Si dice che non ci sia due senza tre. L’eccezione – in una regione in cui ci si è concentrati sull’abolizione del limite dei tre mandati per i sindaci – è il Comune di Aosta.
Il capoluogo regionale non riesce ad avere un sindaco per due mandati di seguito da quindici anni esatti. Da quel Guido Grimod alla guida della città dal 2000 al 2005 e poi dal 2005 al 2010. Oggi, che tutto sembra portare ad un quarto sindaco in vent’anni, una chimera.
Quindici anni – poco più, in realtà, dovuto allo slittamento delle elezioni del 2020 causa Covid da maggio a settembre -, durante i quali si sono avvicendati tre Primi cittadini: Bruno Giordano, Fulvio Centoz e Gianni Nuti.
Tre sindaci diversi – per trascorsi politici e culturali, per temperamento e approccio -, ma tutti con la volontà, legittima, di fare un secondo mandato. E tutti, alla fine, finiti nella “rete” degli intrighi di Palazzo. Ma non del loro. Più dell’altro, quello di piazza Deffeyes. Con un comune denominatore: l’Union Valdôtaine.
Bruno Giordano, mentre la Valle dondola dal centrodestra al centrosinistra
Bruno Giordano, classe 1954, ha una storia legata a doppio filo alla città. Bibliotecario, dopo trascorsi nel Partito socialista democratico italiano (il Psdi, di cui è stato anche segretario regionale nel ’78), nel Partito socialista italiano e nel Partito socialista valdostano (di cui è stato tra i fondatori), nel 2005 entra in Consiglio comunale ad Aosta come indipendente nella lista dell’Union Valdôtaine.
In piazza Chanoux, prima di indossare la fusciacca, è stato Assessore al Turismo e Attività produttive dal 2008 al 2010. Poi l’investitura: Sindaco di Aosta dal 2010 al 2015, a capo di una colazione che comprendeva anche l’allora Popolo delle Libertà e l’allora Lega Nord, assieme alla Stella Alpina e alla fu Fédération Autonomiste.
Il motivo è semplice: a Roma, dal 29 aprile 2008, si era in pieno governo Berlusconi IV. Che sarebbe durato fino al dicembre 2011. E che sarebbe stato poi seguito – e Giordano lo ricorda perfettamente – dal governo tecnico guidato da Mario Monti, con tutta la partita che ha portato con sé: Patto di stabilità, risanamento delle finanze pubbliche, e via dicendo.
Ma non solo, perché in Consiglio Valle – sebbene senza incarichi – si è assistito all’entrata in maggioranza, con il famoso appoggio esterno, dell’allora Pdl (con i consiglieri Massimo Lattanzi, Enrico Tibaldi, Alberto Zucchi e Cleto Benin), dato al governo di Rollandin. Questione che determinerà – effettivamente o come scusa poco cambia – la nascita dell’Union Valdôtaine Progressiste direttamente in piazza Deffeyes.
Siamo a fine 2012, e mentre l’Italia è nelle pastoie del “trattamento Monti”, la Regione e Aosta hanno un traino (di peso molto differente, ovviamente), di centrodestra.
Poi, tutto cambia. Mezza Italia “scopre” Matteo Renzi che a fine 2013 vince le primarie e diventa segretario del Partito democratico. Il 22 febbraio 2014, sostituendo Letta (come dimenticare il serio del #enricostaisereno) giura da Presidente del Consiglio dei Ministri.
L’asse nazionale cambia, e un giovane politico rampante, allora renziano e sindaco di Rhêmes-Notre-Dame dal 2010, comincia ad entrare in scena. E l’Union Valdôtaine se ne accorge. L’accordo (che qualcuno chiamerà il “Patto della Perenni”, in nome della caserma di Courmayeur teatro di questa intesa), vede l’Uv guardare nuovamente a sinistra.
Dopo l’allargamento di maggioranza al Pd VdA in Regione, i giochi sono fatti: in Consiglio Valle l’asse si sposta e l’allora dem Raimondo Donzel diventa Assessore alle Attività produttive mentre si è deciso il prossimo Sindaco di Aosta. Ovviamente, sarà proprio giovane politico rampante, allora renziano e sindaco di Rhêmes-Notre-Dame: Fulvio Centoz.
Ad essere sacrificato sarà proprio Giordano. E le sue parole nell’ultimo Consiglio comunale da Sindaco non nascondevano l’amarezza.
Fulvio Centoz, dal “patto della Perenni” alla discontinuità

