Come spiegare ai bambini la guerra in Ucraina? Gli psicologi rispondono

Come spiegare ai bambini il conflitto in Ucraina? L’Ordine degli Psicologi della Valle d’Aosta ha stilato una serie di linee guida e consigli per accompagnare i genitori in un momento difficile da interpretare e ancor più da comunicare ai più piccoli.
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Società

Come spiegare ai bambini il conflitto in Ucraina? Domanda complessa alla quale cerca di rispondere l’Ordine degli Psicologi della Valle d’Aosta, attraverso una serie di linee guida e consigli per accompagnare i genitori in un momento difficile da interpretare e ancor più da comunicare ai più piccoli.

Il conflitto in Ucraina è l’ennesimo fallimento della società contemporanea, come spiegarlo ai bambini?

Le immagini devastanti che vediamo da una settimana in televisione o su internet sono già dentro ai nostri occhi e di conseguenza anche nella mente dei bambini, che possono essere spaventati da tutto questo e mostrare agitazione e confusione.

È pur vero che fino agli 8 anni nessun bambino elabora appieno il concetto della morte, tuttavia, la recente pandemia ha messo la prima infanzia già da tempo a contatto con la sofferenza, la perdita, l’isolamento e le restrizioni che necessariamente hanno agito un impatto sul loro equilibrio psicofisico, così come ognuno di noi può quotidianamente osservare. Se pensiamo che la guerra provoca ansie e angosce negli adulti è importante dare la possibilità ai più piccoli, attraverso le parole, di raccontare non solo quello che vedono ma ancor più quello che sentono in risposta a tali immagini.

Il primo importante compito che ciascun genitore ha è infatti quello di non lasciare il proprio bambino da solo ad osservare le immagini di esplosioni, conflitti e disperazione che avvengono a poca distanza da noi. Bisogna, in altre parole, rispondere alle paure del bambino e alle sue domande.

È utile, innanzitutto, capire che tipo di messaggio vogliamo far passare ai nostri figli. Come genitori dovremmo avere coscienza dei nostri sentimenti ed emozioni, ricordandoci che non ci è richiesto di avere tutte le risposte e che anche unnon soè lecito. Pensare insieme ad un problema aiuta i bambini a imparare a navigare tra sentimenti ambigui.

È fondamentale per le figure che si prendono cura della prima infanzia condividere ciò che si vede, parlandone e facendosi raccontare le emozioni che si provano, ascoltandole. A volte è necessario sollecitare i bambini chiedendo come si sentono, specialmente per i piccoli e i più taciturni.

Con la prima infanzia, si raccomanda di fornire informazioni concrete di valore personale. Il messaggio dovrebbe essere breve e chiaro: “C’è una guerra lontana dove ci sono soldati ma siamo al sicuro, anche se questo è un grosso problema”.

Se fanno altre domande avvalorare semplicemente la risposta e rafforzarne il valore: “Perché stanno litigando?”, “Stanno litigando su chi dovrebbe essere al comando, ma quello che succede è lontano da qui”. È essenziale che i genitori rassicurino i propri figli e mantengano un dialogo aperto.

Di fronte ai loro dubbi e nel tentativo di contenere le loro paure è importante cercare di spiegare con parole semplici, comprensibili e adeguate all’età che cosa sono la guerra e il conflitto. Potrebbe non essere raro vedere un bambino capriccioso, lamentoso e che fatica ad addormentarsi: questi possono essere segnali delle loro preoccupazioni e dei loro dolori che vanno accolti affinché siano più chiari, comprensibili e digeribili, quindi, meno spaventosi. In generale, è importante per un bambino capire che le emozioni negative esistono e che più che scappare angosciati di fronte a loro, dobbiamo prenderci il tempo per capirle, elaborarle e trasformarle: e quando il bambino è piccolo, questo compito deve essergli insegnato dai genitori che gli mostrano come si fa.

I bambini, infatti, spesso copiano i sentimenti dei loro genitori: se i caregiver mostrano forte disagio, ansia e tensione è probabile che i figli siano specchi di tale disagio. Considerato che è veramente difficile non provare ansia familiare in questi momenti sarebbe utile che la famiglia s’impegnasse in attività pratiche coinvolgendo i figli.

I bambini, se vengono messi nella condizione di poter di aiutare gli altri, specie se stanno vivendo in un conflitto, possono sentirsi utili, importanti. Aiutare ad esempio i bambini ad organizzare una raccolta fondi a scuola, creare disegni che esprimano forza, coraggio, speranza e sentimenti di pace, scrivere lettere con pensieri positivi da portare nelle parrocchie e associazioni per essere poi spedite ai bambini che stanno vivendo la guerra.

Inoltre, i piccoli hanno bisogno di essere tranquillizzati con conversazioni serene, semplici e chiare. Utilizzare la narrazione, una storia, un libro illustrato per affrontare un tema così pauroso e difficile può essere un valido strumento, come può essere di grande aiuto partire da una storia pensata e creata proprio per loro.

È essenziale quindi: assecondare la curiosità del bambino; non nascondere la verità; rispondere alle domande che egli pone prestando attenzione alla sua richiesta, rispondendo alle sue domande e non alle nostre; personalizzare le risposte in funzione degli interessi e del temperamento del bambino.

Un bambino escluso dal flusso delle informazioni cercherà di colmare i vuoti narrativi, attraverso congetture che aumenteranno l’idea dell’ignoto e quindi le sue ansie e paure. Tenere i bambini in una bolla non è sano e non li protegge da nulla.

Un appuntamento online sul tema

Mercoledì 16 marzo alle 18.30 l’Ordine degli Psicologi della Valle d’ Aosta tratterà questa tematica e risponderà a tutte le domande degli interessati in occasione di una diretta social alla quale parteciperanno la dottoressa Valeria Spandre, la dottoressa Alessia Donati e la dottoressa Roberta Frescot. Per vedere e partecipare all’incontro online è sufficiente collegarsi alla pagina Facebook dell’Ordine.

Una risposta

  1. Letto il testo dei colleghi, che condivido, mi viene solo da aggiungere un’osservazione e una considerazione.
    I bambini hanno anche bisogno di sentirsi utili. Mi viene quindi da indicare come azione il loro coinvolgimento nella preparazione dei pacchi da inviare, se si ha intenzione di farlo. Potrebbero inserire anche qualcosa di loro da mandare a bambini ucraini.
    La considerazione è legata alla violenza delle immagini. Trovo che in questa guerra, a differenza di altre recenti (Iraq, Siria, Afghanistan, Libia, ecc) siamo molto più dentro. Interviste, primi piani, distruzione. Nelle altre guerre si vedevano esplosioni da lontano, cortine di fumo. Quello che accadeva sotto lo si poteva immaginare. Qui lo si vede. E allora mi domando se non scegliere altri canali di informazione come radio, podcast, articoli di giornale oppure on line, mantenendo sempre attuale l’informazione, ma mitigandone l’impatto emotivo.

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