sussulto di insofferenza politica, ma il Capo dell’Esecutivo esclude “contraddizioni in maggioranza”. “Forse – ha aggiunto in aula – c’è solo la voglia di comunicare di qualcuno prima del tempo le cose, mettendo in discussione il lavoro serio fatto”.

Parole che lasciano però sul tavolo vari interrogativi. Se la decisione sullo screening di massa non è stata assunta, perché sono stati richiesti i tamponi al Commissario straordinario (una richiesta di approvvigionamento, in caso di scorte basse, avrebbe comunque potuto essere motivata su altre basi)? Perché, da parte del Comitato Valle d’Aosta della Croce Rossa Italiana, è iniziato il reclutamento dei volontari necessari alla campagna? Ai potenziali interessati è arrivato lunedì un messaggio con tanto di indicazione di possibili date dello screening (dall’11 al 13 dicembre, o dal 18 al 20 dello stesso mese) e pure il link ad un “form” da compilare per le rispettive disponibilità. Passi che indicano una macchina organizzativa ben oltre lo stadio di una scelta ancora da compiere.

La domanda, a questo punto, diventa: il presidente Lavevaz era a conoscenza della richiesta inviata al commissario Arcuri? Se è vero, come filtra da ambienti di palazzo, come il Capo dell’Esecutivo ha affermato pubblicamente e come risulta essere avvenuto nella riunione dell’Unità di crisi del 27 novembre scorso, che “come maggioranza regionale abbiamo affidato alla Protezione civile regionale e ai responsabili regionali della gestione dell’emergenza Covid uno studio di fattibilità” sull’iniziativa (peraltro, altro elemento che si apprende in piazza Deffeyes, accompagnato dalle perplessità personali del Presidente stesso e dell’assessore alla Sanità Roberto Barmasse), si deve pensare che, nell’ambito di quel mandato, qualcuno si sia spinto oltre, facendone un terreno di scontro lontano dalla salute dei valdostani?

Si deve credere che la nuova coalizione, impossibilitata per la sua parziale continuità politica con la precedente maggioranza a riconoscere apertamente l’eredità pesante ricevuta in fatto di Coronavirus (con l’attuazione di buona parte delle raccomandazioni della “Cabina di Regia” ad uno stato meno avanzato del previsto), sia ai “bluff” per garantirsi longevità?  Pensar male non è compito di un giornalista, anche se la prima Repubblica era foriera di consigli al proposito, perché deve limitarsi agli elementi verificabili e verificati. Ed è sotto gli occhi di tutti che questa rappresenta la terza partita di rilievo, in fatto di contrasto al Coronavirus, in cui i propositi e le affermazioni degli eletti regionali trovano smentita nei fatti, lasciando all’esterno una sensazione di caos nell’affrontare la pandemia e contribuendo ad ingenerare sfiducia e allontanamento nella comunità rispetto ad un’operazione già attuata in realtà come l’Alto Adige.

Alla domanda sulla costruzione di un ospedale da campo nella regione l’assessore Barmasse rispose “non mi risulta” in una conferenza stampa il 10 novembre scorso (ed è divenuto realtà pochi giorni dopo). Per parte sua, il 17 novembre, il presidente Lavevaz definì imminente l’individuazione di “uno o due Covid hotel” (progetto poi abortito, malgrado gli avvenuti contatti con alcuni albergatori). Ora lo screening di massa, con i test già accordati da Roma, ma la risposta di (parte) della maggioranza è: “dobbiamo pensarci”. Alla luce di tutto ciò, la domanda diventa una sola: chi gestisce davvero l’emergenza Covid-19 in Valle? Delle due l’una: o il corso post 21 settembre della politica valdostana è da rimandare in comunicazione (specie perché pensa che basti dichiarare il contrario di ciò che si sta facendo affinché tutti ci credano), o al riguardo esiste un problema di merito. Ed è una risposta cui i valdostani, che scelgono i decisori con il voto, hanno diritto.

0 risposte

  1. Altra “prova di forza” di Lavevaz che ha già il physique du role dell’uomo forte:
    prima affermare una cosa e poi subito dopo negarla.

  2. Lo screening di massa non lo fanno per il semplice motivo che se fosse fatto avremmo parametri di positivi talmente alti, rispetto alle altre regioni (come del resto gli altri indicatori, in primis i decessi per abitanti) che saremmo in zomna rossa per mesi.

    Che i cosiddetti autonomisti seguano le indicazioni di un partito seminegazionista e che brandisce sempre la spada della demagogia più deteriore, parlo della lega, è veramente ridicolo e preoccupante.

  3. Da una “maggioranza” raccogliticcia, nata più per contrastare il partito più votato che per governare con unità di intenti, che cosa ci si può aspettare?
    Tamponi sì, tamponi no, la terra dei cachi.

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