Spostato l’asse, Fulvio Centoz diventa Primo cittadino di Aosta. Classe 1975, dopo cinque anni con la fusciacca di Rhêmes-Notre-Dame, ed ex segretario Pd tra il 2014 ed il 2015, è dipendente regionale.
Il suo mandato è costellato di diverse disavventure, e dal peso specifico notevole. Il più sconvolgente attiva nella notte del 23 gennaio 2019, quando ci si accorge – il mattino dopo in apertura dei lavori -, che in Consiglio comunale manca Nicola Prettico (Uv), arrestato nell’ambito dell’indagine Geenna che ha visto in manette anche l’ex assessore della Giunta Centoz Marco Sorbara, nel frattempo diventato consigliere regionale.
Da qui, vengono costituite le Commissioni per l’accesso antimafia – ad Aosta ma anche a Saint-Pierre, che sarà poi commissariato – che passeranno al setaccio ogni cassetto di piazza Chanoux, fino alla relazione consegnata sei mesi dopo.
Scollinato il difficile 2019, l’anno elettorale è in realtà quello della pandemia da Covid-19, quindi della gestione – da parte della Giunta Centoz – di tutta la prima fase dell’emergenza con annessi e connessi: la preoccupazione, i picchi, le onde dei contagi, le decine di migliaia di ordinanza da firmare, i Dpcm, le mascherine, il distanziamento sociale, i morti, la paure nelle rsa.
In realtà, portandosi avanti (si sarebbe dovuto votare a maggio 2020), nel dicembre 2019 il Sindaco del capoluogo si ricandida e lancia lo slogan “Aosta coraggio”. Operazione che non piace ai partiti politici, che già stanno cercando un’alternativa ad un Centoz bis. E per farlo, come sempre, prendono tempo. Facile capire perché l’operazione “brucia tappe” dell’ex segretario dem non sia stata presa benissimo.
Ora, la parola d’ordine, sempre la stessa, è “discontinuità”. Le forze della coalizione fra Uv, Stella Alpina, l’allora Epav, Alliance Valdôtaine e Progetto Civico Progressista scelgono Gianni Nuti. La cosa che fa pensare, è che Epav (il movimento guidato da Mauro Baccega staccatosi dalla Stella Alpina dopo il ribaltone del 2017 che disarcionò Rollandin per mandare alla presidenza della Regione Pierluigi Marquis), non voleva il Centoz bis. Il partito si è poi sciolto con Baccega a passare a Pour l’Autonomie e tra quelli a fare il nome di Nuti.
Gianni Nuti, dalla discontinuità ad una maggiore discontinuità

Ed ora Gianni Nuti. Classe 1964 – a metà tra Giordano e Centoz -, musicologo, docente di Pedagogia all’Università della Valle d’Aosta. Per dieci anni, dal 2008 al 2018, è stato direttore delle Politiche sociali della Regione per poi diventare, fino all’elezione a Sindaco, segretario generale della Fondazione Comunitaria della Valle d’Aosta.
Oggi, al centro della richiesta di “discontinuità”, ci è finito lui. Anche se, nel nuovo accordo per le Comunali 2025 tra Union Valdôtaine e Autonomisti di centro quella parola non si può dire. Non si può dire ma si fa, come accade spesso. Ed ora vedremo se il “braccio di ferro”, con il Pd da terzo incomodo, porterà ad un (ad oggi quasi impossibile) Nuti bis o al quarto Sindaco di Aosta in vent’anni.
Ma poi, dov’è l’Union Valdôtaine?

Come detto, l’Union è stata – nel bene o nel male, dipende a chi lo si chiede – il fattore comune di questi ultimi quindici anni del Comune di Aosta. E prova ad esserlo anche per i prossimi cinque, nonostante, a parole, l’accordo con gli Autonomisti di centro di Rassemblement, Stella Alpina e Pour l’Autonomie parli della “costruzione di una visione strategica di medio-lungo periodo per l’Aosta del 2040”.
Andando avanti così, quindi, si direbbe un ritmo di altri tre sindaci diversi.
L’Union tira le fila ma non ha un Sindaco di Aosta tesserato nel Mouvement proprio da Guido Grimod. Giordano non conta, tesserato last minute ma, come si diceva, in ben altri movimenti impegnato. Vero è che neanche prima ne ha avuti molti, anzi.
E proprio dal primo mandato di Grimod, Stella Alpina è sempre stata nella coalizione di governo. Lo era anche con Nuti, sebbene esclusa dalla corsa a causa di una raccolta firme fatta su un modulo privo di contrassegno di lista, come confermato – anche per Adu VdA e MoVimento 5 Stelle – dal Tar.
Del resto, era proprio Giordano, uscendo dai giochi, a chiederselo nel 2015: “Qual è l’utile politico nell’aver regalato la candidatura alla carica di Primo Cittadino ad un’altra forza politica?”.
I movimenti sono gli stessi, con geometrie variabili che guardano anche (e forse troppo) a piazza Deffeyes. I sindaci saltano uno dopo l’altro nel nome della “discontinuità”. O forse, l’Uv sta prendendo sin troppo sul serio lo slogan delle ultime Elezioni regionali. Perché pare proprio di sì: Les gens passent, l’Union reste.